Se vi chiedono a bruciapelo i 5 migliori giocatori NBA, facilmente il risultato sarà: James, Leonard, Antetokounmpo, Harden, Davis.

4 di essi giocano già ad Ovest, l’unico “orientale” è l’oggetto della (non solo) nostra ipotesi di trasferimento nel West. I tre più brillanti (Zion, Luka, Ja) tra i giovanissimi futuri dominatori sempre ad Ovest giocano. 15 dei primi 25 marcatori sono ad Ovest: i 10 dell’Est rappresentano solo 8 squadre, perché contemplano le coppie Tatum+Kemba e Giannis+Middleton, mentre sono 11 le squadre della Western Conference rappresentate.

Che si tratti di talento, di efficacia, di futuro o di punti segnati (quindi divertimento) l’Ovest è prevalente sull’Est, che pure a livello di competitività generale ha recuperato parecchio: perché ad Est ci sono quasi tutti i coach più validi. Stevens, Nurse, Budenholzer, Spoelstra, Atkinson: sono in gran parte loro e alcuni altri colleghi a tenere a galla la Eastern Conference. Ad Ovest nelle squadre di vertice troviamo personaggi non del tutto convincenti: Vogel, Doc, D’Antoni, Donovan…hanno tutti palesi difetti, che il valore assoluto di Snyder, Malone, Carlisle riesce solo in parte a compensare.

La NBA potrebbe non vedere di buon occhio una trade che cambierebbe di nuovo a totale favore della Western Conference l’appena ritrovato equilibrio tra le due parti del campionato. Non solo: un contratto di 4 o 5 anni firmato dal Greco per Golden State avrebbe conseguenze anche sul valore finanziario della Associazione. Il “plus” di valore che GS (già franchigia “top”) guadagnerebbe, difficilmente sarebbe pari al “minus” che registrerebbe la franchigia a Milwaukee, causando una perdita per la lega. Prima dell’arrivo di Kidd in panca e come GM (qualcosa di buono ha fatto) e del Greco in campo, i Bucks erano per distacco la franchigia NBA meno preziosa, sempre in bilico tra sparizione, spostamento, sostituzione (il ritorno, da tanti agognato, dei Seattle Sonics è stato accantonato nel momento in cui la gente del Wisconsin è tornata ad andare a vedere i Bucks comprando le magliette di Giannis). D’altra parte, il marchingegno messo in piedi dagli Warriors è esattamente quel che la NBA cerca, intende e premia quando fissa e gestisce regole come il Salary Cap: capacità di visione e progettualità geniale ma anche accurata sono fattori che contano quanto quel che avviene sul parquet. Nell’ottica di un intervento d’arbitrio della NBA sulla trade, il risultato del confronto tra fattori negativi / positivi non è sufficientemente netto, anzi: aumentando lo squilibrio tra Conference potrebbe accelerare la decisione di rimodellare i PO facendovi accedere le migliori 16 senza distinzioni territoriali. Considerando anche le conseguenze (Lakers fuori dai PO dal 2013 al 2019 compreso, Kobe costretto a fermarsi a 5 Anelli) dell’ultimo intervento pesante, quello con cui impedì il passaggio in gialloviola di Chris Paul, la NBA potrebbe davvero starsene buonabuona, consegnando altri 3-5 anni di dinastia alla Bay Area.