Il sogno di riportare in alto la pallacanestro italiana, il sogno di avere più giocatori italiani protagonisti nel massimo campionato, il sogno di avere più spettatori nei palazzetti, il sogno di avere più coperture mediatiche e più telespettatori, il sogno di avere più sponsors e più risorse… ma per fare che? Per restare ancorati ad un passato che ci penalizza e ci mortifica?

Troppi questi sogni, da parte di chi – Lega e FIP – non si è ancora reso conto che un intero mondo sportivo è cambiato, che la globalizzazione e la Legge 91 hanno radicalmente rivoluzionato il modo di concepire lo sport professionistico (almeno in Europa, visto che negli States funziona così da più di un secolo), che il vetusto diritto sportivo – che prevede la promozione in categoria superiore se vinco il campionato e la retrocessione in quella inferiore se arrivo ultimo – non si più applicare “tout court” al professionismo, dove le regole sportive sono imprescindibilmente legate a regole economico-commerciali e che a fronte di corposi investimenti un qualsiasi imprenditore serio non potrebbe mai rischiare di fare un salto nel buio nell’ipotesi di una sventurata retrocessione..

I sogni della Lega e della FIP non hanno niente di fascinoso: cambiare poco per non cambiare nulla, ovvero il passato che ritorna nella vacua speranza che tutto torni come prima, quando la scuola italiana produceva talenti, quando gli sponsor facevano la fila per entrare nel nostro mondo, quando c’erano migliaia di spettatori ogni domenica e quando questo modello nel suo insieme pareva funzionare …

Oggi non è più così.

L’elezione di Marino a Presidente di Lega non va nella direzione giusta e non perché lo si giudichi come uomo e come persona ma proprio perché la sua elezione (14 voti su 16 con le esclusioni di Roma e Bologna) sta a testimoniare la mancanza di tutta una seria progettualità orientata al futuro. Un futuro di una Lega staccata totalmente dalla FIP, con un solo campionato professionista e professionistico (perché più di uno non ce lo possiamo permettere…), con l’istituzione delle franchigie, la costruzione o ristrutturazione di palasport (magari legati agli sponsor ed in questo l’ipotesi del nostro Enrico Campana di un palasport chiamato Armani Cultura a Milano ne è l’esempio lampante), nessun limite per la nazionalità dei giocatori (nel professionismo “serio” non esistono distinzioni tra italiani, stranieri, passaportati, extracomunitari..) infrastrutture adeguate, senza promozioni o retrocessioni, con arbitri professionisti pagati dalla Lega, con un commissioner indipendente dalle società-franchigie e manager a tutto campo come il David Stern del 1984 che letteralmente prese la NBA sull’orlo del collasso per portarla a dove la conosciamo e che sappia trovare risorse in ogni dove e che sappia programmarne ogni aspetto di un progetto di tale portata rivoluzionaria , dal marketing generale (sponsor , TV e web ) al merchandising (un unico fornitore per tutte le divise delle squadre della Lega, stile NBA). Una Lega forte e indipendente, con un progetto del genere avrebbe certamente un appeal notevole e potrebbe andare a bussare a molte porte; onestamente credo che alla lunga tutto questo si possa realizzare ma bisognerà partire da qualche “visionario” e mecenate… Armani, se ci sei batti un colpo! Se Milano cambiasse strada e tirasse la carretta invece che seguire la strada degli altri, credo che a ruota lo potrebbero seguire Roma, Bologna, Napoli, Torino…

Ripensiamo il basket in grande altrimenti vivremo alla ruota delle nazioni come Spagna, Francia, Turchia e dell’emergente Germania…

Si lasci alla FIP tutto il resto dei campionati minors, totalmente dilettanti, dalla A alla C, e per i quali possa valere ancora il principio del diritto sportivo. La provincia è importante perché crea la base sulla quale poi costruire tutto il movimento.

Non tutti i sogni sono uguali ma la FIP e la Lega sembrano ancora oggi spettatori di contorno, alla ricerca di Puck, il personaggio della celeberrima commedia del grande drammaturgo William Shakespeare, che da lassù ci guarda e ride di noi…