Abbiamo aspettato, ma intanto c’era chi faceva.

Abbiamo aspettato negli ultimi 15 mins di gioco che Chris Paul smazzasse un assist, non è accaduto; intanto Bobby Portis faceva Carmelo Anthony e ci si dovrebbe domandare perché ogni difensore di PHO saltasse sulle finte da 3 di Portis come se fosse Steph a muovere in alto il pallone.

Abbiamo aspettato che Booker mettesse un paniere da 3, non è accaduto (0/7); intanto JRue Holiday si rendeva indispensabile con difesa (anche 4 rubate) rebs e assists (9 e 11) nonostante il suo ormai canonico 25% al tiro circa (4/19).

Abbiamo aspettato che Monty Williams levasse Ayton dalla marcatura diretta su Giannis: è accaduto nel terzo quarto, ma non è servito. Perché mentre Crowder cercava di limitare il Greco, Ayton si dimenticava di difendere su Gemello Brook che aveva un brano di terzo periodo con 3/3, per aiutare i Bucks dopo un secondo quarto orribile da 4/20 dal campo (e 3 erano di Antetokounmpo) con anche 3 perse.

E su ogni attesa e su ogni azione: letteralmente OGNI segmento di partita, si stendevano le ali dello Pterodattilo Greco, che ha forse aperto una nuova fase del Gioco. Ha vinto le Finals da MVP, ma come parte di una squadra senza menate di legacy e paragoni vari; le ha vinte senza tiro da 3 (3/15) e quasi senza tiro da fuori: oltre a quelle poche triple solo altri 7 canestri di Giannis sono arrivati fuori dal pitturato. Antetokounmpo ha compiuto uno sforzo da trasmettere agli annali non solo del basket ma dello sport: più di 35 di media segnando quasi nulla da 3 e male dalla lunetta, e difendendo come nessuno dei grandi MVP’s del passato recente ha fatto, nemmeno Kawhi. Il modo di giocare dei Bucks non è facilmente replicabile, dal momento che è così centrato sul Greco, ma coach Bud ha mostrato, citando Pascoli, “qualcosa di nuovo, anzi d’antico”. La ricetta: la Stella nel pitturato (ma partendo da esterno puro), grande difesa con ampie dosi di ruvido (se Holiday è il chirurgo, Tucker è il demolitore), e uomini di poco glamour ma tanta sostanza e con qualcosa da dimostrare (Middleton era sempre in bilico tra Stardom e medietà, ora è sbocciato definitivamente e ricorda tanto la parabola di Rip Hamilton). Come dice Josè Mourinho, le squadre vere sono squadre anche quando ci si separa, quando la star viene ceduta o il coach prende altre vie: è evidentemente il caso di questi Bucks, in cui due uomini (Middleton e Giannis) erano presenti quando misero insieme solo 14 W nell’anno dell’Anello del Beli. Ora il percorso è compiuto e per ripetersi (come annunciata intenzione) dovranno aggiungere qualcosa in termini di roster (ma non dimentichiamo che nei PO non ha giocato Divincenzo) e soprattutto proseguire in questa esplorazione di territori un po’ dimenticati. Giannis ha già cambiato la prospettiva di cosa siano le stats di una serie di Finals (un 42, un 41, un 50, più 5 ass/gara non da guardia e quasi 2 stoppate/gara non da centro), vedremo se sarà anche un Game-changer per portarci nella prossima fase, oltre Steph.

Nelle prossime uscite avremo modo di parlare meglio degli altri temi delle Finals, intanto celebriamo il ritornello avveratosi del Bucks-in-six, la fine dei 50 anni di attesa e l’unicità del Grande Grosso Pterodattilo Greco.