Dove eravamo rimasti? Ecco un’altra puntata dell’osservatorio NBA di Baskettiamo.

Dopo i 60 di Klay (punti, avendo in mano la palla per 88.3 secs…..) e i 60 di Larry The Legend (anni), dopo la sospensione di una gara che Rajon Rondo ha subìto dalla sua stessa franchigia per aver fatto di nuovo il discolaccio, ecco che nella notte NBA appena trascorsa vengono infranti due primati, o meglio: due strisce, una di W e una di L. Erano di scena anche gli Warriors, i cui dati non sono solo impressionanti, ma, ancora più importante, sono divertenti.

UNITED CENTER, CHICAGO. SA SPURS 91 – CHICAGO BULLS 95
Record interrotto. Si ferma a 13 la striscia di W fuori casa che durava dall’inizio dell’anno per gli Spurs. Capita a Chicago, buona squadra e quindi nulla di grave per SA, ma le facce di Pop fin dai primi minuti di gioco erano irresistibili: pareva sapere che i suoi avrebbero perso. In effetti alcuni dati lasciano vedere come l’apparizione chicagoana sia stata davvero la peggiore degli Spurs finora: 17 pti nel primo quarto (minimo stagionale), partenza da 2/12 combinato per Aldridge e Ginobili (che terminerà la gara 0/9), 8 perse nel primo tempo. Inoltre una schiacciata sbagliata a campo aperto (dopo un suo recupero) da Jonathon Simmons, che è un buon giocatore di basket, ma saremmo stati curiosi di vederlo in atletica leggera: siamo certi che molti detentori di primati mondiali (scegliete voi la disciplina) stanno tirando sospiri di sollievo. Dall’altra parte, i Bulls (per i quali ogni gara è una specie di conferenza che Wade tiene a Jimmy Butler: impressionante lo scambio tra i due, e scambio a senso unico, dal vet verso il ragazzo) si giovavano del ritorno (dopo due protocolli per concussion) di Dougie McDermott, che metteva subito una bella impronta sulla gara con tripla bissata da contropiede. Contropiede? Ecco RR, che chiude sfiorando la tripla-doppia (12-10-9), si fa perdonare dai compagni e soprattutto assurge al ruolo di refettorio personale di Taj Gibson. L’arrivo di Rondo (ovunque arrivi) causerà sempre qualche problema di disciplina alla franchigia interessata, ma porterà anche la magica rigenerazione di qualche giocatore. Taj Gibson è l’esempio lampante: è tornato quello di 3-4 anni addietro, dopo due stagioni davvero deludenti. 4 dei nove piatti di RR sono stati serviti a lui. L’avvio è stato la chiave della gara: abbastanza pigro da parte degli Spurs, come visto, e il +13 dell’intervallo, siglato da una tripla di D-Wade, si è rivelato margine sufficiente nonostante il ritorno degli Spurs dopo the half. Sempre abbastanza spento Parker, ha giocato bene Mills (16-2-1-con 2 rec), e, nonostante una discreta prova, a Pau (13-10-3) non è riuscita la partita dell’ex. Solito migliore in campo per i texani: The Hidden MVP (ormai ci siamo rassegnati a non vederlo mai su quel trono) Leonard con 24-8-5. Chicago ha avuto il quintetto in doppia cifra (Wade 20) e rotazioni ristrette a 4 giocatori: i 3 di essi più impiegati fatturano insieme 26+17.

