“Warriors” è il libro di Sergio Cerbone, 35enne giornalista freelance che si è trasferito negli Stati Uniti, a San Francisco, e lo scorso anno ha seguito la cavalcata di Golden State fino alla conquista del titolo NBA 2015. Milanese, laureato in Scienze della Comunicazione e grande appassionato di basket e in particolare dell’NBA da quando nel 1993 rimase letteralmente folgorato assistendo in televisione ad una partita di Michael Jordan.

Sergio Cebone racconta il titolo dei Warriors

Sergio Cebone racconta il titolo dei Warriors

 Come nasce la passione per il basket e qual era la tua squadra del cuore in Italia e nel NBA prima di arrivare a San Francisco?

Da ragazzo ho sempre giocato a calcio, poi un giorno facendo zapping con il telecomando in TV ho assistito a una partita dei Bulls di Michael Jordan e ne sono rimasto folgorato. Da lì ho cominciato a giocare a basket e a non smettere più di vedere le partite NBA in TV.

Come sei arrivato in America?

Era il mio sogno da qualche tempo. A furia di provarci, si è aperta una porta ed ecco che ora vivo a San Francisco, una città meravigliosa.

Com’è nata l’idea di scrivere un libro sui Golden State Warriors?

Da giornalista freelance, ho seguito i Warriors per una stagione e mezza. L’anno scorso hanno vinto e io avevo visto (dal vivo) tutti i playoff e le finali a Cleveland. Avevo collezionati così tante storie che ho pensato che queste potessere interessare a qualcuno. Ecco quindi il mio libro: WARRIOR, MILANO-SAN FRANCISCO CON TITOLO NBA.

Quale stata la prima partita a cui hai assistito e che emozioni hai provato?

Da giornalista (Oracle Arena, 22 marzo 2014): Spurs vs Warriors. Incredibile vedere leggende come Tim Duncan, Tony Parker lì a due passi da me. Poi c’era anche Marco Belinelli. Emozioni tante poi però quando sei concentrato a scrivere o fare foto, passa tutto.

Puoi descrivere tutto lo spettacolo che ruota attorno ad una partita dei Warriors quando giocano all’Oracle Arena oltre all’’evento sportivo?

I tifosi sono molto attaccati alla squadra e sono tra i più rumorosi di tutta l’NBA. E’ bellissimo vedere, soprattutto durante i playoff la gente camminare per strada con t-shirt o cappellini dei Warriors.

Quali sono le principali differenze tra la maniera italiana di interpretare il tifo e quella americana?

In American c’è più cultura sportiva. I tifosi vanno allo stadio con i bambini. Non per fare casino. Gli episodi di violenza sono rarissimi e i pochi che succedono vengono subito puniti con pene esemplari.

A tuo avviso quali sono i principali motivi per cui l’’NBA è il brand di basket più diffuso nel mondo?
Perché’ è un’azienda. I giocatori giocano si per una franchigia, ma è come se fossero dipendenti dell’NBA. Questa differenza è importante. Poi il merchandising che è unico, sfido a trovare una maglietta di una squadra NBA che non piace.

Quali sono gli atteggiamenti dei professionisti NBA nei confronti dei media?

In linea generale c’è molto rispetto. Non si cerca per forza la domanda
scomoda o il gossip. L’organizzazione è impeccabile.

Puoi descriverci Steph Curry?

Il giocatore lo conosciamo ormai tutti, è un fenomeno ed è migliorato ancora dall’anno scorso. Lato umano: Steph è un ragazzo meraviglioso, disponibilissimo con tutti ed è tutto tranne che un giocatore che si da le arie. È raro vedere un ragazzo così nell’NBA. Il merito è della famiglia, che lo ha cresciuto con principi sanissimi e che lo segue sempre nelle partite in casa e fuori casa.

Il giocatore avversario che ti ha impressionato maggiormente e il motivo?

Westbrook: forza fisica e cambi di direzione impressionanti. Non ce ne sono tanti come lui.

A livello professionale cosa ammiri maggiormente del paese a stelle e strisce e che reputazione ha un italiano che lavora in America?

Le tante opportunità di lavoro. Qui comunque c’è molta competizione e le Università sfornano studenti già pronti per il lavoro.

C’è qualcosa che ti manca dell’’Italia?

La famiglia.

Hai intenzione di pubblicare un altro libro sul mondo NBA?

Non penso, certe cose hanno senso solo se fatte una volta sola.

Descrivi con tre aggettivi San Francisco

Emozionante, tollerante, coinvolgente.

Cos’’e’ per te il sogno Americano e consigli per dei ragazzi che vogliano fare un’’esperienza simile?

Il sogno Americano è il sogno di vivere in un Paese che amo e di fare un’esperienza che arricchisce come persona e come professionista, io per ora ci sono riuscito. Consiglio a tutti di fare un’esperienza simile, ma non per forza deve essere negli USA, ci sono tanti posti belli in Europa e nel mondo.

Per chi vuole rimanere in contatto con Sergio, invitiamo a seguirlo su Facebook

E infine, dove si può acquistare il libro?

Su Youcanprint o Amazon