Vecchia storia: lo dico (e persone più addentro di me, pure) da quando lo utilizzai per la prima volta subSky, l’anno della finale Milano vs Fortitudo, l’instant replay è una possibilità in più, non una certezza totale. Tantomeno se lo si usa con quattro telecamere quattro che devono anche lavorare per la partita e quindi, spesso i formati delle immagini non sono quelli necessari per la lettura delle azioni interessate. Se poi aggiungiamo che non sempre i services usati dalle private sono dotati di apparecchiature “idonee” e qui intendo ottiche delle telecamere (e le telecamere stesse…) adatte, oltre che operatori non sempre abilissimi…È inutile assegnare sanzioni con queste motivazioni, per chi non ha letto l’articolo: il fatto che l’arbitro non ha trovato le immagini necessarie per valutare l’azione incriminata. L’errore è imporre un sistema che necessita di tecnologia e know-how sufficiente a società che spesso fanno fatica a star dietro a problemi più pratici di sopravvivenza.

L’intento di migliorare il prodotto globale è meritevole, ma non lo si raggiunge con imposizioni e multe, bensì creando gruppi di lavoro, formati tramite stage ed esperienze comuni. Operatori che conoscano il basket oltre alle loro apparecchiature, le regole, il come, il quando e perché. Magari affiancando al regista di turno un coordinatore che aiuti a fare le scelte più pertinenti…”

Questo il post, al quale hanno fatto seguito commenti nella maggior parte dei casi concordi, molti dei quali focalizzati su due principi che complicano l’esistenza in tutti gli ambienti lavorativi: lo spendere meno anche se il risultato è inferiore ed i “fare per fare” e non per “fare bene”. La differenza tra ” facciamo vedere bene la partita” e “portiamola a casa…”. La televisione, il basket e il basket in televisione ancor di più, sono vittime di questo circolo vizioso. Il prodotto basket non fa grandi numeri quindi spendiamo poco, spendendo poco facciamo vedere male il basket, il basket mostrato male piace poco quindi non fa grandi numeri e siamo d’accapo… Magari se il movimento avesse una cassa di risonanza migliore, marketing curato, iniziative per coinvolgere famiglie, scuole e sponsor. Coinvolgere i bimbi nel minibasket e via via salendo nell’interesse. Questa stagione c’è un esempio lampante nel campionato italiano al di lá del tifo: Milano. Io, da milanese seguo l’Olimpia fin da ragazzino e i sold out, i tutto esaurito, le tribune piene, le ricordavo solo in alcune partite di cartello e dalle semifinali dei playoff. Quest’ultima stagione si sono visti pienoni in partite dove, poche stagioni fa, si sarebbe sentito lo scarpettio dei giocatori e poco altro. Ok, c’è dietro uno dei migliori uffici marketing in assoluto, quello di Armani, ma copiare non è reato, basta farlo con intelligenza. Magari non facendolo come con l’IR, senza avere le strutture adeguate…