Abbiamo una Finale: é Warriors vs Cavs, e si farà attendere una settimana.

Atlanta Hawks (1) – Cleveland Cavs (2). Serie chiusa 0-4. Il -30 portato a casa dagli Hawks in gara4 è significativo di una cosa: i ragazzi di Budenholzer non ne avevano più, e come capita a volte nelle umane cose hanno lievemente accelerato la fine delle proprie sofferenze. Tutta l’intensità se ne era andata con gara3, e per la seconda alla Quicken Loans Arena, pur potendo contare su Al Horford non sospeso dalla NBA, non erano rimaste provviste nella mente di Atlanta. I Cavs, inoltre, hanno, forse casualmente forse no, giocato la loro parte di mind-games: hanno fatto tornare Irving pur conducendo la serie 3-0, e Kyrie ha sparato una partenza da 7 punti nei primi 9 della squadra, facendo percepire che proprio non c’erano chances per gli oppositori di Cleveland. In questa Finale di Conference gli Hawks hanno sempre tirato sotto al 45% generale, con una punta negativa di 40.8%, e una negativa da 3 attorno al 13%. Il loro gioco organizzatissimo e bellissimo ha perso fluidità al livello-playoffs, e si è sentita la mancanza di un tipico go-to-guy. Nulla si deve togliere al lavoro eccellente di Budenholzer, e ricordiamo che anche Gregg Popovich dovette aspettare il suo terzo anno, e l’accoppiata Robinson-Duncan, per vincere il primo Anello. Si tratta di trovare un elemento che, per esempio nel ruolo di 2 andando a portare Korver in panchina, dia alla squadra punti, imprevedibilità e autorità. Un uomo iconico, infatti, come James, Curry o Harden, non è utile solo per l’apporto tecnico, ma anche per quello ambientale: si tratta di giocatori dalla personalità forte, capaci di drenare o capovolgere qualche fischiata, e capaci di proteggere ed aumentare il livello e le motivazioni dei propri compagni. Il che è esattamente quello che sta facendo in questi Playoffs LeBron James. Oltre che del gioco di livello assoluto di LBJ vorremmo parlare, però, del lavoro, congiunto a quello della sua star, di coach David Blatt. Primo anno su una panca NBA: vieni David, ti diamo un gruppo di giovani con cui arrivare al Titolo in qualche anno;…no guarda David, ti abbiam preso James e Love, bisogna che vinci il Titolo. In questo frangente si inserì il primo capolavoro del duo: James alla conferenza di presentazione disse di essere a Cleveland per vincere, ma di non poter garantire il Titolo subito, anzi, di non vedere la squadra pronta per un grande risultato immediato. Pressione tolta dal campo e dalla panchina: il primo mattone della costruzione che, dopo le difficoltà di amalgama della prima parte di stagione, ha portato i Cavs ad essere la migliore squadra dell’Est dal 13 di gennaio (19-20 di record) in poi. Ora la Finale li vedrà diretti almeno due volte verso la Bay Area, e la Oracle Arena, per un confronto che, una volta di più quest’anno, porta aria fresca nella NBA: due rookie coaches che si affronteranno per il Titolo.

Golden State Warriors (1) – Houston Rockets (2). Warriors in Finale, Rockets battuti 4-1. L’esito giusto e atteso da 40 anni nella Baia di San Francisco. Arriva al termine di una gara che non è stata semplice per Curry&co, travagliati da problemi di falli e da momenti di paura per contatti duri subiti dai propri giocatori (dopo il volo di Steph in gara4, una terribile botta all’orecchio per Gemello Klay e una gomitata di Howard ad Iggy su un blocco). Nel momento del 4′ e 5′ fallo quasi consecutivi di Klay Thompson nel secondo quarto gli Warriors per la prima volta quest’anno sono apparsi smarriti. Hanno scioccamente dilapidato 10 punti di vantaggio, e si sono trovati con una gara da ricostruire nonostante la loro efficace difesa su Harden. All’inizio del terzo periodo, poi, l’incidente a Thompson, con la gara ancora in bilico, faceva pensare alle innumerevoli vite che i Rockets hanno dimostrato di possedere. In quel momento, però, un uomo è venuto fuori dalla pancia del roster di GS, un giocatore non sempre visibile ma dal talento indiscusso e proveniente da North Carolina, una scuola che insegna a venire fuori quando c’è bisogno: Harrison Barnes ha infilato 9 punti consecutivi per dare ai suoi il vantaggio di 11 punti che si sarebbe rivelato decisivo; per lui sono stati 15 nel quarto periodo, su 24 totali. Di GS si parla sempre in funzione degli Splash Brothers, del grande apporto di Green o del lavoro del rookie coach Steve Kerr. Quello che segna spesso la differenza, però, e di certo lo ha fatto stanotte, è la loro difesa. Dopo aver dipinto la Cappella Sistina in gara4, James Harden è stato costretto a un 2/11 dal campo, e al record di palle perse nei Playoffs: 13. Dopo 40 anni gli Warriors hanno vinto il Titolo di Conference, e sono attesi da quello che tutti vedono fin dal primo match dell’anno: il Titolo NBA. I Cavs proveranno a fermarli, ma la prova offerta contro i Rockets è stata abbastanza significativa del livello di durezza che i Californiani sanno sopportare, e il mio pronostico va verso di loro.