Tante parole, inesattezze, prese di posizione: passato il primo tsunami di isteria esaminiamo la Kawhi-Trade.

La esamineremo già sapendo che una fonte più potente di tellurica isteria si è da poche ore aperta: Melo agli Hawks in cambio di Schoeder. Questa si che ha potenziale da pura soap.

Gli Spurs si aggiudicano DeMar DeRozan, Jakob Poeltl e la prima scelta Raptors 2019. Ovvero: acquistano atletismo (ne hanno drammaticamente bisogno), gioventù (ne hanno bisogno laddove essa coincide col concetto di “fisicamente sano”), capacità realizzativa sugli esterni (ne hanno drammaticamente bisogno: gli Spurs sono stati negli ultimi due anni una squadra con pochissimi punti in sg). Si tratta di una trade sensatissima dalla parte di Alamo: non bisogna dimenticare che il rapporto Kawhi-Pop non era rappezzabile, al di là delle parole di miele spese dal coach a scambio avvenuto.

La situazione dei Raptors è leggermente diversa. Lasciamo da parte lo sdegno di DeRozan, la poca voglia apparente di Leonard di giocare per i Canadesi, e tutte le altre amenità su lealtà, bandiere, blablabla. Toronto acquisisce una Stella e un buon giocatore da quintetto: Danny Green. Entrambi però arrivano nel loro ultimo anno di contratto: Green lo è davvero, Kawhi sarebbe nel penultimo, ma è in player option quindi può decidere lui che il 2019/20 da MM$$ 21.329.750 non esista. Toronto potrebbe perderli entrambi nel giro di 10 mesi. Facendo i complimenti sia a Toronto che all’allenatore italiano (avevamo pubblicato qualche giorno fa una foto della sua presenza a SaltLake City: a volte la fortuna aiuta l’intuito), segnaliamo en passant che Sergio Scariolo molla la Spagna e andrà a lavorare per i dinosauri, ma aggiungiamo: è possibile che i Raptors abbiano deciso di suicidarsi in maniera tanto sciocca? Ovviamente impera il “tutto è possibile”, ma proviamo a considerare i fatti, ovvero che sotto la conduzione manageriale di Masai Ujiri i Raptors sono diventati una ferma realtà di vertice, però han fallito per due anni in fila di arrivare alle Eastern Conference Finals. Potrebbero aver deciso di mettersi in modalità re-building. La conseguenza più logica è che Toronto non abbia finito con gli scambi, e che Kawhi non abbia finito con gli spostamenti. Un pacchetto Lowry+Leonard, per esempio, a chi potrebbe fare gola? A una squadra con tanto spazio salariale liberato dalle partenze in 16 mesi delle tre Stelle: i Clippers, che però non hanno tanti assets per ingolosire i Raptors, né così tanta attuale competitività da ingolosire Kawhi. Oppure una squadra che sta mettendo in piedi una stagione “tutto e subito”: i Lakers. Un rischio, recentemente fallito dai Brooklyn Nets che raccolsero figurine (Pierce-Garnett-Deron Williams) senza dare loro un senso, e che stanno ancora scontando quella mossa falsa. Però, avendo già LeBron James in roster, il rischio diventa meno incombente: aggiungere Leonard e il Subcomandante lasciando partire Lonzo-Kuzma-Ingram verso Toronto porterebbe i Lakers in Lux-Tax, ma non in maniera insopportabile. Il loro monte stipendi, facendo le pure addizioni/sottrazioni tra arrivi e partenze, salirebbe attorno a 135 MM$$, che sono circa 10 meno di quello attuale dei Miami Heat e circa lo stesso che avrà Golden State una volta compiutamente rinegoziato Durant: a prezzo dunque di qualche milione di dollari di mora, i gialloviola diventerebbero immediatamente la seconda forza NBA, addirittura davanti ai Boston Celtics.

L’opzione che Kawhi giochi davvero tutto l’anno e anche nel futuro più lontano a Toronto secondo me è possibile ma non probabile, e ad oggi la partenza di DMDR e l’approdo di Leonard non rendono i Raptors la migliore squadra dell’Est e forse, per colpa dei Pacers e dei Bucks, nemmeno la terza o la quarta.

Questa è la mia lettura: uno scenario possibile, supportato da indizi e numeri, e libero dalla cosa che meno ci interessa, francamente: tutto il parlare e riparlare di lealtà, fiducia tradita, tifosi in lutto eccecc.

A domani per l’analisi della trade che ha portato ad OKC Dennis Schroeder e Carmelo Anthony agli Hawks.