Primi due giorni di Summer League, il basket più divertente e selvaggio cui possiate assistere.

La SL è una enorme sessione di casting, in cui, a parte pochi predestinati, i giocatori danno (o cercano di dare) il 200% delle loro possibilità per meritare un contratto NBA o G-League.

Sì, perché con la riforma della Lega di Sviluppo e l’ingresso del main sponsor Gatorade (cade la D, arriva la G), le squadre NBA hanno un rapporto molto più stretto con il rispettivo team di scuola guida, e possono attingervi molto più frequentemente e liberamente, a livello contrattuale, che in passato. Il rapporto, e l’importanza della GL, cresceranno ancora, fino a (come vi abbiamo vaticinato in un articolo questa primavera) soppiantare il basket NCAA e i suoi infiniti scandali.

Il contraccolpo di questa nuova situazione è stato pesante per il basket europeo. Ora infatti la SL ha perso la caratteristica di enorme e democratico supermarket di giocatori cui attingere. I migliori non sono mai stati acquistabili per le squadre europee, ma i giocatori “medio-buoni” erano assai disposti, una volta fallito il sogno NBA, a spostarsi in Europa: la G-League attuale, che prolunga ed amplifica il sogno NBA, ha tolto spazio ai reclutatori europei, che ora si trovano costretti a spendere un sacco di soldi, o a prendere giocatori meno forti di quanto accadeva soltanto 3 anni fa.

Come sempre, non diamo nessuna importanza ai risultati delle gare, ma ci soffermiamo sui players, segnalando le prime smentite o conferme (del tutto provvisorie) e anche coloro che, denaro e sogni a parte, vedremmo benissimo in Europa. A proposito, ecco un giocatore che probabilmente farà un altro anno NCAA ad Auburn, ma essendo coinvolto nello scandalo-reclutamenti (ramo di inchiesta: Chuck Person), ed essendo stato sospeso per la stagione appena terminata, ha una posizione non del tutto stabile. Né per l’anno prossimo né per il Draft 2019. Si tratta di Austin Wiley, centro di 2.11 per 118 kg, nel 2016/17 a 9+5 e 1.5 stoppate in 18 mins di impiego. Figlio di Victoria Orr, grande cestista USA, oro olimpico Barcellona ’92: anche il fattore-DNA è a posto.

Tornando alla SL: primi problemi per il tanto atteso Trae Young. Pare davvero assai mingherlino (ancora..) per il gioco Pro. Il suo stile spumeggiante si è spiaccicato contro le prime difese cattive e sporchine (ricordate: ai casting nessuna pietà). In due gare 9/33 dal campo (3/16 da 3) e pochi assists (6) che mal si incontrano con le palle perse (5), in un quadro generale che non fa gridare al miracolo. Miracolosi sono i primi passi veri di Harry Giles, talento alla Chris Webber massacrato dagli infortuni alle ginocchia: in forza ai Kings, sta giocando sui 25 mins di media senza fare sfracelli, ma, come detto, che cammini è in sé stupefacente. Per lui e le sue fragili ginocchia l’Europa potrebbe essere un buon porto. Ad Atlanta e Sacramento stanno giocando come uomini tra i bimbi rispettivamente John Collins e Justin Jackson, ma non è strano: entrambi hanno avuto una rookie-season ottima. A proposito di secondo anno: a San Antonio sta facendo molto bene la sg/sf Derrick White (in due gare 21.5-13.5-7.5), ma ottime notizie anche da una delle scelte 2018, la pf Chimezie Metu (11.5+8 e 1 stoppata, con tanto profumo di NBA-ready), e da uno dei miei pallini mai del tutto realizzati: Jaron Blossomgame (12.5+6.5), un altro che in Europa vedrebbe perdonato il deficit di agilità/velocità che in NBA, come sf, lo condanna. I Lakers stanno ancora contando le palle perse del lungo tiratore Moritz Wagner, che però non ha del tutto deluso le attese, e rimanendo in California andiamo da Golden State: Jordan Bell prosegue il suo apprendistato da futuro Dray-G, riempiendo sempre tutte le caselle statistiche (media di due gare: 6+6+5 con 2.5 rec e 2 stoppate), e si sta facendo notare, tanto da aver strappato un minicontratto, l’undrafted 2018 Kendrick Nunn, che sarebbe una pg, gioca preferibilmente da sg perché non ama passare la palla, e anzi il pallone gli piace talmente tanto che, pur di averlo sempre in mano, in due gare ha fatto in modo di essere il caporimbalzista della squadra (14pti, 8 rebs).

Jaren Jackson (4’ scelta assoluta 2018) è la pf moderna: in due gare 20 di media con 10/17 da 3. Potrebbe andare più a rimbalzo, e nei recuperi dallo show sul p’n’roll è semplicemente orrendo, ma tra le primissime scelte dell’ultimo Draft finora scese in campo è quello che ha destato una splendida impressione. Ottimo finora nei Grizzlies anche Koby Simmons, pg sottile e atletica, undrafted 2017 ma già capace di 36 gare NBA sempre a MEM. Rimanendo in tema di pg toviamo interessante fin dal nome Nazareth Jersey Mitrou-Long (canadese), che gioca a Utah con la cui G-League è rimasto tutto il 2017/18: abbastanza propenso alle palle perse, ma conosce il Gioco, ed è uno di quelli che, prima della riforma della GL, sarebbe stato ottimo in Europa; una sola gara per Daryl Macon, undrafted 2018 che gioca la SL con gli Heat, ma ha subito offerto 11 ass (3 perse): ad Arkansas il suo ass/to ratio era 2/1, al limite per un play, ma gli daremmo una seria occhiata. Infine, sempre agli Heat gioca un altro undrafted 2018: Yante Maten, che a 203 cm ha poche chances di giocare centro nella NBA e se non dovesse completare la trasformazione in pf sarebbe il classico “centro-bonsai” per la NBA, ma perfetto in Europa.