Golden State non compie l’errore commesso dai Celtics e arrivando in Ohio con 2-0 di vantaggio affossa Cleveland vincendo anche la terza (110-102).

Nessuno è resuscitato da 0-3, e non crediamo saranno i Cavs 2018 a rompere la serie, anche perché..

KD e gli Splash Bros. Superteam è questo: se due delle tre stelle e mezzo fanno schifo, ti resta la terza, e la mezza completa come sempre l’opera, con difesa, intimidazione, urla, botte e spinte. Steph+Klay hanno sbatutto sui ferri quasi ogni pallone gli sia capitato: 7/27 totale ma contate che hanno chiuso con 3/4, quindi era andata peggio. Dopo il record di triple, Steph ha sfiorato quello di errori consecutivi: è arrivato a 0/9, salvandosi dal ripetere lo 0/11 di Stockton; ovviamente, essendo Steph, l’unica tripla buona è stata The Dagger: il + 4 con 1 minuto left. Sarebbe stato raggiunto dalla prima tripla anche di LBJ, ma tutti sapevano, esclusi i tifosi dei Cavs, che quella di Curry era il sigillo. Tornando a KD: inizia pigro, perdendo due palloni dal palleggio e costringendo Kerr al TO sotto di 10 (16-6 Cavs) e da lì si sveglia sul serio: 14 nel primo quarto (4/4 dal campo 4/4 ai liberi) e tutti i 7 rebs degli Warriors nelle sue mani. Le cifre finali (43-13-7) dicono molto ma non della capacità avuta da Durant di frustrare ogni buon momento giocato dai Cavs (capaci anche di +13, 50-37), spesso con giocate degne di frustrare anche il più efficace e devoto difensore, come un arresto e tiro da 9 metri del tutto voluto, per nulla forzato, di fluidità assoluta. Swishhh.

I Cavs e la difesa. Forse anche migliore che in Gara1, tecnicamente e per applicazione. Cleveland ha operato magnificamente su Steph e Klay. A Klay sono stati negati i tiri in uscita dai blocchi inizialmente, sfruttando anche un paio di errori “facili” che hanno innervosito ulteriormente il giocatore. A Steph è stato negato (causando anche palle perse e forzature) il movimento con cui dopo aver passato a un compagno in post medio o basso, si ricolloca nell’angolo corrispondente per la tripla. La consistenza e costanza della difesa dei Cavs sono state le migliori dell’anno, ma vale, anche se mi rendo conto sia poco tecnico, il vecchio discorso della coperta corta: hanno lasciato lo spazietto e ci si è infilato Durant. A proposito della difesa su KD, si può solo far osservare una cosa: quando la migliore Stella avversaria fa meraviglie, nei PO (che sono competizione di tecnica ma anche di cojones e di lotta fra le personalità più forti) è obbligatorio giocarsi la carta della propria Stella che difende quella avversaria, anche solo per pochi possessi, anche enfatizzando la teatralità del confronto. LBJ non ha mai guardato Durant, invece.

LeBron. Tra metà secondo e metà terzo quarto abbiamo assistito alla versione migliore del Prescelto: caricava il pitturato ad ogni possesso, ed anche se raccoglieva pochi falli (il primo libero dopo 20 secs del terzo periodo e in generale Cleveland ha ragione di recriminare coi refs in questa partita) non si perdeva in scenette mossette faccette, nemmeno quando si è storto una caviglia: solo slacciato la scarpa, riallacciata stretta, ripreso a giocare. Fosse sempre così non ci sarebbero tanti dubbi sulla sua legacy. Alla fine non la sua miglior partita, almeno per percentuali di tiro (13/28 sono il Graal per molti, un cedimento per lui), ma un 33-10-11 con 2 rec e 2 stoppate in cui anche le 4 perse sono quasi invisibili, almeno in confronto a quelle di George Hill.

Ty Lue e gli altri Cavs. Lue ha un ottimo istinto counter. E’ molto bravo nelle contromosse, meno nelle mosse: a sua discolpa il fatto che comanda per metà, l’altra metà del suo lavoro essendo di diritto appalto di James. Però, così come non ci volevano 4 mesi per rimettere TTT in quintetto o a minutaggi 20+, così non ci sarebbe voluto un JR Smith disastroso per dare campo a Rodney Hood. Il quale ha dichiarato di aver risentito della pressione presente sui Cavs, ma è pur sempre uno che da Utah è stato ceduto solo perché i Jazz hanno trovato Donovan Mitchell, aka il nuovo (e migliore) James Harden. Fiducia finalmente, che Hood ripaga con 15+7 e 7/11 dal campo, con buona difesa. Sprazzi ma anche tante perse per George Hill: 4, e sempre in momenti in cui Cleveland aveva inerzia positiva. Meno dannoso del solito JR Smith (accolto dal Cartello del Perdono: JR 20562 love U), almeno in attacco e almeno nel primo tempo: 13+4 con 3 rec; è altrettanto vero che i primi 6 pti di GS, quei soli 6 pti che sul 16-6 avevano costretto Kerr a un minuto riparatore, erano tutti sulla coppa di JR, e sarebbe continuata così. Love positivo (20-1-3-3), ma il Californiano non riesce davvero a trascinare nemmeno quando gioca bene, esattamente come accadeva a Minnesota.

Javalone, Shaun ed Iggy. Anche se i fans lebronisti si sono affannati a negare l’importanza dell’assenza di Iguodala, il ritorno dello MVP delle Finals 2015 è stato molto importante nel pugno da KO inferto stanotte: difesa, intelligenza nelle scelte, valore da spendere nei confronti dei refs. Javalone (10+3 con 2 stoppate in 14 mins) continua a navigare bene: gioca quasi soltanto gli inizi dei due tempi, ma è il lungo che meglio di tutti sa tenere LBJ 1 vs 1, oltre a distrarsi poco in attacco ed essere pronto a rollare sul p’n’roll centrale abusando del povero JR. Shaun Livingston, l’uomo che gioca senza ginocchia, si è mangiato il primo tiro delle Finals verso metà di questa Gara3, ma poi ha continuato a non sbagliare: 4/4, 5/5, 4/5 le sue prestazioni, i primi 11 in fila. E sempre una sola persa in 3 partite. Che certi giocatori debbano infortunarsi così gravemente come accaduto a lui è davvero una solenne ingiustizia.