Liberiamo il campo dagli equivoci: grande risalto sta avendo questa schiacciata annullata per errore ad Harden, ma è un gioco inutile.

Si tratta di un errore arbitrale come lo sono stati una infrazione di campo di Westbrook e una palla recuperata da Harden in modo irregolare poiché ancora fuori dalla riga di fondo: sono costate 5 pti a SA e quindi ogni vagheggiamento è fuori luogo.

Finora Harden aveva sempre vinto quando aveva scritto 40+, prima della notte di Alamo i Rockets erano 8-0 in tali occasioni. Sono 9 partite in cui La Barba ha avuto media di 48,3 con 435 punti totali; ottenuti grazie anche a 158 viaggi in lunetta, dei quali 140 imbucati. La similitudine tra il gioco di HOU e le minors inizia qui. Minors, in cui il giocatore migliore che ha sempre la palla in mano può andare incontro a due destini: o viene enormemente penalizzato dall’arbitraggio che vuol far vedere di essere “imparziale”, o favorito oltre misura per manifesta fascinazione che l’arbitraggio subisce davanti alla differenza di talento tra l’eroe e gli altri poveracci. La NBA, essendo anche un business, privilegia le proprie Stelle, da qui l’assurda ed inumana (nel senso di non pertinente all’umano) mole di liberi di cui Harden può godere (limitandosi alle gare di cui sopra: 17.5/gara). La NBA, essendo anche un business condotto intelligentemente, non lascerà mai che la vittoria finale venga data ad una squadra che gioca per lucrare lunette.

Il cinquantello del losing effort hardeniano vs gli Spurs è maturato nell’occasione in cui più di ogni altra gara stagionale (tutte e 20) la guardia di Houston era stata mandata in lunetta: 24, e 24 centri. Naturale domandarsi come sia accaduto che i Rockets abbiano perso in doppio supplementare dopo esser stati up 22 come massimo vantaggio e up 18 a inizio secondo tempo. La motivazione è duplice: la prima riguarda il modo di difendere che Pop intima di tenere quando affronta i Razzi: lui fu il primo, già nella stagione 2017/18, a sollevare l’allarme sugli arbitraggi di Harden, ma delle difese di SA parleremo in altra occasione. Il secondo motivo è interno: D’Antoni sfrutta, per così dire, la propria Stella come farebbe un allenatore di seconda divisione italiana. Anzi, ancora meno: perché per davvero il coach dei Rockets sembra avere la principale funzione di protestare coi refs, cosa in cui in realtà tutti a HOU, giocatori e staff, sembrano campioni del mondo. Cold Hard Facts: nome USA per “la dura e fredda verità oggettiva dei fatti”. Nel primo tempo Harden era stato 15 volte in lunetta: Houston sopra tra 22 e 18 punti. Nel secondo tempo Harden in lunetta 2 volte: Houston raggiunta e portata all’OT.

I due OT sono stati guidati anche da fattori emozionali: il pubblico infuocato, i giocatori degli Spurs infuocati mentre, contemporaneamente, quelli di Houston si ritrovavano inerti a cercare sempre la stessa soluzione. La parte veramente interessante, che chiama in causa pesantemente la gestione di D’Antoni, è il secondo tempo. Nei minuti 25-48 Houston ha sbagliato 11 triple: una ogni 2:12 di gioco, diciamo una ogni 4 possessi; ha perso inoltre 7 palloni: unendo questa cifra alle triple sbagliate si ottiene 18, ovvero un esito negativo ogni 80 secondi quindi ogni 2 possessi, e 4 di questi 18 errori sono stati aggravati dall’essere arrivati dopo recuperi, senza quindi riuscire a castigare errori degli Spurs. Aggiungete i tiri sbagliati da due: troverete che nel secondo tempo e nel quarto periodo soprattutto i Rockets hanno avuto un tracollo. Non è la prima volta che hanno questo calo: nel secondo tempo solo un uomo ha segnato al di fuori del terzetto Harden-Westbrook-Tucker, il povero Capela che ha trovato 4 pti, 2 dei quali autocostruiti grazie a un reboff. I Rockets sparano o si affidano alla Barba, non hanno alternative se non le penetrazioni di Russ, non hanno giochi che partano da altri componenti del roster o ad essi dedicati. Si portano per il campo come una seconda divisione, essendo ovviamente diversi il contesto ed il talento. Di certo i giocatori NBA, e le Stelle senza dubbio, hanno un caratterino particolare, ma, per quanto egotici possano essere Russ&James, non ha senso lasciarli così preda di sè stessi, attorcigliati attorno al dilemma su fin dove spingere il proprio talento, lasciati lì senza una ferma ed efficace guida dalla panchina.