La NBA è a meno 7 dalla riapertura, grazie al cielo. Non un Power ranking tradizionale quest’anno, ma 3 puntate: le 6 franchigie migliori, le 6 peggiori e le 6 domande più interessanti.

Organizzate non per Conference, ma All-NBA. Non fra un anno o due, ma è questa la direzione che la Associazione prenderà, rimanendo le divisioni territoriali solo per ragioni amministrative. Oggi le migliori 6 squadre sulla carta: nella mia visione, i vertici della NBA stanno perdendo una caratteristica che pareva ineluttabile, ed il meglio del meglio mi pare concentrato soprattutto ad Est.

1 – L.A. LAKERS. Corazzata. La perdita di Rondo si sentirà, ma il GM Pelinka ha operato una off-season antologica. I Lakers, oltre ai picchi James e Davis, dispongono ora di una profondità invidiabile. Alla formazione capace di vincere il Titolo hanno aggiunto Marc Gasol, Dennis Schroeder, Wes Matthews, Montrezl Harrell. Andando a tamponare la partenza di RR con un giocatore più votato a segnare, incrementando il livello di intelligenza in campo con Gasol, migliorando la già solida difesa con Wes figlio di Wes il Varesino e aggiungendo un lungo-non lungo che pare fatto apposta per giocare sia insieme che al posto del Monociglio. Manca sempre un 2 di talento superiore, se proprio si deve trovare un difetto, e LBJ avrà un anno in più: intendo dire che, ammesso l’abbia, la data di scadenza è per forza più vicina. Ma nono e decimo sono Gemello Markieff e Caruso, 11 e 12 McKinnie e Cook, ex Warriors: con questa profondità solo il Cielo è limite. Anzi: solo un Repeat.

2 – MIAMI HEAT. Geniali. Sono andati benissimo dietro a Pelinka, acquisendo difesa e trepunti con Bradley+Harkless, e Riley-Spoelstra sono stati geniali nel non inseguire il miraggio Antetokounmpo, nel rimanere con tutti i loro assets in mano. La squadra che non ha vinto il Titolo anche per via di qualche infortunio di troppo torna migliorata: nel loro caso il tempo gioca a favore, miglioreranno Bam, Herro, Robinson e il poco celebrato ma importantissimo Nunn. Anche loro hanno un ex Warrior (Iggy) e rispetto ai Lakers hanno tratto vantaggi dal Draft: il Prezioso Preciuos è uno steal, e faremo il tifo per l’Italiano che rimpiazza il Beli, Paul Eboua, Italo-Camerunense. Infine: dategli tempo e assenza di infortuni e Meyers Leonard sotterrerà i minuti di Olynyk.

3 – BROOKLYN NETS. Imprenditoriali. Per dire: sono la sola franchigia in cui, nel sito, sotto alla voce Team, compaiono prima i Corporate Partners rispetto al roster dei giocatori. Chiarito l’ambiente che si respira ai Nets, resta da vedere quando il loro assetto si potrà definire completato. Lo spettro di James Harden e delle sue bizze si aggira sulla NBA, una delle destinazioni possibili essendo BKN. Allo stato attuale, la domanda è: Kyrie? E’ lui la principale incognita della stagione broccolina, molto più del recupero effettivo di KD o di Nash in panchina. Il roster non ha punti deboli: a dispetto della infinita duttilità di KD i Nets hanno due di tutto, compresa la possibilità di cedere Irving, grazie alla presenza di Dinwiddie e di uno degli arrivi meno strombazzati ma più importanti, a mio parere, della off-season, Landry Shamet. Il dodicesimo oscilla tra Kurucs e Tyler Johnson: se Nash e il suo staff riescono a forgiare una squadra, Nets in corsa per le Finals.

4 – MILWAUKEE BUCKS. Si cambia. L’anno scorso avevano puntato sulla profondità. Pur non abdicando del tutto alla strategia, hanno pensato di aggiungere prima qualità, e poi pensare al resto. Leggete in questo senso l’arrivo di JRue Holiday: gioca indifferentemente da 1 a 3, insieme e senza Middleton, risolve i problemi in pg non del tutto scomparsi, difende da Primo Quintetto NBA. Ora i Bucks hanno almeno un Big 2,75 (combinando Middleton e Lopez), ed hanno aggiunto tiro da 3 con Bryn Forbes e difesa con Torrey Craig (due ottimi arrivi). Resta apparentemente molto alta e molto in sospeso la scommessa su DiVincenzo, la sola vera guardia pura del roster. Il resto è tutto Rocci, nel senso di vocabolario di greco.

5 – BOSTON CELTICS. Nerdizzati. Hanno ancora, forse, qualche freccia nella faretra degli scambi, ma è chiaro che i Celtics hanno dato tutto in mano al loro coach. Brad Stevens, il nerd più nerd della NBA, ha ora una formazione che risponde in toto (o quasi) ai suoi canoni. Il quasi è Kemba Walker, che ha fallito la prova del primoprimissimo livello ed ha un ginocchio ballerino, ma è pur sempre un pluri-AllStar. Hanno blindato il futuro di Tatum e Brown, e risolto il problema della leggerezza nel pitturato: Tristan Thompson non stoppa molto, si porta appresso la sfiga di chi entra in contatto con il clan Jenner-Kardashian, ma è un grandissimo giocatore. Teague non dovrebbe far rimpiangere Wanamaker (molto sottovalutato), ma soprattutto Danny Ainge ha consegnato a Stevens il pino dei suoi sogni. Apparentemente una panchina leggera e troppo giovane, ma perfetta per come Stevens gestisce i cambi: vuole giocatori prettamente situazionali, in grado di dare 30 secs e 1 stoppata e tornare a sedersi (ogni riferimento a Tacko Fall à voluto). Inoltre dal Massachussetts mi arrivano news di grandi progressi da parte di Robert Williams.

6 – L.A. CLIPPERS. Convalescenti. Devono riprendersi dalla bombardata del fallimento in the bubble: cambio di allenatore e alcuni arrivi non hanno risolto tutti i problemi strutturali. Non hanno una pg che possa cambiare registro: Pat Beverley e Reggie Jackson sono molto simili e non hanno nelle vene il ritmo del vero playmaker. Probabile si cominci a vedere molto più spesso un Kawhi usato à la LeBron, da point guard vera e propria: potrebbe portare a Leonard la leadership che gli manca, il saper migliorare e non solo trascinare i compagni. Gli arrivi di Batum – Ibaka – Kennard portano qualità, trepuntismo, difesa, e sono chiaramente dei “plus”: meno responsabilità al povero Lou Williams, anche, che non sembra ma va per i 35. Le ferite dello scorso anno sono state tante e profonde: la psiche andrà restaurata, non solo il gioco; a tal proposito incombe la maledizione-gag lanciata dall’ex coach Rivers… “Guardate che Ty (Lue, il nuovo coach) era di fianco a me l’anno scorso”. Clippertown, frazione di Paperopoli, dal lato di Paperino. Per chi nei Nineties si fosse imbattuto nella fisicità un po’ spaventosa di Richard Coffey, sf di 196 x 98: suo figlio, più smilzo (201 x 95), gioca per i Clippers (e sua figlia Nia nella WNBA). Ma papà Richard è un soggettone, ne parleremo.