” La sintesi in salsa italiana di Danilovic e Bodiroga”. Il compleanno di Davide Ancilotto ci piace ricordarlo così, con le parole scritte tempo fa dal collega Davide Breschi, che sintetizzano chi era Anci a chi lo ha solo vissuto attraverso filmati o articoli dell’epoca. La Virtus invece onora le quarantadue candeline sulla torta dello sfortunato Campione, battendo 60-53 al Palazzetto una Casale che comunque riesce a timbrare il pass per la Final Eight di Coppa Italia in virtù dei risultati arrivati a fine serata dagli altri campi.

La partita ricorda qualche epica tappa ciclistica di quei mitici Giri d’Italia che oramai non ci sono più. Con la Virtus nei panni del fuggitivo capace di creare l’abisso tra sè e gli altri ( +23 sul 54-31 al 26′ ), ma poi boccheggiante ed in difficoltà a pochi chilometri dalla fine, nel mezzo della micidiale salita decisiva, quando l’ossigeno non arriva più al cervello e lo striscione dell’arrivo non arriva mai. Il plotone degli inseguitori, fasullo per gran parte del percorso, vuoi per demeriti propri, vuoi per bravura altrui, è  comunque capace di far sentire il proprio fiato piazzando un controparziale di 4-20 che mette a repentaglio la meritata vittoria dei romani. Sul -9 ( 58-49 ) però, a metà del quarto periodo,  Casale incappa proprio sul più bello nella classica foratura becca( appoggio da cinque centimetri fallito da Tj Bray, e gragnola di triple seguenti sputate dai ferri del palasport olimpico ), che rende vano un inseguimento che onestamente non avrebbe meritato un lieto coronamento.

Perchè Roma, con Flamini al debutto in luogo di uno Zambon in imperfette condizioni fisiche, si era creata in 26 minuti  perfetti un vantaggio strepitoso prima grazie alla sagacia del “Tenente” Callahan (19 punti+11 rimbalzi), poi con un Olasewere da urlo ma soprattutto da tripla/doppia sfiorata ( 17 punti+14 rimbalzi e 8 falli subiti ). E questa partita meritava di vincerla. Per questo gli Dei del basket, per una volta equi, hanno deciso che fosse proprio della monumentale piovra nigeriana, dopo un rimbalzo offensivo di rara importanza, il canestro decisivo a quaranta secondi dalla sirena, a sancire un’altra vittoria importante, dopo quella di Scafati, per una Virtus da applausi e lacrime.

E poco importa che Meini e Maresca abbiano fatto zero in coppia sul marcatore, o che Voskuil abbia timbrato un onesto cartellino con 12 punti e 5/13 dal campo. Contava il risultato imposto dall’Artiglio in settimana ai suoi giocatori, nel ricordo ed in onore di “uno” che l’Artiglio amava e stimava dal profondo del cuore.  Al punto da convincerlo che Walter Magnifico fosse imprescindibile nella costruzione di una grande Virtus. Quella grande Virtus che Anci, o meglio il “Roberto Baggio del nostro basket”, come lo amava chiamare il Presidente Corbelli, non potè mai gustarsi per un atroce scherzo di un beffardo destino.