…un pessimo gioco di parole per spiegare a chi vuole recepirlo un concetto piuttosto importante. C’è la convinzione, da parte di molti sportivi (leggi: tifosi) che tra giornalisti, commentatori, registi e personale televisivo in genere ci siano forze oscure, ovviamente di fede sportiva opposta, che cospirano e tifano contro la loro squadra del cuore, quale che sia. E ovviamente facendolo, provocano sconfitte e sciagure varie alla solita squadra, che siccome non è una in particolare, chiameremo “l’altra”. E’ vero che noi italiani con la jella, sfortuna o sfiga che dir si voglia abbiamo un rapporto complesso: non ci crediamo però qualche dubbio ce lo facciamo venire sempre anche se ci dichiariamo laicissimi. Da lì nascono le dichiarazioni che a volte rovinano la vita di molte persone, prima di queste la dichiarazione che «… porta sfortuna» con variazioni sul tema e aneddoti adeguati di provenienza tipo «mio cuggino…» o mi hanno detto ecc. ecc. Tutti ci siamo cascati una volta o l’altra ma bisogna evitare, perché se qualcuno lo dice a mò di battuta, altri ci credono e amplificano con conseguenze a volte fuori controllo.

Al di là di che crede o non crede, e del fatto che se un commentatore esprime ammirazione per un gesto sportivo spettacolare non è che questo provochi sciagure per l’altra squadra, c’è la convinzione da parte di tutte le tifoserie che Tizio tifi per quella squadra, Caio per l’altra e Sempronio gufi tutte e due perché è fans di un’altra ancora.

Premesso che sicuramente, da appassionati di sport e di basket in particolare, ognuno di noi simpatizza per una squadra e che lavorando insieme da molti anni, ognuno di noi conosce le preferenze altrui, questo:

  1. Non cambia le modalità di lavoro. Se faccio l’ortolano e odio le verze perché puzzano, non è che non le vendo. Se sono vegetariano e faccio il cuoco, quando ho dei clienti che mi chiedono della carne o del pesce, non li caccio dal ristorante.
  2. Se per un caso conclamato di follia dovessi dichiaratamente tifare (in che modo non so) per “l’altra squadra”, come potrei commentando l’incontro o facendo vedere la partita, senza venir meno alla mia professione, variarne l’esito? La partita la decidono le persone in campo, giocando bene o male, arbitrando bene o male, allenando bene o male.

Visto che è tornato in auge per alcuni casi importanti l’istant replay, racconto un caso che mi coinvolge e mi riguarda: finale scudetto Milano vs Bologna Fortitudo, gara 4 (allora le finali erano al meglio delle cinque gare)… Per chi non c’era o non lo ha vissuto, tiro allo scadere di Ruben Douglas. Prima no, poi si, poi forse: l’arbitro (Lamonica, mi pare) va al monitor dell’Istant Replay e dopo minuti interminabili fa segno del tre, tiro da tre punti valido. Io con le immagini dei primi piani dei giocatori delle due squadre avevo già visto come sarebbe andata a finire: Djordjevic e Coldebella, leggendo il loro labiale (e anche l’espressione dei volti) dicevano già che il tiro era valido. Se per un momento di mia follia da tifo, non avessi fatto vedere il tiro, sarebbe cambiato qualcosa? Se il commentatore avesse proclamato a gran voce la non validità del punto sarebbe finito in modo differente? Se dei mille finali finiti in modo «strano», magari documentati da replay che mostrano il contrario di quello deciso dalla terna arbitrale, ce n’è stato qualcuno che è stato cambiato?

Signori, il mio mestiere è mostravi, spero, nel miglior modo possibile quel che accade in campo e quello del giornalista raccontarvelo e spiegarvelo sempre in linea con le sue capacità. Se sbagliamo in qualcosa, non cambia comunque il risultato. La storia, magari viene narrata male (spero di no), ma non cambia. Tizio non porta sfortuna, Caio non è la mascotte «dell’altra squadra» e Sempronio non gufa. Facciamo tutti il nostro lavoro, che abbiamo la fortuna di fare perché è un bel lavoro e lo amiamo. Magari possiamo sbagliare, ma per fortuna questo non cambia il risultato…