4 partite nella notte NBA, mi sbrigo subito con 3 di esse perché una sola è quella di cui parlare.

Le altre 3 hanno in comune il dominio quasi totale della squadra vincente: i Kings non hanno mai lasciato condurre i Pistons, i Celtics hanno avuto solo vagiti iniziali prima del dominio di Miami, stessa cosa per i Clippers davanti alla supremazia dei Nuggets.

Ora ad Alamo, dove si preparavano all’assedio di OKC. Tale è stato: la gara è durata 58 mins, 2 supplementari prima di decidere che il fortino era salvo. Partita splendida, con prestazioni enormi sia di squadra che dei singoli, sia in campo che sul pino. La prima bellezza arriva da Pop. I Thunder hanno un falso-cuatro: la vera pf è Jerami Grant, agile ed atletico, che forma una strana coppia “Slick and Thick” col grosso e potentissimo Steven Adams. Atletismo e potenza non sono presenti in quantità nella front-line Spurs, ma il Mago Pop ha iniziato lo stesso coi due lunghi di maggior tecnica, piazzando Aldridge a guardia di Adams e Pau Gasol in un abbinamento potenzialmente rovinoso con Grant. Non è stato così, perché la difesa di SA ha tutelato il lungo spagnolo togliendo i rifornimenti al nipote di Horace, contando anche che OKC, in attacco non cerca a lungo le opzioni ulteriori rispetto a George e Westbrook; Gasol ha così dominato difensivamente il pitturato nel primo quarto (+10 Spurs, 2 stoppate e tanta intimidazione da Gasol che agiva da safety). La seconda bellezza è il 14/14 da 3 con cui gli Spurs hanno iniziato la gara: iniziato è riduttivo, dal momento che hanno sbagliato la prima tripla (White) quando mancavano 5 mins al termine del terzo periodo. 5/5 Belinelli, 4/4 Bertans, 3/3 Forbes, 2/2 Mills gli infallibili. Il 14/14 è il migliore inizio dietro l’arco mai registrato dagli Spurs: il record precedente (11/11) datava 1992, addirittura prima della Pop-age. Nel momento in cui si esauriva la carica di triple si accendeva LaMarcus Aldridge, terza bellezza. LMA non era rimasto inerte, prima: 14 nel primo half, ne ha aggiunti 16 nel terzo quarto, e nei restanti 22’ ne avrebbe segnati altri 26, finendo con 56: 20/33 al tiro e 16/16 dalla lunetta senza triple, una prestazione old-school per commuovere chi, come me, è nato prima dell’era dell’arco; inoltre 9 rebs, 4 ass, 4 stoppate. Con la quarta bellezza iniziamo a parlare di OKC, che non ha mai mollato e davanti alla pioggia di triple di SA ha replicato con una solidità psicologica impressionante: mai smesso di difendere e meglio del solito anche nella metà offensiva. Il difetto del Westbrookcentrismo è inevitabile, ma sia Russ che il resto della squadra iniziano a riconoscere sul campo, e non solo nelle dichiarazioni/intenzioni, la leadership di George e del back-up di RW, DennisDeutscheland. Questo va a merito di coach Donovan, sul quale continuo ad avere riserve ma cui bisogna riconoscere d’esser riuscito a creare una squadra al posto della dispotica monarchia di Westbrook. I dividendi di ciò sono arrivati nella rimonta del quarto periodo, tradotti in 3 fattori: è avvenuta con la panchina in campo (all’inizio massacrato 27-6, il pino di OKC ha chiuso portando Schroeder in doppia cifra e Nader a 9 di cui 6 nell’ultimo quarto), si è giovata dell’apporto di figure solitamente marginali come Ferguson (21 con 7/10 da 3), si è compiuta (114 pari a 6’ dal termine) con George in panchina, pronto e riposato per il finale. A Westbrook spetta la sesta bellezza: non la tripla doppia (21-13-24) bensì la parte riguardante i 21 assists elargiti nei regolamentari. Russ ha fatto casino come al solito nel momento del riaggancio, perché come al solito si è auto-eletto eroe, e nei possessi immediatamente precedenti e seguenti il 114 pari (un reboff di Adams su zingarata-banzai di RW) ha messo insieme 2 palle perse (sulle sole 3 totali del match) e 3 tiri sbagliati per concetto prima che per esecuzione. Poi ha riacceso la testa, fornendo 4 assists per 11 pti totali (2 triple Ferguson, 1 tripla + 1 schiacciata Grant) fondamentali per portare la gara agli OTs. Settima: Adams che torna in campo dopo esser stato costretto a medicazioni nello spogliatoio causa caviglia plurinfortunata ancora storta. Nella frazione in cui Adams è rimasto fuori, Aldridge ha segnato 12 pti in fila: il ritorno del Neozelandese non ha fermato il lungo di SA, ma è stato prova della durezza del centro di OKC, che ha fatto in tempo a schiacciare il 141 pari per il secondo OT e a dare l’ultima speranza ad OKC sbagliando un libero, prendendo il reboff e fornendolo a George per la hail Mary tripla. Jerami Grant è la numero 8: oltre al career-high (25 con 12 rebs e 3 stoppate) ha difeso alla grande nei momenti decisivi: tra ultimi 3 minuti dei regolamentari e supplementari ha stoppato 2 volte DeRozan, 1 LMA preso 2 sfondamenti; fouled out a 2 mins dalla fine del secondo OT: forse è stato il vero canto del cigno di OKC. Infine torniamo ai vincitori per le ultime due bellezze: la stoppata di White su Grant che ha evitato il -2 nel secondo OT e quel che, con questa partita come gemma, gli Spurs sono riusciti a completare nelle ultime 18 gare, da quando, cioè, per la prima volta dopo quasi due decenni erano finiti sotto al 50% W/L. Da allora 14-4, ma soprattutto: da 10’ a primi per offensive rating, da 29’ a primi per defensive rating, da 24’ a primi per net rating. Pop non ama il basket moderno, ma dopo la dichiarazione di disgusto dell’inizio di Novembre ha fatto in modo di adattare il suo basket alle esigenze odierne del Gioco: la creazione del quintetto-triple quasi tutto di panchinari (solo Forbes tra gli infallibili di oggi è starter), e la promozione di White in quintetto sono solo due delle mosse che confermano anno per anno la grandezza di questo coach.