Pubblichiamo la seguente nota della società A.S. Pistoia Basket 2000 contenente le dichiarazioni del suo capitano Giacomo Galanda.“E’ l’una di notte e in serate come questa un giocatore di pallacanestro andrebbe a letto felice o addirittura continuerebbe a fare festa con i compagni di squadra ancora per un po’. Abbiamo vinto il derby contro Siena e abbiamo giocato una delle migliori partite dell’anno battendo quella che io reputo sia la squadra che attualmente gioca la miglior pallacanestro in Italia. Eppure non mi sento tranquillo e anzi sento l’amaro in bocca… La mia unica presunzione è di essere una persona onesta, e forse proprio per onestà intellettuale sento che non posso non scrivere queste righe. Il rischio di sembrar patetico è alto. A cosa mi riferisco? All’episodio della gomitata che ho ricevuto durante il match di stasera da Benjamin Ortner e da tutto ciò che ne è seguito. Ricostruendo la MIA dinamica dei fatti, la MIA decisione (ma credo anche quella del resto del PalaCarrara, tifosi senesi inclusi) sarebbe stata il fischio di un fallo antisportivo ai danni del giocatore della Mens Sana, ma fidatevi che l’espulsione non sarebbe stata di troppo. Ammetto di aver adottato io stesso una difesa al limite del fallo nell’azione di gioco, ma la terna arbitrale aveva deciso di lasciar correre, essendo l’andamento della partita piuttosto “fisico”. Una volta indietreggiato ho visto che il mio avversario ha controllato dove fossi ed in seguito ha lasciato partire una violenta sbracciata che tutt’ora mi causa un discreto mal di testa. Sono finito a terra tenendomi il volto perché oltre ad aver visto “nero” per qualche attimo provavo una forte fitta alla tempia, tant’è che sono stato raggiunto dal nostro dottore e dal massaggiatore. Per fortuna mi sono ripreso presto e me ne sono tornato in panchina con la borsa del ghiaccio sulla tempia. Fosse stato il ! gomito e non il braccio a colpirmi, non credo che avrei accusato solo il mal di testa… A parte la pericolosità del gesto di Ortner, che posso forse anche giustificare con l’agonismo della partita, e a parte quello che secondo me rimane un enorme errore arbitrale che potrei altresì classificare come una madornale svista, quello che NON giustifico in NESSUN modo è l’atteggiamento arbitrale nei confronti di una tale situazione! Quando mi sono alzato e ho visto che la palla tornava nelle mani di Siena mi sono meravigliato non poco: nessun provvedimento per una gomitata del genere? Ma lasciamo correre… A questo punto, dall’arbitro Gianluca Mattioli, mi è stato contestato in tono ironico, senza per di più accertarsi delle mie condizioni, di essere “morto” in campo dopo essere stato “appena toccato” e di “essermi rialzato dopo un attimo”. In sostanza di aver fatto una sceneggiata, visto che per FORTUNA o forse per CASO non ho avuto conseguenze serie. Ma lasciamo perdere anche questo… > Alla fine vinciamo la partita, festeggiamo con i nostri tifosi e rientriamo negli spogliatoi. Incontro Gianluca (Mattioli) e forte anche del fatto che ci conosciamo da più di venti anni inizio una frase: “Non voglio far polemica, oltretutto abbiamo vinto, ma ti posso chiedere…” Avrei voluto spiegare la mia versione dei fatti a partita finita e chiedere la sua opinione, per poterci chiarire e chiudere il discorso con l’idea magari di poter dare un feedback importante per un’occasione futura. No, nulla di tutto questo! Mi è stato negato il confronto con uno sprezzante: “Lasciami stare, mi hai preso in giro! Eri morto in campo!” No, non ho lasciato stare! Ho risposto che quello preso per il c*** (purtroppo questo il termine che ho usato) mi sentivo io. In risposta mi sono beccato una serie di epiteti quali “disonesto” e di espressioni del tipo “mi hai preso in giro davanti a tutti”. Testimoni di questa conversazione sono tra gli altri anche il resto della terna arbitrale (Denis Quarta e Carmelo Lo Guzzo) e Fabio Facchini, valutatore arbitrale. Alzando un po’ il tono della voce, ma senza offendere nessuno dei presenti, spiazzato per il tipo di reazione del mio “interlocutore” ho solamente aggiunto che esiste la possibilità di controllare il video dell’accaduto e che gli stessi avversari si sono scusati dell’episodio (ringrazio a tal proposito Tomas Ress ed altri giocatori, ahimè non Ortner, della