Numeri 10 del Power Ranking NBA, numero in cui, almeno per l’Ovest, si comincia a sentire un lieve profumo di Playoffs.

DALLAS MAVS. Tre punti fermi. Primo: non ho mai visto una formazione di Rick Carlisile rendere (molto) al di sotto del potenziale, di norma vale l’esatto contrario. Secondo: prendo per scontato che Porzingis torni quello di prima: 18 mesi fa era il miglior stoppatore della NBA e un lungo capace di tirare 42% da 3 nelle situazioni catch and shoot. Terzo: Luka Doncic è la reincarnazione di Larry Bird meno qualche cm. Non sono tanti, i Mavs, ma sono collaudati e con le loro tre Stelle divise tra staff e campo lotteranno fino alla fine per i Playoffs in una Western Conference che sarà autentica carneficina tra posto 5 e posto 10. Molti negli USA mettono i Mavs 13 o 14, citando tra i difetti principali (cito John Schumann): “c’è troppa pressione su Doncic nel creare gioco e giochi dal palleggio”…paradossale, dal momento che è esattamente ciò in cui lo Sloveno eccelle e per cui è stato messo al mondo. Sottocanestro hanno Bobanone Marjianovic, che nella NBA può esprimersi meglio di quanto riesca a fare con i satanici arbitri FIBA; oltre al Serbo lo stretch-five Kleber (altro stoppatore più che discreto) e il marine Powell, che è un altro dei tanti buoni-ma-non-campioni introdotti nei pro dall’abilità di Danny Ainge nel trovare mirtilli nel sottobosco dei canestri. Oltre a Doncic gli esterni hanno quasi tutti buon tiro: Seth Curry è ritornato, Delon Wright è un ottimo cambio per tre ruoli da pg a sf, Barea vuole tornare a tempi di record dall’infortunio di Gennaio al tendine d’Achille e pur incostante il talento realizzativo di Hardaway Jr. e del veterano Lee è assodato. Lee è anche un discreto difensore, specialità che ai Mavs pare tocchi in particolare alle sf: Justin Jackson e Dorian Finney-Smith saranno molto importanti. Tra i rookies di quest’anno la scelta assoluta N.9 Isaiah Roby potrebbe rivelarsi una notevole sorpresa.

ATLANTA HAWKS. Questi Falchi mi piacciono. Dopo un paio di stagioni ridicole stanno assumendo una fisionomia da non disprezzare, per quanto abbiano a roster ancora qualche giocatore che, per la sola presenza, segnala trattarsi di una franchigia in pieno rebuilding. Ad Atlanta si sono scaricate le povere membra del mai esploso ucraino del Kansas, Alex Len; per non parlare di uno dei più grossi flop della storia NBA: non per sua precisa volontà ovviamente, ma Chandler Parsons ha passato in infermeria il quadruplo dei giorni passati in campo o ad allenarsi. Ritorna, forse con la mission di arrivare a cifra “doppio 4” in anni di età, Vince Carter. Nato il 26/1/77 è solo 7 anni più giovane di me, affronta la stagione 22 nella NBA e gioca pro da così tanto che mi ero dimenticato sia uscito da North Carolina U. I destini degli Hawks hanno cominciato a raddrizzarsi quando John Collins (pf dal gioco duro stile anni ’80 e baciata da talento preziosissimo) è definitivamente esploso, e quando dopo un inizio davvero complicato tra i pro Trae Young ha dimostrato di non essere un bluff. La parata delle sf in dotazione ad Atlanta è davvero numerosa e non banale: Evan Turner, tuttofare che sa giocare anche da pg; i due De’Andre: Bembry ormai è un solido giocatore NBA, Hunter uno dei rookies più attesi, così come Cam Reddish. Non scoperto il ruolo di sg: Kevin Huerter al suo primo anno ha dimostrato di poter stare in campo, e si attendono miglioramenti: è un giocatore estremamente simile al Beli; Allen Crabbe è uno dei più sottovalutati della Associazione. Infine il pezzo che potrebbe far svoltare la stagione degli Hawks verso i PO: Jabari Parker. Non sarà mai quello di prima dell’infortunio, ma resta un talento di estremo lusso e rendimento. Non esiste un vero back-up di Trae, ma sono certo che lui giocherà minutaggio prossimo ai 40, quindi non sarà un gran problema; sono molli e pochi sottocanestro, dove oltre a Len troviamo solo l’ex Warriors Damian Jones, ma la combinazione supersmall con Parker e Collins in campo insieme potrebbe ovviare ai problemi. Segnare non era e non sarà un problema, ma la difesa era la sola dell’Est ad essere tra le ultime 5 della NBA sia in punti subìti effettivi che per 100 possessi, oltre ad avere il peggior differenziale tra punti realizzati e incassati dalla lunetta: solo considerando quel comparto, gli Hawks iniziavano già sotto di 4 ogni gara.