Siamo in zona esami, sia per la scuola che per i campionati, e quello di basket non fa eccezioni. 

Anche qui abbiamo scritti e orali, ed esami di riparazione: i playoff danno molte chances agli “studenti”, prima cinque, poi sette e in finale altre sette… E la televisione? Per citare Jannacci: ”la televisiùn, la t’indurmenta come un cujun”. Per lo meno, finché promuove se stessa è un loop che non risolve e non si risolve. E’ inutile la diatriba tra televisione ben fatta ma a pagamento, televisione in chiaro ma fatta alla bell’e meglio oppure fatta con passione però con  mezzi e segnale scarso o anche grandi possibilità però poca conoscenza del mezzo.

Finché non si risale la collina e si va dove sgorga l’acqua, alla fonte non si risolve nulla: si deve creare l’interesse lavorando sul territorio, famiglie, scuole, società sportive  e via via crescendo sulle vie dell’informazione. E poi promozione, promozione promozione… Qual è stato l’ingrediente che ha fatto fare il salto tra le realtà Tele+ e Stream e l’insieme delle due targato Sky? Le prime producevano comunque ottimi prodotti qualitativamente parlando però le cifre degli abbonamenti (anche sommate) erano molto lontane da quelle odierne, nonostante la crisi.  Oltre il cambio di sistema del criptaggio dei decoder  che ha frenato i pirati, la differenza l’ha fatta la promozione. Il lancio di Sky non consentiva a nessuno di ignorare il messaggio: cartelloni ovunque, spot per radio e televisione in tutte le salse ed orari, un martellamento sino a quel momento, mai visto in Italia. Coinvolgimento di testimonial di tutte le aree: sport, cinema, spettacolo, cultura, informazione…  E la cosa ha prodotto frutti fino al momento in cui Lehman e soci hanno innescato il disastro finanziario che ancor adesso ci opprime. Abbiamo la fortuna di avere uno sport che è indubitabilmente il più spettacolare anche dal punto di vista televisivo e che quindi visto una volta, è difficile abbandonarlo: l’importante è creare i presupposti per fare in modo che questa prima volta ci sia. Io ho visto a sei anni per la prima volta gli Harlem con mio papà e lì è stato il primo flash, poi sono andato a vedere le partite e gli allenamenti di mio fratello maggiore che giocava nelle giovanili di Milano e lì mi sono infettato definitivamente… E’ un virus, e ci vuole poco: basta partire dal basso. La televisione farà il resto. Ma dopo.