Sesta puntata e prima del 2016 del consueto appuntamento col meglio ed il peggio della NBA, stavolta podio da 5 per il top ed il flop delle feste della lega d’oltreoceano.

TOP

5. Sul gradino più basso del podio il TD Garden di Boston. La rivalità più accesa della lega andava onorata, e questo non è mancato, ma onorato anche l’avversario per eccellenza degli ultimi vent’anni alla sua ultima partita sul campo di mille battaglie di Boston. Gli executive dei Celtics gli regalano un tassello del parquet del Garden, sugli spalti lo fischiano finché c’è un pallone da giocare ma ad inizio e fine gara si sente un solo suono: “Kobe! Kobe!”. Era già circolata una lettera di un tifoso dei Celtics in cui si annunciava una simile accoglienza, ma mentre tutte le arene d’America lo stanno salutando, a Boston non era così scontato che succedesse, sicuramente non in questi termini. Quando sei Kobe Bryant una partita del genere non puoi far altro che vincerla, 15 punti 11 rimbalzi ed ottima gara di squadra per regalare al mamba l’ultima gioia sul campo più pesante di tutti per un gialloviola.

4. Quarta posizione per il vero miracolo della baia. Se Steph insegna la sua pallacanestro e Klay completa la coppia di migliori tiratori del mondo, Draymond Green fa in modo che i campioni siano tali. Due triple doppie consecutive contro Kings e Hornets per lui, se ci ricordiamo che gioca da 4 con un fisico da ala piccola ed essendosi costruito le mani di una guardia, si capisce dove sia il miracolo: nella testa. Non è da oggi ma Draymond giocatore universale di professione, fa sempre la scelta giusta e gioca ogni possesso sui due lati del campo con tutta l’energia che ha. Il suo posto se lo era guadagnato proprio con la grinta, e lo ha consolidato insegnando come si gioca a gente entrata nel giro una ventina di scelte e milioni prima di lui. Draymond Jamal Green è quello che ti succede quando scegli alla numero 35, gli osservatori degli altri hanno capito poco e gli dèi del basket sono dalla tua parte.

3.I record di franchigia non sono sempre necessariamente delle grandi notizie, ma se giochi a Chicago fuori dal palazzo c’è scolpito qualcuno che li possiede quasi tutti, di conseguenza se lo batti qualcuno devi essere.
Jimmy Butler segna 40 punti nel secondo tempo battendo il record di Air Mike che aveva segnato 39. Il sempre più leader di una delle migliori dell’Est vince uno scontro importantissimo per la Conference difendendo assolutamente da toro e con l’80% al tiro. Per uno con la sua storia è già incredibile essere lì, se batte anche mezzo record di Jordan nessuno di noi ha più scuse quando non raggiunge ciò che vuole.

2. Da un finale memorabile ad un altro, secondo posto per Paul George nella vittoria dei suoi Pacers sui Detroit Pistons. Andare sistematicamente in isolamento e fare palleggio arresto e tiro non è mai la migliore scelta possibile, tuttavia nessuno può dirti niente se negli ultimi 4 minuti lo fai 7 volte e 7 volte muovi la retìna. Non è la prima e temo non sarà l’ultima volta che PG compare in questa rassegna. Non lo dico più, ma questo ha rischiato di diversi ritirare ed ha mezza gamba di meno.

1. Primo posto strameritato per coloro che come i grandi professori ci hanno spiegato e fatto amare più di tutti questo gioco. I San Antonio Spurs hanno raggiunto un impressionante 20-0 in casa, dove casa loro non è esattamente l’arena più calda del mondo. Secondi ma non troppo nella Western Conference trascinati da Kawhi che nelle ultime 17 gare tira 35/64 da 3, qualche mese fa qualcuno deve avergli detto di lavorare sul tiro, facesse solo questo sarebbe soltanto un buon giocatore ma sembra molto, molto di più. La ventesima grande W in casa arriva contro i Rockets, gara numero 1360 di Tim Duncan, che dopo 19 anni ci fa leggere per la prima volta uno zero a referto. Tim ha sempre parlato poco ed è primo in classifica quando tace del tutto. Vedendo cosa fanno quasi a metà stagione aspettiamo con sempre maggiore ansia i playoff, ci sarebbero anche altri pronti a presentarsi ma una finale dell’ovest Spurs-Warriors potrebbe quasi far diventare meno affascinante il turno successivo.

