Carmelo è tornato e sta andando meglio del prevedibile.

Non ha fatto il miracolo, perché dal suo ritorno è 4 vinte e 5 perse, ma era eccessivo attendersene da un giocatore inattivo che nella NBA non ha mai avuto la capacità di trascinare da solo la propria squadra ad obbiettivi prestigiosi. Ci è riuscito 16 anni fa, a Syracuse, con la vittoria del titolo NCAA; poi nel tempo ha vinto con Team USA, ma in quel contesto aveva 9 o 10 compagni forti quanto e più di lui. Ha tuttavia trovato un contesto appropriato nei Portland TrailBlazers. POR è guidata da una coppia di sottovalutati: coach Stotts e Damian Lillard, e con loro riesce quasi sempre ad ottenere un po’ di più rispetto le aspettative. Quest’anno, però, le cose si erano messe subito malissimo: anzi era dalla fine degli scorsi Playoffs che andavano male. L’eliminazione dei Blazers dalla post-season era avvenuta anche a causa della terribile frattura alla gamba occorsa a Jusuf Nurkic, il centro bosniaco che in Oregon si stava costruendo una reputazione da Top 10 NBA Centers fatta anche di molte piccole cose, come 3.2 assists, 1 rec e 1.5 stoppate. Nurkic è ancora in via di recupero, è stato rimpiazzato tra i titolari da Hassan WHiteside, che non gli è pari, e per tutto l’anno i Blazers han perso dopo la prima settimana di gioco il lungo più talentuoso, Zach Collins. Tutto questo nella stagione in cui han detto addio ad Aminu, Ed Davis, Mo Harkless, Seth Curry e Meyers Leonard, ovvero nell’ordine: difesa ed equilibrio, difesa e rimbalzi, difesa e duttilità, triple, triple. Nessuno di questi giocatori era stato sostituito adeguatamente, ma probabilmente lo staff non si aspettava un rendimento così basso da parte dei nuovi. Whiteside è un passatore quasi nullo, non solo in termini di assists ma soprattutto per incapacità di ribaltare il campo: quando il pallone è in mano sua o è ingaggiato nel suo pick and roll, quasi sempre la conclusione arriva da quel lato; Bazemore aveva già dato segni di sparizione negli ultimi 2 anni ad Atlanta: il bel giocatore che era non pare esistere più ed anche la difesa è assai poco efficace; Tolliver è inutile se non come specialista da 3 pti: solo che spara col 28%. I Blazers, da sempre Lillard e McCollum dipendenti, erano insomma diventati troppo scarni e prevedibili offensivamente. POR, nella versione con Lillard al comando, è sempre stata una squadra amante del gioco in isolamento, alternando appunto Dame e CJ: trovarsi priva di Nurkic e anche di Aminu ed Harkless (passatori sottovalutati) ha però di fatto bloccato e stereotipato l’attacco dei Blazers. Sono ultimi nella NBA per assists e penultimi per passaggi fatti, sono secondi per incidenza dei tiri in isolation. Dato che è molto più semplice ingaggiare un iso-player che rendere passatori 7 giocatori che non lo sono, ecco che si spiega l’ingaggio di Carmelo. Le 4 W dei Blazers dal suo arrivo sono giunte nelle 4 gare in cui Melo ha tirato sopra al 50%: un altro modo di dirlo è che nelle 5 sconfitte lui ha lasciato sul ferro 45 tiri su 68, più di due terzi degli spari. Senza Anthony la % di W dei Blazers era del 35%, ora è del 39, grazie anche a 3 successi nelle ultime 5 gare: un piccolo miglioramento si è verificato, ed in effetti, data la situazione, Anthony è stato richiamato nella NBA da un team che necessita proprio delle sue caratteristiche. Tra le quali, almeno finora, non si è fatta notare la peggiore: la capacità di rovinare lo spogliatoio, anche perché è atterrato nel regno di Damian Lillard: un boss vero, di quelli con cui è meglio non scherzare.