Si conclude una serie straordinaria, in nessun modo inferiore ad una finale NBA per livello ed intensità. Non poteva che finire col botto, a gara 7, dopo una grande rimonta, col capolavoro di un MVP. Ad attendere i campioni, ormai da un po’, gli stessi sfidanti dello scorso anno. Gli Warriors negli ultimi due anni, ed i Cavs hanno risposto a tutte le domande su cosa bisogna fare per arrivare in fondo: essere più che credibili oltre l’arco. Senza concentrarsi troppo sulle percentuali, i due sistemi, seppure nel caso di Cleveland ancora non perfetti, e gli interpreti di entrambe le squadre, aprono il campo in maniera diversa da tutte le altre riuscendo a battere le difese NBA con continuità, che diventando sempre più competenti e fisiche, non concedono più tanto spesso il gioco “alla vecchia maniera”. Ci saranno altre domande che avranno risposta nelle imminenti Finals. Se ne sono dette tante a proposito delle potenzialità dei Cavs con tutti gli effettivi in campo ed in condizione, Irving e Love saranno senz’altro di scena a partire da venerdì, di conseguenza non sarà il Re da solo al comando contro l’armata dei guerrieri. Se le ultime finali avevano visto Golden State favorita ed abbastanza in controllo, le prossime potrebbero essere all’insegna di un maggiore equilibrio. Equilibrio è spesso sinonimo di intensità e spettacolo, siamo sicuri che quest’ultimo non mancherà. Entrambe le squadre tendono anzi ad essere più godibili nei momenti in cui riescono a dominare l’avversario piuttosto che quando si gioca punto a punto. Dopo un’epica rimonta ed il record storico in regular season, oppure dopo la seconda finale consecutiva, sesta per il giocatore di riferimento, ad entrambi i contendenti mancherebbe soltanto una cosa: l’anello.

Mentre si avvicina uno degli spettacoli, inteso esattamente come tale, più belli che esistano si avvicina, passiamo al racconto della battaglia finale e di come i campioni se la siano guadagnata.

ORACLE ARENA, OAKLAND. OKLAHOMA CITY THUNDER 88 – GOLDEN STATE WARRIORS 96. 4-3 WARRIORS

Golden State inizia cercando di indirizzare la gara al ritmo loro più congeniale, cercando da subito tante soluzioni oltre l’arco. Nella prima metà vengono però traditi dalle percentuali, OKC prende ogni rimbalzo offensivo prendibile, gli Warriors non riescono a correre come vorrebbero, ed i Thunder sembrano poter ripetere quanto fatto in gara 3 e 4. Pochi minuti prima dell’intervallo, qualche scoppio degli splash brothers riporta almeno in punteggio in carreggiata, si va all’intervallo sul 48-42 OKC. Il terzo quarto dei campioni rappresenta il manifesto ideologico del sistema di Kerr&Co. interpretato dai suoi meravigliosi uomini. Le percentuali non tradiscono più, in attacco Curry, Thompson e non solo, sembrano onnipotenti, vanno dentro anche i tiri impossibili. Difensivamente continuano a concedere qualcosa a rimbalzo, ma non c’è verso che i Thunder riescano a trovare il canestro, i soli 12 punti segnati arrivano da un paio di miracoli di KD e RW. A Steven Adams vengono affidati molteplici palloni importanti, ma il neozelandese non riesce a convertirli quasi mai in qualcosa di buono; il risultato è spesso tiro sbagliato vicino al ferro, anche se al secondo tentativo, con la difesa schierata che subito scappa via per andare a punire dall’altra parte. Abbiamo assistito a giocatori apparentemente onnipotenti varie volte negli ultimi anni, e Steph ne è un chiaro esempio, ma l’onnipotenza cestistica mostrata da una squadra intera è cosa più che rara. A guardare il terzo periodo di gara 7 non viene in mente altra definizione, se non appunto quella di onnipotenza. Curry ritrova lo spostamento laterale, che gli era mancato nelle gare precedenti, e spara più di una volta in faccia ad Ibaka ed Adams, soprattutto il neozelandese, spesso accoppiato con l’MVP fuori dall’arco. Chi meglio di un gigante come Adams per contestare un tiro? Certo, se Curry tirasse da fermo ed in maniera normale, ma Steph con un paio di palleggi lo manda puntualmente al bar, creando una minima separazione che gli consente di tirargli in faccia sì, ma con lo spazio necessario per mandarla dentro. Roberson ricomincia a sbagliare da fuori, Draymond Green si ritrova in pieno, leader e giocatore di piccole grandi cose come pochi se ne sono visti. Pochi minuti prima dell’ultimo mini-intervallo, Kerr riceve un dono preziosissimo anche dalle seconde linee, manda in campo Varejao, Barbosa e Livingston, tutti e 3 segnano e difendono; l’ultimo autore di un coast-to-coast concluso in schiacciata impressionate, i due brasiliani schiaffeggiano da 3 ed in post, tenendo difensivamente su un tentativo di recupero degli avversari. Dopo l’ondata subita, KD gioca ancora al cacciatore di miracoli, Ibaka lo segue ed i Thunder trovano il -4. Prontamente vengono però ricacciati indietro da Klay e Dray. Negli ultimissimi minuti l’unico che sembra crederci ancora e per davvero è Durant. Lo stesso Westbrook si accontenta di portargli il pallone fino alla punta per lasciarlo andare da solo. L’ultimo MVP prima di Steph segna, imbuca da 3 e segna di nuovo, conducendo da solo un parziale di 7-0 che porta i suoi di nuovo a -4 a meno di due minuti dalla fine. Curry come se nulla fosse successo va a prendere l’ennesimo arresto e tiro da 3, Serge Ibaka gli sta troppo addosso e commette fallo. Suicidio, parlando per eufemismi, Steph fa 3/3. Palla di nuovo a KD per una tripla disperata (dopo un errore simile gli dèi del basket te li sei giocati) che ovviamente non va dentro. Ancora l’MVP, sul +7, va via in palleggio, guadagna il ferro ma non tira, si porta sul mezzo angolo destro, temporeggia un attimo, ultimo crossover a Roberson e altra tripla, tra le facce ormai arrese degli avversari, che citando Buffa “sanno esattamente che ora va di là, fa canestro e vince la partita”. 36 con 7/12 da 3 +8 assist per l’immenso Steph, 21 con 6/11 nella specialità per l’altro fratellino dello splash. Dall’altra parte 19-7-13 di Westbrook, 27 splendidi punti di Durant, a cui ora rimane soltanto da riflettere sul futuro. La vittoria in questa serie (decima storica per una squadra sotto 3-1) sentenzia che non c’era alcun sogno da cui svegliarsi, possono sbagliare qualche partita, ma se mai fosse stato in dubbio il livello di questa squadra è inequivocabilmente questo. Per i Thunder, appare invece chiaro, come le vittorie schiaccianti contro i campioni, siano invece state un sogno. Non perchè questo livello non gli appartiene, ma perchè soltanto sporadicamente riescono ad andare oltre certe tendenze e non commmettere determinati errori. In ogni caso, questa finale di Conference può rappresentare un nuovo punto di partenza, futuro di KD a parte, perchè indipendentemente da come, portare a gara 7 dopo essere stati anche vicini a chiudere la serie, una delle migliori squadre di sempre, non è certamente cosa da poco.

Ora sotto con le Finals!