Penultimi posti del Power Ranking NBA di Baskettiamo.com, con le complicate situazioni di Philadelphia e Sacramento.

EASTERN CONFERENCE #14: PHILADEPHIA 76ERS. Quando il tanking potrebbe non essere più una scelta… La prima scelta giusta, il giocatore che può spostare gli equilibri, quello che da anni si attendeva a Phila, dove si erano sacrificate stagioni intere per raggiungere il cosiddetto go-to-guy, che stavolta sembra essere arrivato. Il Messia risponderebbe al nome di Ben Simmons, prima scelta assoluta da Louisiana State University. A detta di molti uno dei prossimi meteoriti pronti ad abbattersi sulla lega. Gli apprezzamenti arrivano anche dalle più alte sfere, LeBron in prima fila, con al seguito centinaia di paragoni tra i due. Analogie nelle caratteristiche ce ne sarebbero anche, ma la probabilità che come LBJ ne sia nato uno su sette miliardi è già bassa, tanto che aspettarsene un altro somiglia a scommettere sulla fantascienza. Imputare ogni gioia o dolore dei Sixers al solo Ben sarà un errore che commetteranno in tanti la prossima stagione, ma i problemi nella costruzione di questa squadra sono altri e ben consistenti a prescindere dalle prestazioni del giovane Ben. A livello di roster la problematica più evidente appare il sovraffollamento del reparto lunghi. I big men di Philadelphia sono numericamente infiniti: Okafor, Noel, Embiid, Brand e Holmes senza contare che Simmons e Saric possano essere più d’impatto anche da PF piuttosto che da SF. Di Dario Saric avevamo parlato benissimo in occasione delle Olimpiadi, accennando anche al timore che potrebbe non essere impiegato a dovere. Le quotazioni del croato sembrano però essere salite anche oltreoceano, gli analisti americani infatti, provando a identificare il quintetto ideale di Phila, ne hanno stilato uno in cui Simmons giocherebbe da PG (stile Giannis a Milwaukee) e Saric da SF, con Okafor e Noel/Embiid sotto le plance. A nostro parere potrebbe essere una scelta tra le più sensate, che permetterebbe di sfruttare le ottime abilità di passatore e penetratore di Simmons, il tiro di Saric e la gran presenza dei due big men; tutto questo ovviamente infermeria e costanza permettendo. Un reparto così ricco farebbe pensare a solidissime certezze, ma andando ad analizzare i singoli interpreti le stesse scemano nettamente. Jahlil Okafor ha punti nelle mani, ma almeno nella sua prima stagione ha faticato ad essere incisivo, stesso dicasi per Nerlens Noel fatta eccezione per le mani educate, Joel Embiid dovrebbe (il condizionale è mero eufemismo) giocare quest’anno la sua prima vera stagione sperando di riuscire ad esprimere le potenzialità che si erano viste anni fa, mentre Elton Brand e Richaun Holmes faticherebbero a trovare minuti anche in squadre meno affollate di grandi uomini.

Tra tutti questi bestioni a Philadelphia si avverte una forte carenza di tiro da fuori, che sappiamo quanta importanza possa avere nella pallacanestro moderna. Il back-court è popolato sostanzialmente di rincalzi e scommesse. Sergio Rodriguez torna nella NBA dopo essere stato brillante in Europa col Real Madrid, ma el Chacho non aveva dimostrato granché nelle sua prima esperienza NBA, peraltro quadriennale. Jerryd Bayless è un buon difensore, ma poca roba oltre a questo. Luwawu-Cabarrot, giovane francese e potenzialmente di qualità al quale servirà però un bel periodo di adattamento alla lega regina. TJ McConnell è tosto anche se molto piccolo, ma con percentuali al tiro migliorabili. Brandon Paul è un oggetto abbastanza misterioso, ma che sicuramente non risolverà i problemi oltre l’arco, l’ex guardia di Badalona non è mai andato oltre il 40% dal campo e mai arrivato al 35% da 3 se non con la linea più vicina nell’ultima stagione in Spagna.

Oltre alle già analizzate carenze nel roster, i 76ers potrebbero soffrire -attenzione perché potrebbe essere il problema più catastrofico negli effetti- di un’attitudine a perdere ormai consolidata negli ultimi anni, tutt’altro che facile da allontanare e convertire.

PAYROLL: milioni 68,1$. Il più basso della lega, con un’infinità di opzioni e scadenze al termine della stagione, tanto che la previsione allo stato attuale, cioè priva di esercizi delle opzioni squadra e dei rinnovi, vedrebbe il monte salariale dei Sixers a 8 milioni per la prossima stagione. Spazio salariale praticamente infinito e giocatori di prospettiva potrebbero attrarre qualche free agent l’anno prossimo o indurre nuovamente al tanking. I processi di ricostruzione sono sempre lunghi, ma a Phila li hanno resi interminabili.

WESTERN CONFERENCE #14: SACRAMENTO KINGS. Altra parte del troncone finale della Western Conference, tra cui identificare migliori e peggiori è impresa ardua. Il piazzamento al decimo posto della scorsa stagione era arrivato con Rondo nello spot di PG, che riusciva a far in qualche modo quadrare il gioco dei Kings. La prossima stagione vedrà probabilmente realizzato il sogno di un ruolo da titolare di Darren Collison. DC è un playmaker di tutto rispetto, con una discreta dose di punti nelle mani, ma rispetto a RR meno abile come difensore e nel dare ritmo alla squadra. Per il resto il roster dei Kings non ha subito grossi cambiamenti. L’addio di Belinelli ha portato in California Aaron Afflalo da NY (carissimo a 12,5 milioni annui), che dividerà i minuti con McLemore e la scelta #22 Malachi Richardson, shooting guard da Syracuse di cui avevamo già parlato bene al momento del draft. Le altre scelte di Sacramento potrebbero non essere così pesanti nell’economia della squadra. Skal Labissiere era inizialmente stimato come una delle primissime scelte, salvo poi deludere innumerevoli aspettative ed essere chiamato per ventottesimo. L’haitiano da Kentucky ha indiscutibilmente del talento, a non convincere sono però stazza, forza, resistenza fisica e capacità di incidere (per intenderci, alto 10 cm più di Matt Barnes e meno pesante). Dovesse trovare anche solo 2 di questi 3 elementi potrebbe essere un colpo importante. L’altra chiamata al draft, il greco Papagiannis, risulta di difficile comprensione: lo spot di Centro a Sacramento è ingombrantemente occupato da Cousins ovviamente titolarissimo, Cauley-Stein e Kosta Koufos (entrambi centri purissimi) da riserve. Tanto per rendere le cose ancora più complicate, i veterani arrivati in estate (Matt Barnes e Ty Lawson) vanno ad arricchire uno spogliatoio che va ad assumere le forme della polveriera, dominata dal già più che instabile Boogie. Per fare in modo che questa squadra possa portarsi più in alto occorrerebbe una buona chimica di squadra, il cui raggiungimento non sembra affatto semplice almeno nell’immediato. Servirebbe inoltre che Rudy Gay smetta di essere solo una gran macchina da stats e che magari cominci ad incidere veramente affiancando Cousins al comando.

PAYROLL: milioni 96. Pressochè identico ed in alcuni casi superiore a quello di squadre molto più ambiziose ed attrezzate. L’incerta permanenza di DMC apre una moltitudine di scenari difficilmente prevedibili per il futuro. L’unica certezza è che questa franchigia spende più di altre come Boston, Utah, Minnesota e OKC che hanno mezzi migliori nel presente ed ambizioni decisamente più nitide dei Kings.