SMOOTHIE KING CENTER, NEW ORLEANS. PHILADELPHIA 76ERS 99 – NO PELICANS 88
Record negativo interrotto. Per una squadra che perde la prima in trasferta, eccone una che vince la prima on the road. I 76ers erano in striscia negativa fuori casa da 23 partite e da 46 settimane: avevano vinto l’ultima volta ad Orlando il 20 Gen scorso. Hanno battuto in rimonta i Pelicans, sempre più derelitti. Demotivati. La china che sta prendendo la squadra di New Orleans è molto pericolosa, perché la loro stella, Anthony Davis, è nervosa, e ha un atteggiamento che chiaramente dice: non è colpa mia se facciamo schifo….anzi, se fate schifo. Il Monociglio frustrato lo si vede anche dal mulinar di gomiti messo in scena prima con Saric poi con Embiid, e il Croato non è stato certo a guardare, anzi. Se dovessimo dire ora quale sia la franchigia NBA con il più alto rischio di sparizione/delocalizzazione entro il prossimo quinquennio (forse per fare spazio a Seattle) diremmo che è proprio Nola. La passione del pubblico c’è, anche se lo Smoothie King Center si riempie di più, classicamente, dopo dicembre/Gennaio, quando finisce il Football e non ci sono più i Saints che giocano. Però a furia di sconfitte inguardabili qualsiasi fan si raffredda, e sarebbe un peccato, perché lo sport ha giocato un ruolo davvero centrale nel ricostruire un’identità cittadina dopo lo sfacelo di Katrina. Davis è blindato da un contratto appena firmato e pesante, ma non sono pochi i GM della NBA che sono anche capaci di organizzare una trade e risistemare il proprio salary cap, pur di avere una stella come lui. L’altra stella di serata era Embiid, che ha giocato una gara di media portata, ma ha mostrato per tre volte qualcosa di abbastanza unico per uno della sua stazza: è capace di piegarsi ad “altezza pg” per rubare palla ai piccoli dal palleggio; è accaduto 3 volte stanotte, e con una velocità di piedi da lasciare a bocca aperta. Come quasi tutto quel che fa questo sicuro Rookie of the Year che, in meno di 24’ di gioco, porta a casa di media 18+8 con 2,5 stoppate. Grande gara degli europei (Ilyasova 23-Chacho 16-Saric 13: Darione in molti rankings è secondo dietro a Embiid nella caccia al Titolo di ROY) ma la nostra nota di merito va a Nik Stauskas, che sembra aver ripreso il proprio talento dal banco dei pegni dove lo aveva lasciato: ha mollato due piccioni nel finale, ma fino a che la gara era viva ha tenuto 5/5 dal campo (2/2 da 3) e ha chiuso con 14-2-5. A parte il Monociglio, a Nola si salva un mirtillo dei nostri: Galloway, 19 dal pino col 50% sia da 2 che da 3.

VIVINT ENERGY ARENA, SALT LAKE CITY. GS WARRIORS 106 – UTAH JAZZ 99
La squadra più bersagliata e danneggiata dagli infortuni, gli Utah Jazz che solo l’infermeria sempre piena tiene lontani dalla grandezza, ospitava i GS Warriors dei mille record, tra cui quello riguardante le 4 gare dicembrine finora disputate: vinte con una media punti segnati di 130. L’inizio è stato scioccante per Utah, che andava al primo riposo breve down 35-17, dopo aver subìto un parziale arrivato a 29-1. Troppa superiorità addormenta, però, e nel quarto periodo i Jazz, con una tripla di Joe Ingles, riducevano lo scarto a -5. Rimettevano a posto le cose due magie di KD (tra cui una di insolita forza bruta spazzando via il difensore in contropiede) e due perse di Gobert. Nei Jazz record stagionale per Mack (15) e career high per Ingles (21 con 5 triple). Come sempre vi aggiorno sullo score del Trio tutto insieme: 57-22-8 con Klay a soli 10; dopo che nella gara dei 60 di Thompson GS aveva avuto 45 canestri assistiti sui 54 totali, stanotte si sono fermati “solo” a 26/39, “solo” il 66% dei panieri. Non dimenticate la lista infortunati dei Jazz: mancavano Hill-Hood-Hayward-Favors, e siamo a tutto il quintetto base a parte il Francese. E’ tutto l’anno che va avanti così, tutto l’anno che i Jazz vanno in campo con minimo uno starter in tribuna, e sono 14-10. Miracoli veri da parte di Snyder, lo staff e tutti i giocatori.

Miracoli forse no, ma continuando nella nostra panoramica arriviamo a Memphis, Tennesee: dove da 5 gare giocano senza Mike Conley, e son 5 gare che vincono. Stanotte contro Portland forse avrebbero dovuto scollinare anche un OT, se non ci fosse stato un fallo non intelligentissimo di Lillard su Toney Douglas (11-1-3, e l’ennesimo pensiero su dove poteva arrivare con una testa diversa), abile comunque nell’indurre la pg dei Blazers alla mossa falsa. Gasol 36-9-2, finalmente si ricorda di andare a rimbalzo; per Portland Evan Turner al primo vero acuto oregoniano: 15-10-2. Ritorno in campo di Zach Randolph dopo il periodo di assenza seguito alla scomparsa della madre nel girono del Ringraziamento. Completano il tabellone i Raptors che contro i T’Wolves vincono in casa, ma in un’arena e con divise che richiamavano l’avventura dei Toronto Huskies: la squadra di basket pro della città canadese che giocò una stagione (una sola): 1946-47, la lega allora si chiamava BAA e gli Huskies chiusero 22-38, sciogliendosi nell’estate (perdonatemi…). Infine Washington in rimonta beffa Denver, con Gallinari spento (14-4-1 con 1/8 da 3)