Settima puntata di My Hidden Secrets. Ovviamente il titolo è una provocazione.

Lo scopo di questa mia rubrica è illuminare le parti meno evidenti del Gioco e/o di come la Associazione è organizzata. In questa puntata indago l’effetto che la riforma del calendario ha portato sulla “piaga infortuni” e sulla effettiva equità competitiva della stagione regolare.

La stagione in corso è per la NBA una “prima volta”. Sono state introdotte sensibili variazioni al calendario, per cercare di rendere meno pesanti le trasferte e diluire la cadenza degli impegni. Mission principale delle variazioni: ridurre infortuni e ricadute.

Le misure adottate hanno avuto come caposaldo il mantenere inalterate le 82 partite totali di Regular Season. Si è quindi intervenuti su altri elementi:

  • Anticipato l’inizio della stagione a metà Ottobre allungandone quindi la durata complessiva, ridimensionando la pre-season
  • Riduzione di un terzo dei back-to-back games e delle situazioni di 3 partite in 4 giorni
  • Sparizione della situazione di 4 partite in 5 giorni (ma è rimasta quella di 4 gare in 6)
  • Road-trips meno estesi temporalmente e di più accurata programmazione (esempio: cercare il più possibile che una volta a Los Angeles un team dell’Est giochi sia contro Lakers che Clippers, anche inframezzando gli impegni con una vicina trasferta ad Oakland e/o Sacramento).

La NBA ha davvero raggiunto lo scopo? Se si deve apprezzare lo sforzo e la rapidità delle decisioni, si deve altresì constatare che il numero di infortuni non è calato, ma cresciuto. Alla pausa per lo All-Star Game il numero di tutti gli infortuni subìti da tutti i giocatori NBA è di 3798: il 42% in più dello scorso anno sullo stesso numero di partite giocate; l’infortunio numero 3000 è stato raggiunto un mese prima dello scorso anno, quindi, considerando la partenza anticipata, due settimane reali prima.

Tra i coaching e medical staffs della NBA non c’è concordia nel valutare l’anticipo e la diluizione operati dalla NBA: alcuni dicono sia comunque utile, altri che le due settimane rubate alla preparazione atletica prestagionale siano invece controproducenti.

Il calendario rimodulato ha generato anche altri problemi: alcune squadre sono state penalizzate più di altre. Alla fine tutte avranno identico numero di gare e quasi lo stesso numero di impegni multipli ravvicinati, ma è la distribuzione all’interno della stagione a fare acqua. Prendiamo ad esempio la scansione del calendario dei Boston Celtics. I Celtics erano destinati insieme ai Sixers a giocare il tradizionale London Game, trasferta che ruba alle squadre impegnate circa una settimana di normale regular-season. Perciò Boston al momento della partenza per Londra aveva giocato tra 4 e 7 partite in più del resto della NBA, dopo aver giocato un calendario pressatissimo di 34 gare in 60 giorni. La stessa faticaccia toccherà a Philadelphia, ma nel finale di stagione. Al ritorno dal London Game, i Celtics sono stati a riposo ben 5 giorni, alimentando un’ulteriore distorsione del loro calendario rispetto alla media delle altre squadre. Escludendo il LG, nel mese di Gennaio, in cui hanno cominciato a perdere il primato della Eastern Conference a vantaggio dei Toronto Raptors, i Celtics hanno giocato 17 gare, Toronto 21. MA: Boston le ha giocate in 21 giorni, avendone persi 10 tra Londra e il lungo stop post-rientro, mentre Toronto ha avuto quelle partite distribuite su 31 giorni. Ovviamente si tratta di impegni molto differenti, sui quali incidono in maniera diversa anche gli infortuni. Perdere una settimana post-Londra significava per un Celtic perdere non meno di 3 gare fino a 5, per un Raptor 2 o 3.

Che il calendario debba essere riformato non ci sono dubbi, secondo noi: è la strategia migliore per ridurre il rischio di infortuni ed anche la loro incidenza sulla stagione delle franchigie. Riteniamo però si debba rinunciare al caposaldo, ed arrivare alla riduzione del numero totale delle gare. Infatti, ora che la NBA si è fermata per lo ASG, sono visibili disparità notevoli. Minnesota ha giocato ben 61 volte, Boston 59 ma con 10 giorni meno di qualunque altra franchigia, mentre Philadelphia ha giocato solo 55 gare, Clippers e Cavs solo 56. In termini di tempo, è come se tra Wolves e Sixers ci fossero minimo 10 giorni di differenza, tra Celtics e Clippers/Cavs più di due settimane.

Secondo noi la soluzione migliore sarebbe riformare il calendario in modo che ci sia uno scontro andata/ritorno tra ogni squadra: sono 58 gare; poi un’altra gara, con campo casalingo alternato di stagione in stagione, tra squadre della stessa Conference: 14 partite che conducono a 72 gare totali. Mantenendo l’inizio a metà ottobre si otterrebbe un sensibile miglioramento della diluizione della fatica e anche della equità competitiva nella distribuzione degli impegni.