Due gare nettamente più importanti delle altre nella notte NBA appena passata.

 

Il risultato è che Cervello batte NoCervello 2-0, e, per di più, vince sempre in trasferta: infatti il talento è nulla senza controllo. AKA cervello.

Dall’inizio della preseason Wall&Beal vanno ripetendo ad ogni intervista che WAS è la migliore squadra dell’Est. Wall&Beal non sono esattamente amici, soprattutto da quando Wall ha firmato l’extension contrattuale da 40 MM/anno lasciando il compagno di squadra circa 13 MM indietro quanto a stipendio, però sono sempre accoppiati quando si tratta di dichiarazioni pepate. L’ultima è stata: lo scorso anno i Cavs hanno perso di proposito le ultime gare di Regular Season per finire secondi e lasciare che fossero i Celtics ad affrontare noi nelle Conference Semis, avevano paura di noi. Bruuuuuuuuuuuuuuutta idea, fanciullo. Soprattutto quando gli Wizards si stanno faticosamente/meritatamente guadagnando la nomea di nuovi BadBoys della NBA. Hanno una difesa piuttosto forte, e altrettanto dura, ma certe reputazioni sono meritate e ben consolidate solo se accoppiate al cervello. Il momento per certe affermazioni è stato quanto mai improvvido. I Cavs arrivavano al Verizon Center in piena crisi dopo 4 L in fila, ma stuzzicare il loro ego più di quanto le brutte figure recenti avevano già fatto non è stato saggio. La gara infatti è iniziata così: nei primi tre possessi Washington è riuscita solo a passare la metà campo, rubata di D-Rose, rubata di James, passaggio deflettato da D-Rose. E’ poi proseguita secondo i binari decisi dai Cavs (esito a dire “da Lue” per il noto pupazzismo del fake-coach dei Cavs): sprazzi di difesa eccellente (non continua, con tanti vets come Korver-Frye-l’attuale Wade in campo è difficile ipotizzare continuità difensiva) + Smallball spesso estremo (quintetti in cui nemmeno Love o Frye erano piccoli a sufficienza per stare in campo: Rose-Korver-Green-Crowder-James) + la decisione, crisi per crisi persa per persa, di mettere in campo tutto il talento possibile, tirando in fretta senza pensarci sguinzagliando l’istinto da playground che alberga in ogni campione. Così che il primo half termina con punteggio fantascientifico: 74-66 (qualche ora prima il punteggio finale di Barcellona-Olympiakos di Eurolega era stato 73-51..), LBJ a 26, e D-Rose (mai così attivo, efficace e preciso dal ritorno dopo il secondo infortunio) a 19 con 7/8 dal campo. I Cavs non si sarebbero fermati fino al +17 con poco meno di 5 mins alla fine del terzo quarto,  quando l’orgoglio di Washington e qualche gigioneria di James&Co portavano di nuovo gli Wizards a -7. Allora Wade (fuori forma sia fisica che mentale, ancora assonnato dal letargo forzato a Chicago) veniva panchinato definitivamente o quasi, ed iniziava la parte finale dello show di James, che se gioca e non parla, non fa faccette, non frigna e non alza gli occhi al cielo per gli errori dei compagni è sempre l’uomo capace di fare in ogni partita 57-11-7. Per la cronaca, Wall insufficiente con 13-6-15 ma 4/13 dal campo, Beal 36-4-4 e unico davvero all’altezza nel secondo tempo tra gli Wizards; qualche minuto a fine primo e fine terzo quarto per il Croato, il rookie Zizic nei Cavs..ma noi attendiamo Osman, il Turco Immaginifico.

Risultato finale, al VERIZON CENTER di WASHINGTON DC, CAVS corsari sugli WIZARDS 130-122.

 

Nella notte NBA l’altra grande gara era quella di Oklahoma City tra Thunder e Celtics. Se l’assenza di cervello per Wall&Beal si era verificata fuori dal campo, Russell Westbrook ha dimostrato una volta ancora che, continuando a giocare come gioca, non vincerà mai nulla. E sarebbe ora che le persone deputate a farlo, per esempio il suo coach, glielo dicessero. Ma Billy Donovan pareva troppo soft per i Thunder con solo Russell, figurarsi per quelli con in più Melo e George. 6 perse, 7/20 al tiro e 5 falli di cui due sciocchi e uno in attacco non sono solo numeri: sono la spiegazione di una gara mandata gambe all’aria da una gestione dissennata di RW, ben coadiuvato da certe rotazioni di Donovan. I Thunder e i Celtics arrivavano al confronto detenendo rispettivamente seconda e prima difesa della NBA. 93.8 subìti i Celtics, 95.7 i Thunder, efficacia difensiva su 100 possessi a 95.1 per Boston, 96.1 OKC. Ovviamente non esiste buona difesa che non sia anche dura, e quella dei Thunder ha spaventato i Celtics nel primo tempo, oltre che oscurare loro il canestro. Nella prima metà Boston è stata tenuta a solo 27 tiri dal campo, per un 4/8 decente di Tatum e un 4/19 imbarazzante per tutti gli altri. Anzi: la difesa di OKC è stata eccellente fino a metà del terzo quarto, quando RW e soci arrivavano al +18, e, sempre parlando di difesa, 3 starters dei Celtics avevano ancora un solo canestro dal campo ciascuno. A quel punto sono intervenuti quattro fattori: i primi bagliori offensivi di Boston, le prime irreparabili follie di RW (cose note: palle perse, tiri da metà campo con l’azione appena iniziata), il 4’ fallo di RW che lo portava in panchina, alcune rotazioni sospette di coach Donovan che dimenticava PG13 (25+10, un vero dominatore, e sempre, almeno lui, in controllo) in panca e dava molto spazio a Melo per poi ritrovarselo stanco quando sarebbe servito fresco (10+14 con 3/17, indovinate quando ha tirato la maggior parte delle padelle: all’inizio o alla fine?). Il primo a svegliarsi in attacco per Boston era Jaylen Brown: notte difficile come spesso capita in trasferta al genietto da Cal U., ma alla fine lo score dice 10-12-1, e per una guardia al secondo anno è quasi una investitura. Jay-B è stato poi seguito da Kyrie (25-5-6 con 2 rec, 1 stoppata e nessuna persa, quest’ultimo è un dato meraviglioso e sensazionale data la durezza della gara) e per ultimo Al Horford, che ha faticato a far fruttare il suo soprannome di Sapienza, ma ha inchiodato la partita con un 3/3 nel finale (2 triple). Nella seconda metà l’attacco dei Celtics è stato guidato fuori dalle difese dei Thunder non solo dalle follie di RW e del suo coach, ma dalla guida sapiente di Kyrie e del suo coach Brad Stevens: 64-39 dopo il riposo per i Celtics, che hanno preso, alla fine, 84 tiri, ovvero 57 nel second half. Se si attendeva una prova di solidità per Boston, che mancherà sempre di Hayward ma ha ritrovato stanotte Gemello Marcus (9+4, imballato ma non negativo), la prova è stata servita: parla di talento ma, soprattutto, di resilienza e controllo. AKA cervello.

Risultato finale alla CHESAPEAKE ARENA di OKLAHOMA CITY: BOSTON CELTICS 101 – OKC THUNDER 94