Bene, abbiamo visto le semis del Torneo Olimpico e l’esito è un dejà vu.

Come nelle Royal Rumbles del wrestling anni ’80, quando dopo tanti ceffoni, lacci californiani, prese della morte, gli ultimi due a rimanere erano sempre Hulk Hogan e Andre the Giant. La finale delle Olimpiadi 2016 è la stessa dei Mondiali 2014. Molto diverse, tuttavia, ne sono le prospettive. Stavolta lo scontro tra le due principali scuole cestistiche del mondo vede arrivare con più spinta la Serbia. T-USA 2016, invece, pur non faticando eccessivamente nei fatti, non è ancora diventata squadra, mentre quella del 2014, ormai lo sapete, secondo noi è stata la miglior Nazionale USA di sempre, 1992 compreso.
Il motto del Bardo vale anche come commento alla semifinale USA-Spagna. Coach Scariolo ha detto che solo il fisico ha fatto la differenza, e ha poi enunciato i componenti della lista “fisico”: rimbalzi, palle vaganti, intimidazione; beh non proprio elementi secondari, coach. Pau ha poi affermato di esser deluso perchè questa di Rio è stata la volta in cui ha sentito più vicina la chance di battere gli Statunitensi. Forse è vero, ma la Roja non è mai, MAI, stata avanti un solo secondo nel punteggio, e somma la Grande Elle numero 12 al cospetto dei Maestri. I quali non sono certo una squadra coesa sul campo: molto uniti fuori, un continuo 1 vs 5 sulle tavole. Emerge in questo panorama di totale anarchia e pochissima difesa la figura del più tecnicamente scarso: DeAndre Jordan si avvia verso un ipotetico Award di MVP dei Giochi, se gli USA vinceranno l’oro. La sua superiorità fisica è incolmabile per ogni lungo presente alle Olimpiadi, a parte, forse, l’animalone N.3 di questi Giochi, Radulica. I Serbi hanno vinto contro l’Australia in totale scioltezza, rendendo evidente come, pur composta di ottimi giocatori, la scuola tecnica del pino dei Boomers sia troppo ingenua, troppo giovane ancora, per poter competere con panchine che non sommano solo la sapienza personale del coach (in questo caso Djordjievic), ma contano su decenni di cultura cestistica di prima qualità. Sulla panca serba non siede solo l’ex Milano e Fortitudo: con lui da un passato ancora unito ci sono Nikolic e Novosel, Ivkovic e Tanjevic. Fuori l’Australia, fuori l’animalone N.2, Andrew Bogut. L’animalone a roster è una delle condizioni imprescindibili per sperare di battere gli USA: la Spagna non lo aveva e nonostante il sublime Gasol non è stata avanti nemmeno di un punto; dal canto suo, contro i Boomers, Djordjevic ha proposto qualche fruttuoso minuto di doppio centro, con Radulica e Jokic insieme. I Serbi arrivano alla finale nel pieno del loro essere squadra e in condizioni psicofisiche migliori del 2014, avendo passeggiato in semifinale e dopo aver compiuto il vero capolavoro nel confronto vs i cugini croati. Contro l’Australia la difesa dei Serbi ha stritolato il perimetro, togliendo a Mills e Dellavedova non solo il tiro ma anche l’ossigeno necessario per far funzionare neuroni e costruzione di qualsiasi alternativa di gioco. Merito di questo va riconosciuto all’ubiquo Markovic, che difende anche per Teodosic, e a Kalinic e Simonovic: il primo è un difensore di livello NBA (prossimo anno al Fenehrbace, se la Turchia non esplode) purtroppo peggiorato nell’ultimo anno in attacco, dove già non era un fulmine. Ieri, privi di rifornimenti, Bogut e Baynes sono naufragati, così come Andersen, e alla fine il migliore è stato Ingles, la sola ala di un certo livello a disposizione degli Australiani. Proprio la capacità di asfissiare le guardie di T-USA sarà la seconda chiave dei Serbi per sperare nella W: la differenza è che gli USA sono imbottiti di ali che possono costruirsi canestri in proprio. Possiamo anzi dire che il 1 vs 1 di numero 3 e 4 sia l’unico gioco da loro proposto al di là delle triple di Klay e dei rimbalzi offensivi. Finale non scontata, insomma, e non siamo sicuri che, come accaduto finora, la Serbia si asterrà dalla pratica dello hack-a-Jordan, per mandare in lunetta l’esecrabile 40% di cui il giocatore (non) è capace. A chisura e corollario, invitiamo chi non fosse molto esperto di NBA a considerare con un certo beneficio di inventario quello che sentirete (e avete sentito) in telecronaca su T-USA e il basket NBA in genere.