Il dottor Fausto Deganutti è stato negli anni del boom del basket un “garantista”, quella corrente dei Vitolo e Duranti famosa per le alte percentuali di vittorie nelle loro trasferte che negli anni di Baskettopoli ha lasciato il posto ai cosiddetti arbitri “pro e straprò” come Gianni Montella parlando col suo collaboratore Baldini – ma poco ascoltato dai gestori del basket quando andando a fondo, accertate le sue tesi, non si sarebbe arrivati alla vicenda Mens Sana – definiva alcuni fischietti con nome e cognome in un’intercettazione telefonica che da dirigente responsabile indicava come l’apparato arbitrale fosse pericolosamente vicino a Siena.

Giusto sentire l’ex fischietto come esperto di queste problematiche dopo la lettera che ci ha inviato con la quale replicava all’anatema della Fip nei confronti degli arbitri che decidono di dare il loro contributo anche nelle gare dei benemeriti Enti di Promozione, una risorsa per il basket.

Troviamo l’ex arbitro Deganutti alle prese con le problematiche di fine anno del Liceo Sportivo Volta che dirige, per la parte tecnica, dalla sua fondazione. Questo lavoro, insieme a quello di artista (sta preparando una mostra piuttosto importante per gli inizi di ottobre dedicata alla madre, ha già pubblicato un libro dedicato alla moglie..) non lo distoglie da quello che è stato, ed è, un grande amore: il basket.

Com’è iniziata questa avventura affascinante?

«Frequentavo l’ambiente del CSI di Udine, in quanto presidente di una società parrocchiale che svolgeva attività di tennis tavolo. Giocavo anche a basket, in modo indecente ma mi piaceva. Così colsi al volo l’occasione di un corso per arbitri organizzato proprio dal CSI, uno di quegli enti di promozione che il Vice Presidente Laguardia aveva messo nel mirino per il divieto di arbitrare da parte dei fischietti FIP. Una vera stupidaggine. Era il mese di settembre del 1969, a quel corso eravamo iscritti in oltre ottanta ragazzi. Di questi in tre arrivammo in serie A e cinque in serie B».

Lei ha diretto 13 anni in serie A, è stato presidente del comitato regionale Friuli V.G. e consigliere nazionale sotto la presidenza Maifredi. Cosa è cambiato in questi ultimi anni?

«Così a spanne mi sembra che la pallacanestro non sia più quella di una vola. Ora ci sono muscoli spaventosi, gente che salta come grilli ma tecnica ben poca, il fattore fisico ha preso il sopravvento. Sull’aspetto dirigenziale negli ultimi anni si è fatto pochissimo per sviluppare il movimento. Ci sono nuove regole ogni settimana, le società più piccole non sono più in grado di sostenere le spese e quindi costrette a ridimensionare o a chiudere. Non abbiamo più visibilità. Pensi che su Sky possiamo vedere le gare di Snooker a tutte le ore, le gare di freccette (maschili e femminili), quella cosa orrenda che è lo sci con tavole ma non vediamo basket se non quello NBA. Credo, visti i risultati, che di tutto questo non interessi a nessuno. Quando sedevo in Consiglio Federale avevo più volte messo in evidenza l’aspetto turistico di decine di persone ad ogni più piccola trasferta di qualche minuscola nazionale. Spese folli, senza senso. Vedo che nulla è cambiato, quello che mi rattrista è che nessuno osa dire nulla, tutti in silenzio con complicità omertosa».

Ora sembra che molte cose stiano per cambiare nel grande basket?

«Io ci credo poco. Devono togliere, per la prima cosa, la regola della cessione dei diritti sportivi. Ai miei ragazzi a scuola dico che per raggiungere un obiettivo lo devi guadagnare con la volontà e il sacrificio; non si può comperare tutto. Si fanno campionati a 40/50 squadre se ci sono altrimenti ci si ridimensiona giocando in modo pulito mettendo in campo anche i nostri ragazzi. Un movimento che vede una squadra vincere 7/8 campionati di fila non è credibile, perde interesse anche perché intorno a questo problema nascono sospetti e paure. Abbiamo visto che anche il calcio ha sofferto questo aspetto. Negli ultimi decenni abbiamo perso città importanti come: Torino, Genova, Livorno, Trieste, Udine. Gorizia, Treviso, Napoli ecc., questo è stato un danno d’immagine fortissimo. Non capire queste cose è un suicidio».

La prima cosa da fare?

«Togliere immediatamente la tassa di valorizzazione per giocatori che provengano da società che non esistono più. Ridurre i costi della burocrazia federale e ridistribuire i tagli alle società che fanno veramente pallacanestro cioè quelle più piccole. Ridisegnare tutti i campionati , soprattutto quelli minori, per contenerne i costi, dare una giusta dimensione al settore arbitrale senza interferenze di carattere politico-federale».

Sembra che Lei parli da dirigente Federale?

«Non è mia intenzione fare più il dirigente, mi piacerebbe dare una mano ma capisco che non ho molto gradimento ai piani alti della struttura, non bisogna fare per forza una cosa. Ho smesso anche con la politica molti anni fa. Dicevo le stesse cose che molti dicono ora, purtroppo io ero in anticipo».

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