Con questa puntata si entra nelle zone nobilissime della NBA: la posizione 4 indica che si tratta delle pronosticate semifinaliste di Conference.

 

EASTERN CONFERENCE #3: TORONTO RAPTORS. Masai Ujiri è uno dei migliori GM della NBA, subito sotto Danny Ainge e Daryl Morey. La caratteristica di un bravo GM è scegliere, non barcamenarsi: l’esito di quelle scelte dirà se si tratta di un ottimo professionista. Finora Ujiri le ha azzeccate: gran parte della scalata dei Raptors al vertice della NBA è merito suo, così come merito suo la passione sconfinata dei fans che rendono Toronto una delle piazze più appetibili e redditizie della NBA. Questa estate Ujiri ha dovuto scegliere: tenere Lowry e Ibaka o no. Li ha tenuti, e per farlo ha dovuto sacrificare pedine importanti quali Patterson e Cory Joseph, dopo che a Febbraio anche Terrence Ross e James Johnson avevano lasciato il Canada. Perdendo Ross-Johnson-Patterson-Joseph, Toronto ha perso i quattro uomini principali della panchina, che era fondamentale. Infatti lo scorso anno lo starting-5 di coach Casey è stato quarto peggiore della NBA per rendimento nei primi 6 mins del primo quarto, venendo battuto mediamente in quei pochi minuti di quasi 5 punti. Il nucleo duro della formazione, che si è venuto a creare con le estensioni dei contratti, è formato allora proprio da 4 starters: Lowry-DeRozan-Ibaka-Valanciunas occupano infatti 92 dei quasi 120 MM del monte salari della franchigia. Come si vede, manca la posizione di sf (vero cruccio del coach, che in 3 anni ha ruotato nel ruolo 9 differenti giocatori), che è per ora proprietà dell’unico arrivo estivo: CJ Miles (col suo contratto arriviamo a 100 MM per il quintetto base). Insomma, la panchina, ora formata da tanti giovani ma insicuri leoncini, non è più la pietra angolare della squadra, e non sappiamo chi tra i centri Poeltl e Nogueira, le ali Caboclo-Anunoby-Powell-Siakam-McDaniels (5 per lo stesso spot…ci credete ora alla ossessione del coach?) potrà dare la scintilla. Non banale nemmeno la questione dei riposini di Lowry; dietro al Subcomandante (altro giocatore che di fatto si è legato per sempre alla franchigia) ci sono figure di speranza come Delon Wright, il rookie Van Vleet o Lorenzo Brown: è sparita la competitività matematica di Joseph. Il monte stipendi è abbastanza ingessato: il centinaio di milioni ricordato resterà tale fino all’estate 2020, quindi Ujiri deve sperare di aver puntato giusto sul proprio attuale quintetto base. Definizione: chi troppo ama (le proprie bandiere)…

 

WESTERN CONFERENCE #4: OKLAHOMA CITY THUNDER. Inserendo Paul George e Carmelo Anthony nel suo roster, OKC è una delle squadre che più sono migliorate. Non si tratta di un Big3, in ogni caso. Melo è in piena fase calante, e lo scorso anno è stato il peggiore per percentuale nel jumper (sia dal palleggio che piazzato) tra coloro che ne han presi almeno 500 in tutta la NBA. George invece è un’addizione perfetta: sul catch and shoot ha avuto il 60%, mentre lo scorso anno OKC è stata globalmente solo la 28’ della NBA. In ogni caso, la presenza dei due nuovi arrivi potrà fare in modo che i Thunder non abbiano i mostruosi cali dello scorso anno con Russell Westbrook in panchina (-10 pti su 100 possessi con RW a riposarsi). Ovviamente Westbrook, che ha firmato un contratto, celeberrimo sulle cronache non solo cestistiche, da (mediamente) 41 MM per 5 anni, resta il leader ed anche il tiranno di questa formazione, alla quale, lodevolmente, firmando quell’accordo ha scelto di legarsi di fatto per sempre. I Thunder sono indiscutibilmente una formazione di vertice e Russ è altrettanto senza questioni un giocatore stellare, ma dovrà cominciare a vincere, e per farlo dovrà cambiare mentalità. Smettere di portarsi a casa il pallone, smettere di perderne a volte in doppia cifra, smettere un sacco di cose. Gli servirebbe, per farlo, una guida un po’ più ferma di quella rappresentata da Billy Donovan, ipervincente coach di college (Titolo NCAA back-to-back con Florida), ma non proprio convincente nella NBA finora. Felici non felicissimi dell’arrivo di PG13 e Melo (e anche di quello di Patrick Patterson, passato sotto silenzio ma non banale) le altre, numerose, ali dei Thunder: Abrines, Singler, il rookie Ferguson, Jerami Grant avranno in sostanza un posto per 4. La lacuna più evidente dei Thunder è il tiro da fuori, e in particolare manca una sg in grado di essere consistente dal perimetro, perché Roberson è un difensore divino, ma in attacco sfiora il ridicolo: dato che anche lui originariamente era una sf, può essere che Abrines, per esempio, venga dirottato in sg. Altro buco riguarda il cambio del centro Adams, chiamato ad un piccolo miglioramento offesivo, dietro a cui c’è, in sostanza, il solo Nick Ma-Davvero-Giochi-Ancora-Nella-NBA-O-Mi-Prendi-In-Giro Collison, a meno di inaspettate rivelazioni da Dakari Johnson, scelto da OKC nel 2015 e finora buono solo per la D- (ora G-) League. Proprio per questo, e considerando l’evoluzione del Gioco, non escludo quintetti somiglianti alla famosa “Death Squad” di Golden State (quella con Iguodala e Dray-g da centro), con proprio Patterson nel ruolo di Green. Il monte stipendi ad OKC nemmeno lo guardano, tanto è esploso, e, proprio per dare un senso alla costosissima situazione salariale complessiva, sarebbe opportuno che cominciassero a vincere da subito. Definizione: tanta potenza, ma quanto vero controllo?