Mens Sana per essersi accertati delle mie condizioni, anche nel prosieguo della partita). A questo punto Fabio Facchini, vista la situazione, mi ha consigliato di andare verso il nostro spogliatoio in quanto quella non era “zona di franchigia”. Ovviamente rientro in spogliatoio, come consigliato. Finita lì? Quasi… Caso vuole, che alla fine della cena con la squadra, dopo la partita, mi accorga che nello stesso ristorante sia ospite anche la terna arbitrale. Forse troppo testardo o ingenuo, chiedo a Gianluca di avvicinarsi e gli porgo la mano in segno di riconciliazione, sperando di poter chiarire una volta per tutte quanto accaduto e con la volontà di chiudere un episodio che mi aveva comunque amareggiato. Ma davanti a me trovo l’arbitro Mattioli che si avvicina, mi stringe la mano, rincarando: “Eri morto! Eri morto in campo”, aggiungendo: “Sei anche stato squalificato: almeno io sono stato chiaro con te, no?” Come reazione istintiva, lascio la mano e rispondo che se vuole continuare così è inutile che io sprechi fiato e parole. Scende il gelo al nostro tavolo e vedo lo sconcerto negli occhi di mia moglie e degli amici che sono con noi. La domanda che si fanno tutti è “Perché quel tono? Perché quelle parole? Non ti ha nemmeno chiesto come stavi…” Arrivo alle conclusioni. Che motivo ho io, padre e giocatore di 39 anni, di fare una sceneggiata in campo facendo preoccupare la mia famiglia a bordo campo, fortunatamente seduta nel lato opposto rispetto all’accaduto, cadendo a terra dopo un colpo alla testa? Vi rispondo io: nessuno! Ancora: c’è bisogno che un giocatore si faccia seriamente del male per sanzionare un gesto del genere? Ma soprattutto (e qui arrivo al punto che non mi fa dormire) quand’è che ci si potrà confrontare veramente e serenamente tra arbitri, giocatori e dirigenti? E quando si smetterà di vivere in due realtà parallele: quella delle società e dei giocatori che vincono e perdono sul campo una partita, e dall’altra quella decisa a posteriori al chiuso di uno spogliatoio arbitrale dove vengono prese decisioni incontestabili? Gianluca, so che per te questa partita non era semplicissima da arbitrare, lo dico in tutta onestà e fuor d’ironia, ma non posso pensare che la persona che conosco da una vita sia la stessa che ho incontrato stasera. Uso te, oggi, come esempio di una situazione che non può continuare ad essere tale. Sono stato squalificato? Va bene, pagherò. Ma lo scopo è far pagare o cercare di migliorarsi? Ci fossimo confrontati nel post partita, non sarebbe stato meglio per entrambi? Il rispetto non può essere preteso da una sola delle due parti. Le decisioni prese dall’alto non fanno che creare ulteriore attrito tra arbitri e società/giocatori, anche perché molto spesso non si comprende il metro utilizzato nelle diverse occasioni e potersi confrontare, magari a fine partita e non sul momento, potrebbe stemperare certe tensioni. L’obiettivo comune dovrebbe essere quello di cancellare il più possibile il grado di soggettività nella valutazione delle situazioni, in campo e fuori. Le regole non possono non essere chiare e condivise da arbitri e squadre, dal momento che il nostro gioco non può prescindere dal prezioso lavoro di entrambi. Si eviterebbero equivoci e i “due pesi e due misure” che troppo spesso si verificano. Sperando che questa lettera abbia un qualche destinatario, cordialmente, Giacomo Galanda.”

Facendo seguito alle parole del proprio capitano, l’A.S. Pistoia Basket 2000 Giorgio Tesi Group, nell’esprimere la propria totale solidarietà a Giacomo Galanda, auspica che lo spiacevole episodio di domenica possa essere quantomeno l’occasione per porre l’accento sulla questione del rapporto umano fra arbitri, giocatori e tesserati tutti. Questa società, già in altre occasioni purtroppo coinvolta in situazioni poco piacevoli aventi per protagonisti i direttori di gara, nel riconoscere e apprezzare la bontà dell’opera di chi ogni domenica permette il regolare svolgimento di migliaia di partite in ogni categoria, si augura che in futuro certi equivoci non debbano ripetersi, ma che il buonsenso (invocato anche dal presidente federale Petrucci) di un sano e onesto confronto a fine partita, quando la tensione agonistica si scioglie, possa prevalere su un orgoglioso e antipatico rifiuto al dialogo.