E’ arrivato il momento, alla sesta puntata, che MHS indaghi i segreti dei Boston Celtics.

 

Svolgeremo l’operazione in due riprese: difesa e attacco.

Ogni considerazione deve essere preceduta dal ricordare che Boston sta giocando senza Gordon Hayward, e che nel mancare di uno dei pezzi più pregiati solo i San Antonio Spurs, con l’infortunio tuttora non superato di Kawhi Leonard, possono reclamare sfortuna vagamente simile a quella dei Celtics. I quali, guidati da Brad Stevens, sono riusciti non solo a parare il colpo, ma a sviluppare benefici da esso.

Cominciamo dalla difesa. E’ la prima della NBA, sommando le seguenti caratteristiche: prima per Defensive Rating (pti concessi su 100 possessi), potendo annoverare nella stessa classifica per singoli giocatori ben 3 presenze nei primi 10 (1’ Baynes, 6’ Rozier, 9’ Smart); prima per punti totali subiti (96.9, con i 97.5 degli Spurs che ultimamente gli hanno tolto un paio di giorni il primo posto); seconda per canestri da 3 punti subiti (8.8); terza per percentuale dal campo concessa agli avversari (43.5%). A questi numeri per nulla aridi, si aggiungono la tecnica e le scelte tattiche della difesa bostoniana. Una delle scelte principali riguarda la chiusura dell’opzione del tiro da tre punti (ricordate gli 8.8) dell’uomo con la palla sul pick’n’roll: i Celtics piuttosto che passare dietro a un blocco si fanno fischiare fallo per aver calpestato il bloccante: è impressionante per esiguità il numero di volte a partita che un Celtic passa sotto ad un blocco. Questo lascia spazio nel “retroterra” tra arco e pitturato, ma per definizione i mid-range jumpers sono poco produttivi rispetto agli altri tipi di tiro, e Boston invita gli avversari a prenderli (ricordate il 43.5%). Inoltre Boston, a seconda dell’avversario, ha l’abitudine di blitzare, cioè di condurre fulminei raddoppi-recuperi, contro le opzioni offensive più sfruttate dagli avversari, siano il post-basso di Drummond vs i Pistons o il pick and roll centrale di Kemba Walker vs gli Hornets, e così via. Il blitz viene portato non solo dal lato debole ma spesso dal terzo uomo del lato forte. Questa strategia vuole minare la fluidità della migliore arma offensiva avversaria, aumentare le loro palle perse, peggiorare la loro % di tiro, creare un numero più alto possibile di possessi di bassa qualità. La cosa riesce abbastanza bene: i Celtics infatti tirano un po’ meno dei loro avversari (2339 vs 2350 in stagione), ma meglio (45%); nel tiro da 2 la forbice delle % segnati/presi è 49.5 vs 48.1, nel tiro da 3 esplode: 36,9 vs 33.6, e su un numero maggiore di tiri perché Boston usa molto di più il perimetro. Altra caratteristica: i rimbalzi delle guardie. Citiamo una recente frase di coach Stevens: quando io vedo le nostre guardie volare a rimbalzo come stasera, so che ogni ingranaggio della nostra difesa sta funzionando. Lo scorso anno una delle lacune più evidenti erano i rimbalzi, e non era solo colpa di Horford (che in ogni caso è molto migliorato quest’anno): l’esasperazione della strategia offensiva di chiudere le triple agli avversari e la conseguente creazione del suddetto “retroterra”, rende necessario un grande lavoro delle guardie a rimbalzo, perché spesso, nelle rotazioni difensive, gli omoni dei Celtics si trovano lontano da canestro. Le guardie dei Celtics, già non male nella specialità, sono migliorate: lascio parlare i numeri di Irving-Brown-Smart-Rozier, ricordandovi che la prima cifra è quella totale effettiva, la seconda sui 36 mins, la terza sui 100 possessi. Irving 3/3.4/4.8; Brown 5.8/6.6/9.2; Smart 3.9/4.6/8.6; Rozier 4.6/5.9/9.8. Due guardie dei Celtics sui 100 possessi sono quasi in doppia cifra a rimbalzo, una di esse è ampiamente sotto ai 190 cm e farebbe fatica a trovar posto nel datato basket centimetrico propugnato dal sovrintendente Tanjevic, infine il totale effettivo dei quattro è 17.3 rebs a gara. Il discorso sull’efficacia difensiva non può chiudersi senza una parola su chi era reputato (con ragione) il più scarso difensivamente: Kyrie Irving. L’impegno è ovviamente la base imprescindibile, ma non è solo buona volontà se un giocatore considerato orrendo in difesa è nei primi 42 della NBA per Net Rating, ovvero differenziale tra punti fatti e punti concessi: Kyrie è a +7, è solo un decimo di punto dietro ad uno considerato ottimo difensore (Kyle Lowry, 7.1), e non è lì solo per i pur fantastici numeri offensivi. Per i quali, alla prossima puntata di MHS.