Momento delicato e decisivo per la stagione della Virtus Segafredo.

Sono infatti 6 piccole “finali” quelle che attendono gli uomini di Ramagli da qui sino al termine della regular season. Una strada irta di ostacoli certo, ma la temibile neo promossa dal passato nobilissimo non ha alcuna intenzione di mollare sul più bello ma, anzi, vuole centrare i playoff per far continuare il sogno della parte bianconera della città.

Passato importante con tanti trofei vinti, ambizione, voglia di riscatto e tanta grinta non sono solo le caratteristiche di questa Segafredo, ma anche quelle del suo condottiero Alessandro Gentile.  Proprio con il n° 0, nuovo idolo del popolo bianconero e protagonista ritrovato del basket italiano, abbiamo scambiato qualche battuta sul presente e sul futuro personale, della squadra e della Nazionale Italiana.

Innanzitutto grazie Alessandro per la disponibilità ed un affettuoso saluto da tutti i lettori di Baskettiamo.com. Sei mesi fa hai scelto Bologna e la Virtus per rilanciarti ed aprire una nuova importante pagina della tua carriera, scegliendo un significativo “n°0” sulle spalle. A parte l’ottimo legame con la città ed i tuoi nuovi tifosi che non hai mai nascosto, qual’è un tuo primo bilancio in bianconero?

Sicuramente molto positivo. Ho trovato un ambiente carico sin da subito e desideroso di far bene; c’è grande entusiasmo a Bologna per questa stagione della Virtus, certo abbiamo avuto alti e bassi, ma siamo in linea con gli obiettivi che ci eravamo prefissi ad inizio anno.

A proposito di “alti e bassi” in molti vedono la Segafredo di questa stagione troppo discontinua, ma personalmente credo che il problema sia all’opposto: la Virtus ha vinto e perso allo stesso  modo e non ha mai trovato quel balzo in avanti per arrivare a competere al meglio con le prime della classe. Dall’interno che impressione si ha?

Sicuramente, come dici tu, ci è mancato qualcosa in alcune partite ma se vogliamo vederla sotto un’altra prospettiva possiamo anche dire che ce la siamo giocata alla pari con quasi tutti, forse solo ad Avellino abbiamo perso nettamente. Abbiamo messo in difficoltà tante squadre anche grandi, magari non lo abbiamo sempre fatto con costanza per tutti i 40′  e questo è quello che un po’ ci è mancato. Penso però  che come anno di ripartenza, venendo dalla Legadue e con un gruppo nuovo per oltre 2/3, abbiamo dimostrato di essere una squadra che può competere con tutti ma a cui, ovviamente, manca ancora qualcosa per arrivare al top.

La Società ha spesso parlato della possibilità di inserire un ulteriore giocatore extracomunitario ma, a questo punto sembra difficle percorre questa strada. Pensi che questa mancanza abbia pesato sul rendimento della squadra e dei suoi top player chiamati agli straordinari?

Non saprei, queste sono scelte che spettano alla società ed all’allenatore e penso sia più corretto parlare di chi c’è.

Vista la tua grande esperienza ad alto livello anche internazionale come Eurolega e Nazionale, cosa manca quindi alla Virtus per puntare al massimo?

Siamo un gruppo nuovo, abbiamo bisogno di tempo per amalgamarci e crescere insieme. Guarda Brescia ad esempio: la scorsa stagione con un gruppo nuovo ha fatto un po’ fatica ma ora, mantenendo lo stesso nucleo, sta facendo un grande lavoro. Credo sia giusto portare avanti un nucleo di giocatori per più tempo e costruire un progetto preciso attorno a loro per poi apporre degli aggiustamenti e fare delle aggiunte durante gli anni successivi per puntare al top.

Sono parole che fanno sognare i tifosi bianconeri, ti vedi quindi in un programma ambizioso a medio lungo termine in questa Società? Certo valutazione da fare a bocce ferme.

Sono riflessioni che, come detto, si fanno a fine stagione ed in primis sono decisioni che spettano alla Società insieme allo staff tecnico. E’ un periodo dove si sentono tante voci sulla Virtus, credo che tutto sarà però valutato più avanti. A Bologna mi trovo bene ed un rinnovo non sarà unicamente questione di cifre. In decisioni come questa contano molto l’ambiente, le ambizioni ed anche la possibilità di calcare palcoscenici importanti come quelli Europei.

Ultimamente è uscito in maniera prepotente il tuo ruolo di leader, vedi ad esempio la sfida con Brindisi. Cosa è cambiato rispetto ad inizio stagione?

E’ un ruolo che ho sempre avuto, ovvio che entrando in una squadra nuova bisogna inizialmente trovare gli equilibri. Il leader poi non viene eletto a parole e non è nemmeno colui che segna più punti o che fa i canestri più spettacolari ma lo elegge il campo. In alcuni frangenti posso essere io, in altri Pietro (Aradori n.d.r.), Slaughter,  possono esserlo tutti i giocatori. Guarda ad esempio Klaudio Ndoja che magari non sempre dalle statistiche può sembrarlo ma è invece fondamentale per noi.  E’ giusto che tutti si sentano importanti e responsabilizzati allo stesso modo, poi chiaramente a seconda del momento e dell’esperienza della squadra ci sarà qualcuno ad indicare la strada.

Tornando all’aspetto Nazionale, una realtà che hai meritatamente ritrovato: qual’è la tua valutazione su un gruppo che ha fatto prestazioni importanti ma  non è mai riuscito a trovare il vero exploit?

Ma guarda, penso che in realtà in Italia si valutino le cose in maniera un po’ strana… Sento spesso dire che la Nazionale Italiana ha fallito l’obiettivo con un gruppo di grande talento; ok ci può stare, ma bisogna anche dire che abbiamo fatto dei grandi europei. In Slovenia abbiamo perso contro una grande Lituania, in Germania abbiamo battuto squadroni e perso solo al supplementare. Chiaro che i tifosi vogliano sempre vedere la loro squadra vincere, anche noi vorremmo farlo, però penso che le cose vadano valutate in maniera più obiettiva. Questa nazionale è molto cresciuta negli ultimi anni, è chiaro però che ci manchi ancora un pizzico di continuità e di fortuna in più nei momenti decisivi per competere con le migliori nazionali.

Hai parlato di obiettività… Ad inizio stagione sia tu che Aradori non siete stati risparmiati da critiche feroci e un po’ avventate. Credi ci sia poca protezione verso i giocatori italiani più in vista?

Manca obiettività, certo. Guarda è molto semplice: in Italia (non solo nello sport) chi ha successo non sta simpatico alla gente, è un dato di fatto. Si cerca sempre la critica, la polemica, si prende di mira sempre chi è più in vista per attaccarlo perchè fa più notizia. E’ la storia del nostro paese purtroppo. Noi da professionisti siamo abituati a queste cose. Io poi ho avuto una piccola parentesi all’estero, anche se non particolarmente fortunata ed ho visto come funzionano le cose li. In Italia c’è molto da imparare soprattutto su come trattare i propri giocatori nazionali.

Provocazione: magari anche su come gestire l’intero movimento…?

Assolutamente… sono d’accordo con te.

Qui di seguito è possible seguire l’intervento su NettunoTv