4 anni e 154 MM$$ sono i numeri con cui LeBron James approda a Los Angeles, sponda Lakers.

154 = max contract (veteran player 35% del cap di 101 MM$$ = 35.654 mila) +  aumenti del cap previsti anche per il 2019 e 2020 + aumento del 5% annuo per il primo e secondo anno, fino a 20% di aumento per il terzo e quarto + mid level exception. La scienza dei contratti NBA è spesso definita “rockets science” per la complessità più da NASA che da lega di Basket, ma la cifra che finirà in tasca a LBJ è composta da questi fattori…e non solo.

4 = perché non 5 anni? Per una ragione contabile: al termine del quarto anno James avrà 38 anni, e potrà entrare nel regime contrattuale detto “over 38”, che gli permetterebbe di firmare con qualsiasi squadra a cifre ancora più convenienti, in quanto potrebbe firmare per 4 anni, giocarne solo 2 o 3 e quindi usufruire (e far usufruire alla squadra) della Deferred Payment Rule. Potrebbe esserci anche una ragione sentimentale: LeBron ha dichiarato come suo obiettivo giocare un anno col proprio figlio. La cosa sarebbe possibile, essendo il piccolo James 13enne, fra 5 anni: essere libero in quel momento consentirebbe al padre di seguire il figlio.

 

Lo spostamento di James ad Ovest modifica drasticamente la geografia della NBA, anche per altri movimenti che andiamo a definire, rimanendo ai Lakers per un momento.

I Lacustri si sono accaparrati anche Javalone McGee e il guardiano di James, Lance Stephenson: aggiungono talento, follia, ma anche esperienza e durezza ad un roster giovane ma troppo “carino”.

Gli Houston Rockets hanno compiuto un primo passo verso il suicidio lasciando a Chris Paul un megacontratto di 4 anni: 160MM per un giocatore perdente, plurinfortunato e molto più vecchio della sua già non giovane età. Hanno perso inoltre Ariza, emigrato a Phoenix.

 

I Thunder hanno blindato Paul George con 4 anni a 137 MM: il giocatore poteva andare a Boston per vincere, ai Lakers per provare a vincere, invece si è condannato a perdere rimanendo nella casa dove si gioca a RussBall.

 

I Mavs hanno Doncic, Harrison Barnes, in panca rick Carlisle, ed ora arriva anche DeAndre Jordan, finalmente. Dopo la telenovela dell’estate 2016 (commentata sarcasticamente anche dalla emoticon-saga di Paul Pierce), il centro diventa davvero un dipendente di Mark Cuban, per ora per un anno a poco più di 24MM.

 

Come evidente, e al netto delle marce indietro che possono ancora avvenire perché fino a Venerdì ci si trova nel periodo detto “Moratorium”, che precede l’ufficialità e validità di ogni firma, è la Western Conference a fare la parte del leone negli scambi ed acquisizioni. Il pezzo pregiato rimasto disponibile è anche lui ad Ovest: Kawhi Leonard. Molti rumors per un suo approdo a Boston, ma pare gli Spurs chiedano davvero troppo (Tatum e/o Brown). Se i Campioni Warriors rimangono stabili, i Rockets sono decisamente precipitati, e i Lakers decisamente saliti. Non trascureremmo neppure i Nuggets, che hanno esteso il contratto di Jokic per 5 anni a 148 MM.

Si attende una risposta dall’Est, da cui viene la notizia più divertente. Robert Williams, la prima scelta (n.27) dei Celtics, era finito così indietro nel Draft perché da molti ritenuto “giocatore pigro”. Ebbene, la prima mossa di RW è stata perdere l’aereo della squadra di Summer League di Boston. La SL inizia stanotte, noi la seguiremo con enorme attenzione. Non ai risultati, ma ai giocatori, per continuare nella tradizione delle nostre scoperte: i deliziosi mirtilli del sottobosco NBA che tante volte negli ultimi 4 anni vi abbiamo segnalato per primi.