Prendendo spunto da quanto sta facendo in carriera LaBron James, abbiamo pensato di omaggiare uno dei grandi del Gioco.

Dunque, nella notte tra Venerdì 9 e Sabato 10 dicembre, LeBron James ha segnato 27 punti, con i quali si è portato alla posizione numero 9 tra i primi realizzatori nella storia della NBA, diventando il più giovane giocatore a raggiungere quella seggiola. Ha superato Elvin Hayes (nella foto dell’articolo insieme a Doc J), un giocatore che ha attraversato tre decadi (60-70-80), e che uno dei maestri del giornalismo cestistico italiano, Aldo Giordani, adorava in quanto “primo tra gli umani”, dopo una serie di mostri a forte odore di supernaturalità come Chamberlain, Russell, Jabbar. Hayes era un lungo, una pf naturale che spesso giocò da centro, e al termine dei 16 anni di NBA il conto per lui recitava 21+12 e 2 stoppate di media in carriera. Questi dati ne fanno ora il decimo marcatore ma soprattutto il quarto rimbalzista della storia NBA, dietro i semidei di cui sopra. Il particolare dei tre differenti decenni da lui attraversati non è di poco conto, perché non sono molti quelli che possono fregiarsi di esser stati nominati All-Star per 12 anni di fila, coprendo appunto un arco temporale dal 1969 al 1980. Fu prima scelta nel 1968 di entrambe le leghe allora esistenti nel basket pro USA: San Diego Rockets (poi trasferitisi a Houston) della NBA, Houston Mavericks (poi passati a Dallas) della ABA. Optò per i Rockets, e il primo anno fu da 28+17, tralasciando i decimali. Houston è un centro focale della sua carriera, anche se Hayes ebbe le migliori stagioni a Washington, portando, insieme ad un altro lungo futuro Hall-of-Famer: Wes Unseld, i Bullets a 3 Titoli della Eastern Conference (1975-78-79) e a un Anello NBA (1978). A Houston tornò nel 1981, per chiudere la carriera nella franchigia in cui l’aveva iniziata, e nella città dove aveva frequentato l’Università. La sua apparizione alla Houston University è una pietra miliare per il basket, lo sport e la storia americana. Infatti lui e Don Cheaney (un altro che giocò e allenò nella NBA, vincendo due Anelli coi Celtics da giocatore e venendo nominato Coach of the year nel 1991, alla guida proprio dei Rockets) furono i primi due giocatori neri americani a giocare per i Cougars: sembra una sciocchezza, ma parliamo del 1966, anzi: del 1966 IN Texas. Il legame con gli anni universitari e con l’ambente che ebbe il coraggio di accoglierlo rimase fortissimo: da qui la scelta di chiudervi la carriera pro, la scelta di tornare poi all’Università per completare gli studi e laurearsi, la scelta di restituire qualcosa. Oltre ad essere stato commentatore per i Cougars, è stato anche ufficiale di della riserva della Polizia e tuttora lo è, pur in pensione. La scelta di maggior impatto fu, tuttavia, quella di non accettare la propria introduzione nella Hall-of-Fame del basket, avvenuta nel 1990, fino a che non venne indotto anche il suo coach dell’Università di Houston, Guy Lewis; il che accadde nel 2013, con colpevole ritardo se non nei confronti dell’allenatore che Lewis era stato, di certo nei confronti dell’uomo che nel Texas degli anni ’60 prese con sé, rompendo pregiudizi e ponti e specchi e tutto quanto intorno, due atleti di colore. Uno dei quali fu il primo tra gli umani: Elvin Hayes.