Seconda giornata della ripartenza della NBA.

Torna il problema arbitrale, iniziano le prime “polemiche-non-polemiche” sul kneeling durante l’inno, e arriva una partita che ha dell’eccezionale anche per i criteri NBA. Ma andiamo con ordine.

La W dei Magic sui Nets porta un’immagine non banale (la vedete): Johnathan Isaac non si inginocchia durante l’esecuzione dell’inno, unico giocatore finora. Anche Pop e Harmon, prima di Spurs-Kings, resteranno in piedi. Sono scelte potenti, evidentemente non razziste o negazioniste, che fotografano le due anime sempre presenti degli USA: chi si inginocchia fa presente che ci sono problemi che rendono gli Stati Uniti un posto orrendo, chi resta in piedi dichiara quello che il Paese può e a volte sa essere, ovvero un posto quasi perfetto. Della gara poco da dire: nei due quarti centrali i decimati Nets sono stati massacrati 75-43, lasciando spazio anche per una dormita finale dei Magic per ridurre il passivo a 10.

Importante W dei Blazers su Memphis in OT, partita che era fondamentale per entrambe. Solo vincendo POR poteva sperare di iniziare la corsa per acchiappare i Grizzlies: ora sono a 2 gare e mezzo di distanza, quindi entro le 4 che renderebbero necessari gli spareggi ulteriori; perdendo sarebbero finiti 4 gare e mezzo sotto. Per Memphis problemi a rimbalzo (nessuno sopra i 7), per Portland chirurgica la coppia Melo-McCollum, capaci di 54 pti con solo 31 tiri. Ottimo il rientro di Nurkic dopo la terribile frattura degli scorsi PO: 18-9-5 con 2 rec e ben 6 stoppate. Restando ad Ovest, importante W dei Suns vs gli inutili Wizards: PHO ora è a 4 gare e mezzo da Memphis, e qualche speranza di PO emerge anche per l’Arizona. Dicevamo di Pop e Becky Harmon: hanno guidato SA ad una difficile ed importante vittoria sui Kings. Difficile perché dopo esser andati +16 nel primo periodo, hanno perso grip sulla gara finendo a -4 sul finire del primo tempo. Per riprenderla in mano importante anche Belinelli, che, in una gara non della Nazionale Italiana, non tirava 7 liberi (7/7) da secoli. Ora gli Spurs sono a 3 gare da Memphis, i Kings (grande De’Aaron Fox: 39-3-6 con 17/33 dal campo, peccato che le triple non siano il suo pane, 1/6) invece sono scivolati a meno 3 e mezzo.

HOU vs DAL è stata una gara eccezionale, nel senso di unica e particolare. I 48 mins di una partita NBA sono 2880 secs. Sommando i possessi complessivi rilevabili dalle statistiche (tiri + perse + lunette divise per due) si constata che le due squadre hanno avuto complessivamente 273 possessi effettivi, uno ogni 10.5 secondi. Quando si parla di gara dal ritmo vorticoso da ora in poi si deve mettere questa nei libri di testo. Ricordiamo tutti che i secondi da 6 a 10 sono quelli che comunemente definiscono l’azione una “transizione”: è come se non avessero mai smesso di correre, in questa sfida texana. Ci sarebbe poi da discutere sulle 21 lunette concesse ad Harden, ma preferisco omaggiare i Rockets, e con loro coach D’Antoni, per la capacità di aver perso, in una gara del genere, solo 9 palloni su 130 possessi: altro dato da record.

Dell’ormai patente problema arbitrale parliamo in occasione di Celtics vs Bucks. 87 secs da giocare, 107 pari: fallo in attacco fischiato allo Pterodattilo Greco, chiamata tirata indietro dopo mille replay, ma è difficile non pensare che non sia accaduto perché i refs si sono accorti che era il sesto di Giannis. Smart aveva posizione lecita perché fosse uno sfondamento. Aggiungete i 2 liberi 2 in tutto concessi a Tatum ed avrete le ragioni della rabbia bostoniana. Dalla chiamata tirata indietro 12-5 per i Bucks, che si somma al 17-2 dell’inizio: mollare parzialoni agli avversari è scopo del gioco, ma è in parte allarmante per coach Budenholzer pensare che in mezzo ai due parziali è stato dominio Celtics, 105-90.