Eccoci ad Ovest, dove per ora guidano i Lakers.

TOP. Impossibile non considerare i Lakers, anche se la classifica forse è migliore delle loro attuali possibilità. Sono in palese carenza di un polo offensivo (una sg, preferibilmente) in grado di costruirsi tiri dal palleggio, e di risolvere sia le giornate in cui LBJ o Davis sono insufficienti o assenti, sia i giochi rotti partita dopo partita. Molto dipendenti, più delle altre squadre di prima fascia, dalla situazione infortuni.

UP. Sorprendenti in positivo sono senza dubbio i Mavs di Luka Doncic, che oscillano, a seconda delle serate, tra terza e sesta posizione: in ogni caso molto superiori alle attese. Metto “up” anche ai Nuggets  perché stanno reagendo molto bene, e principalmente con la difesa (103.9 ppg incassati, a seconda di quanti ne beccano i Celtics parliamo della prima o seconda difesa NBA), alla stagione fin qui non stellare di Jokic e delle guardie: un plauso a coach Malone, dunque. Superiori alle attese anche i Thunder: OKC gode della supervisione che Paul e il Gallo stanno offrendo alla splendida stagione di Dennis Schroeder (miglior giocatore della settimana per l’Ovest due settimane fa, per la prima volta in carriera) e di Shai Gilgeous-Alexander, Stella annunciata che finora non sta tradendo le attese (Doc Rivers ancora piange per la separazione, ma era necessaria per far arrivare Kawhi). Infine, ma solo perché sono appena tornati nella PO Picture dopo esservi stati assenti dall’inizio di stagione, gli Spurs, che stanno rimettendo (pare) in sesto una stagione iniziata sotto cattivi auspici, tutti confermati.

STILL. Avevano iniziato tenendosi ben sopra al 50% i Suns, ora sono reduci da una serie di 17 KO in 23 gare: potrebbero essere inseriti tra i “down”, ma in realtà sono più o meno nella posizione in cui era lecito attenderli. Anche Memphis sta conducendo la stagione cui era attesa, promuovendo il talento immaginifico del grande Ja Morant, uno spettacoliere dai mezzi atletici assurdi, ma già ben impostato come pg del futuro: veloce, senza paura dei contatti nel pitturato e tiro da fuori con margini di miglioramento; occhio a questo giocatore, perché fisicamente una simile capacità di dominare il campo non si vedeva dai tempi del primo Westbrook, quello pre-follia. Anche i Rockets stan facendo il loro dovere, ma sono molto rumorosi quando cadono. Le sconfitte generalmente dipendono dal loro maggior difetto: D’Antoni è come se non ci fosse, soggiogato e sottomesso dalla personalità delle due Stelle non riesce a fare il suo lavoro nemmeno per le cose più elementari, e HOU quasi sempre perde facendosi rimontare vantaggi anche assai cospicui.

DOWN. Per prima la squadra che forse merita meno di stare tra le delusioni: Utah Jazz. Un record al 63% è niente male, ma ad Ovest vale solo il sesto posto; Donovan Mitchell ha rimesso in sesto le % dopo lo scorso pessimo anno (46% globale dal campo, ma soprattutto il 51 da 2) e i giocatori “storici” stanno ripetendo il loro buon percorso. Chi sta steccando è Mike Conley, l’arrivo più atteso, l’impersonificazione del definitivo salto di qualità: tira orrendamente da 2 (37%), segna meno di 14 ppg e ha un rapporto assist/perse di 2.1, da pg di livello appena accettabile; aggiungete che, come sempre, sta insieme con lo scotch. Manca la scintilla, ecco perché Utah delude. I Kings, dal canto loro, hanno infilato un dicembre tragico: 4-12 il bilancio che li ha portati fuori dalla zona PO, in maniera apparentemente definitiva; è quel che succede quando si licenzia uno buono (Joerger) e si prende uno mediocre (Luke Walton) ad allenare. E’ vero che raramente han potuto schierare Kawhi e George insieme, e che hanno avuto anche tanti altri problemi per infortuni vari, ma i Clippers sono stati molto più brutti di quel che mi aspettassi, e molto meno organizzati: restano in ogni caso la formazione meglio costruita di tutte. Anche se il rendimento di Lillard e McCollum non lascia mai a desiderare, a Portland hanno lasciato partire troppa gente di valore, e sono bersagliati dalla sfortuna (Nurkic e Collins): l’arrivo di Melo non ha cambiato di molto le cose, anche se il suo apporto non è da buttare. Pessimi, invece, i T’Wolves, che paiono non scostarsi mai dal loro ruolo di rovinacarriere: KG, Marbury, Love sono stati rallentati dalla loro permanenza in Minnesota, ed ora è il turno di un’altra perla, Towns. Restano Pelicans e Warriors, che sono di certo in ribasso ma in realtà non sono giudicabili causa infortuni: di tutti a turno per GS, del fondamentale boost sia tecnico che motivazionale di Zion per i Pels.