Nella prima metà degli anni ’80, quando la NBA iniziò ad entrare nell’era dorata che tuttora è in corso, una delle squadre peggiori, anzi: La peggiore, erano i San Diego Clippers, arrivati in California da Buffalo (Braves).

Tra tante dinastie e parabole vincenti da allora succedutesi, dall’epica alternanza Bird-Magic all’odierno dominio tecnico degli Spurs, i Clippers, ora a Los Angeles, hanno accuratamente evitato di cogliere qualsiasi successo fino ai due ultimi Titoli Divisionali della Pacific.
I tempi recenti sono indiscutibilmente i migliori di sempre per la franchigia dei Velieri, eppure loro restano un po’ nell’ ombra, un po’ incompiuti, un po’ sfortunati…prendete “un po’” della prima negatività che vi venga in mente e nei Clippers la troverete.
Il (per molti) loro miglior giocatore è in roster non per una mossa magica del management, ma perché la Lega si oppose al trasferimento di Chris Paul ai Lakers. Il campo dove giocano non è il loro, ma è quello dei Lakers, e hanno qualche difficoltà ad appenderci i due soli pennants in loro possesso. Il primo proprietario di fatto radiato dalla NBA è stato…il loro.

La continuità per i Clippers è il destino che scuote la testa, e, ora come allora, dice: a-ha, no, niente da fare. Nelle loro line-up sono stati scritti i nomi di campioni del calibro di Bill Walton o Ron Harper: scritti e poco più, dal momento che la loro vita da Clippers coincise con infortuni pesantissimi; ovviamente, una volta lontani da San Diego/L.A., sia Walton che Harper recuperarono decente efficienza fisica per vincere e ri-vincere qualche Anello. Norm Nixon, plurititolato coi Lakers, appena si aggiunse alla brigata si devastò caviglie e ginocchia. E, giurateci, se Norm ebbe mai qualche periodo difficile con la moglie Debbie Allen, la maestra di danza del serial Fame, fu di certo allora.
Non faremmo loro giustizia trascurando le scelte al Draft e i destini che ne seguirono. Byron Scott e Lamar Odom sono stati prime scelte Clippers, ma hanno vinto coi Lakers. Hanno speso una 2′ scelta assoluta per Danny Ferry (curioso, ma sempre molto da Clipper, il fatto che sia legato al radiato Sterling da meno gravi ma sempre infelici uscite razziste rilasciate questa estate quando era GM degli Hawks…ora è a riposo per “malattia” legata allo stress) e una 1′ assoluta per Michael Olowokandi: la cronaca si ammanta di leggenda per raccontare che Kareem Abdul Jabbar, assunto come assistant coach solo per allenare e migliorare il buon Mike, abbia mollato l’impresa dopo meno di un anno.

Quando hanno chiamato bene hanno pescato Danny Manning, leggermente overrated ma soprattutto, ed ovviamente, vessato da infortuni gravi e frequenti..Nel 2004 selezionarono, direttamente dalla High School, Shaun Livingston (ora a Golden State): fenomeno assoluto, campione di sicuro avvenire….ma si ruppe le ginocchia in modo spaventoso, tanto da tornare davvero solo lo scorso anno coi Brooklyn Nets.

Finalmente, nel 2009, chiamarono con la numero uno Blake Griffin. Io segnerei quel Draft come inizio del tentativo di cambio di tendenza dei Clippers.
L’era Griffin è ovviamente anche l’era CP3, ma grande merito ascriverei all’ala da Oklahoma. Arrivato nella NBA come elicottero/pterodattilo di impressionante fisicità, era assai lontano dall’essere un giocatore di basket completo e compiuto: ora lo è. Con passione per il gioco, lavoro duro, impegno, adesso ha un tiro da fuori affidabile, e movimenti 1vs1 dal palleggio sia spalle che fronte a canestro: incarna quindi il simbolo di una franchigia che lotta per arrivare ad uno status che pochi avevano pronosticato.

Blake, inutile dirlo, è nell’opera molto più avanti della squadra nel suo complesso. Eppure, la squadra è forte….eppure, son pur sempre i Clippers.
Se esistesse un manualetto, il titolo sarebbe questo: Del come non arrivi in Finale di Conference (almeno…) la squadra che ha il miglior passatore, il miglior ladro di palloni, il miglior rimbalzista, il miglior stoppatore della NBA e colui che per i più è il numero 3 assoluto della Lega. Capitoli 1 e 2: Chris Paul; 3 e 4: DeAndre Jordan; 5: Blake Griffin.
Per un appassionato, quale io sono, di storie di losers, si tratta di un argomento accattivante.
Le ragioni per le quali i Clippers per ora non arrivano dove il talento potrebbe condurli sono molteplici.

Una potrebbe essere il coach. Glenn Anton “Doc” Rivers è un buon allenatore, molto rispettato, ha riportato un titolo a Boston nel 2008 dopo 22 anni, ma si può dire che per uno vinto, ne ha persi due. E soprattutto ora è senza il suo mago della difesa, coach Thibodeau che sta a Chicago.

Si potrebbe dire che, memorie recenti e recentissime alla mano, Chris Paul è il miglior playmaker della Lega SE non si tiene conto degli ultimi 5 minuti di una qualsiasi partita decisiva di play-off. Si potrebbe anche accusare l’eccessiva irruenza di Jordan e Griffin, che spesso si trovano con 5 falli nei momenti chiave delle partite, e tutti nell’ arena sanno che, fatto il 5’, il 6’ arriva nel giro di poco.
Però, girando per le statistiche della NBA, mi sono imbattuto nel dato dei Velieri di una stat particolare: l’ adjusted ranking, o SRS. E’ una classifica che somiglia al più famoso Power Ranking, e si basa sullo scarto medio totale con cui una squadra conclude la propria stagione in termini di differenza punti, sia essa negativa o positiva. Il dato puramente numerico viene “ripassato” da una equazione che permette di ricalibrarlo al dato delle squadre incontrate nel momento in cui avveniva il match: quando la classifica adjusted di una squadra è migliore di quella normale, significa, tra le altre cose, che quella squadra ha prevalentemente incontrato formazioni in momento di forma positivo o in vena di hero-efforts. Perfetto, i Clippers sono proprio così, a tal punto che nella differenza tra classifica normale e ADJ, il loro 69,5% diventa, come scarti complessivi rifilati agli avversari, migliore del 72% dei Thunder: più sforzo, meno resa effettiva, destino che scuote la testa. A-ha, niente da fare. E’ infernale la vita da Clippers.

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