 

FLOP
1. Tra i meno peggio perché si tratta di una situazione individuale più che per altre ragioni Kyle Korver. È vero che i grandi tiratori continuano a tirare anche quando la palla non entra, ma questa palla tende proprio a non entrare più. Periodo di grande difficoltà per uno che ha basato una carriera intera sul tiro, ma che quando comincia a perdere efficacia sparisce dalle partite. L’anno scorso la sua sola presenza in campo faceva in modo che le difese dovessero adattarsi e muoversi in modo diverso, quest’anno KK è molto meno credibile e gli Hawks non volano più così in alto (non solo a causa sua). Scarse percentuali, a volte radenti lo zero, di un giocatore del genere derivano dal fatto che non può prendere sempre i suoi tiri migliori dagli scarichi e probabilmente da una mancanza di lucidità e fiducia che speriamo tutti possa ritrovare al più presto.

2. Seconda posizione occupata da un’altra squadra che non è esattamente una new entry. Avevamo gia parlato dei Milwaukee Bucks ma aspettavamo il ritorno di Jabari Parker e magari un’inversione di tendenza. Parker sembra essere ben lontano dal giocatore che aveva fatto riempire i taccuini di tutti gli scout appena due anni fa ed i Bucks continuano a fare fatica. Giannis discontinuo ultimamente e MCW evanescente, attacco in mano quasi solo a Middleton e Monroe nelle ultime uscite, dire che non ci siamo è un eufemismo.

3. Quanto ci piacerebbe vedere Danilo Gallinari giocarsi qualcosa di importante? Probabilmente piacerebbe molto anche a lui, e se non fosse stato per i tanti infortuni precedenti alla proposta non sappiamo se quel lungo contrattone lo avrebbe firmato. Per il momento i Denver Nuggets sono una squadra che si balocca bel al di sotto della zona playoff e che non sembra avere strumenti per risalire. L’ultima delle 6 sconfitte di fila arriva contro i Portland Trail Blazers, dimostrazione del fatto che per battere i Nuggets basti una o anche mezza superstar che sia in serata.

4. Situazione molto simile a quella del gallo è quella di Anthony Davis, ma in questo caso le proporzioni del disastro sono ancora più preoccupanti. L’anno scorso era sempre il monociglio a trascinare i Pelicans più o meno da solo. In questa stagione non è la prima volta che NOLA compare tra i flop, ma è una di quelle squadre dalle quali ci si aspettava una ripresa che sta decisamente tardando ad arrivare. Probabilmente il roster di Gentry non è il massimo per andarsi a giocare il meglio del meglio ma sembra che lo stesso che l’anno scorso conduceva la stessa barca verso lidi migliori dopo aver firmato il suo primo contratto da superstar non abbia più la stessa fame di prima.

5. Brutta fine e peggior principio, i peggiori di questa puntata sono senza dubbio i Phoenix Suns. Dall’ultimo episodio di questa rubrica i tifosi dei Suns hanno visto solo sconfitte, più avanti soltanto dei Lakers al momento. Due delle ultime sconfitte arrivano proprio contro i Lakers ed i 76ers, decisamente un indicatore della condizione di questa squadra. La franchigia dell’Arizona appare anche mal gestita, un roster di ottimo potenziale coronato da un inefficace a dir poco Chandler, e dalla cessione del gemello di Markieff, che scontento non ha mai inciso quest’anno. L’unico alibi che ci si sente di dare ai Suns è quello di aver perso per l’intera stagione Bledsoe, perdoniamo sì, ma con le dovute riserve, anche con Bledsoe ancora in campo non assistevamo a spettacoli incredibili. Le poche vittorie arrivavano spesso grazie a miracoli individuali e poco altro. Tanti auguri a Brandon Knight rimasto solo con coach Hornacek a cercare di non far spegnere il sole.