E lo Sweep arrivò: contrariamente al 2017 gli Warriors hanno celebrato (108-85) in fredda terra straniera il quarto Titolo della loro storia.

LBJ già rincasato mentre ancora l’ultima sirena echeggiava, la festa di Golden State è stata piena per i cuori e modesta per l’ambiente. Oltre ad essere avvilita per la sconfitta (prevista, ma del previsto assai peggiore), la folla dei Cavs era anche scura perchè guardava al futuro che attende la franchigia: la standing ovation, tributata all’uscita dal campo quando mancavano poco più di 4 mins alla fine, al peggior LeBron dei PO (23-7-8, solo 13 tiri, 6 perse, tanta pessima difesa) è stata molto probabilmente il saluto al Campione. Si potrà dire che chiude come aveva iniziato: solo 2 gli 0-4 negli ultimi 15 anni, entrambi subìti dai Cavs del Prescelto (l’altro vs gli Spurs nel 2007). Del futuro di LBJ parleremo nei prossimi giorni, ora celebriamo la W di GS con i dovuti onori ai protagonisti.

Kevin Durant: back-to-back la squadra, btb anche lui come MVP delle Finals. Perdonata la brutta Gara1, esaltati la meravigliosa Gara3 e lo sforzo multidisciplinare che oltre ai 32.25 pti di media lo ha portato a 10.75 rebs, 7.5 ass (a fronte di sole 2.25 perse, ratio superiore a 3), 2 stoppate a gara. Probabilmente al personaggio seguente non importa nulla, ma il Finals MVP ha ancora una volta evitato le mani di

Steph Curry: KD è un giocatore sublime, ma secondo noi il vero e unico motore degli Warriors è Steph, e stavolta aveva almeno le stesse carte per meritare il riconoscimento. Probabilmente lui è sempre talmente presente, necessario, parte così integrante della esistenza stessa della franchigia e del gioco, che alla fine a brillare negli occhi dei più sono altri giocatori. Eppure senza questo uomo non esisterebbero né gli Warriors né il basket come è oggi. KD gioca splendidamente, e in modo quasi irreale per uno di 211 cm, ma gioca il Basket creato da Curry. In ogni caso, altrettanto probabilmente, Steph paga la bruttissima Gara3, però ne ha giocate due meravigliose: Gara2 col record di triple e stanotte (37-6-4 con 3 rec e 3 stoppate, eh già..) con la concentrazione del volerla chiudere subito.

Gli altri due grandi Guerrieri, Dray-G e FratelloSplash Klay, hanno fatto il loro, eccellendo o provando ad eccellere nei momenti e negli spazi lasciati da Durant e Curry. In particolare Klay ha giocato sull’infortunio causatogli dalla improvvida e involontaria scivolata “alla Forray” di JR Smith in Gara1. Ha starreggiato quando doveva, nella prima e nella seconda, poi ha avuto problemi anche di falli nelle due gare a Cleveland. Green è stato persino meno fastidioso del solito con le sue proteste a prescindere e infatti ha beccato solo un tecnico e nessun flagrant, risultando determinante e spettacolare nei reparti difensivi (2 stoppate e 1.5 rec di media) e di cura della palla e del gioco: miglior assistman con 8.25 di media (Steph, per dire, ne ha 6.75).

Non si può dimenticare coach Kerr, che è passato attraverso il peggior periodo di salute della propria vita tra 2016 e 2018, risultando sempre attento e capace, e costruendo un laboratorio cestististico che a volte pare addirittura troppo avanti per i tempi.

Rimane una conferma che è anche una piccola pernacchia a tutti i detrattori: tanti infatti, compresi moltissimi commentatori americani, avevano sottovalutato l’importanza di Iggy per questa squadra. Stanotte si è toccata la valenza di questo giocatore nel momento di maggior difficoltà degli Warriors. Si erano fatti rimontare 11 pti dai Cavs, e si sono ritrovati sotto di 1. Nel secondo quarto GS (anche per i falli precoci di Klay) era costretta a schierare quintetti con pochi tiratori affidabili, a volte  Steph da solo o KD da solo. Nick Young non era infatti ipotesi praticabile: troppo molle in difesa (e KD gli ha urlato: Nick keep your xxxxxx ass down!!! dopo che Young era saltato su una finta di James causando un And1). Ci ha pensato il vecchio Iggy: 3/3 da 3 e molte paure passate, tanto che dal 39-38 per Cleveland si sarebbe andati al riposo 61-52 GS. 61 pti in un half giocando senza Klay: la grandezza di GS è qui, la capacità di reagire alle linee di passaggio per Klay occupatissime, alla prevalenza dei Cavs a rimbalzo offensivo e all’impatto inizialmente positivo che aveva avuto il pino di Cleveland nei confronti di quello californiano (con Hood, Green e Nance a produrre qualche punto ma soprattutto tanta difesa e molti extra-possessi). Il  plus/minus della panchina dei Cavs at the half era mediamente di +5, quello dei titolari, James ovviamente compreso, -14. Il terzo quarto sarebbe stato come sempre il Regno dei Guerrieri: differenziale positivo stavolta +12, e resa di fatto dei Cavs.

The King non è morto, ma è in partenza: non ha salutato bene la propria gente e non ha salutato affatto gli avversari; dalla parte di Golden State, se si esclude qualche imminente sicuro problema nel far quadrare i bilanci contrattuali, l’età dice che Steph è il più vecchio ma ha solo 30 anni, Thompson-Durant-Green hanno 28-29-28. E’ già una dinastia (3 Anelli degli ultimi 4, e quello del 2016….chiedere all’Ufficio Punizioni di Vandeweghe più che ai Cavaliers), ma è ben lontana dal tramonto.