Giochino semplice, tanto per cominciare: cosa hanno in comune oggi Carlos Delfino e Toto Forray? Semplice, direte voi, sono ambedue giocatori di Serie A con passaporto italiano ma privi della formazione giovanile necessaria per considerarli autoctoni al 100%. Bravi, risposta corretta. Ed allora cosa li differenzia da John Petrucelli, Christian Burns o Jeff Brooks? Altra ovvietà: questi ultimi sono “azzurrabili” ossia per aver vestito la maglia della Nazionale maggiore hanno potuto ottenere l’equiparazione ai cestisti italiani di formazione.

E poi c’è chi, come Jayson Granger, pur essendo cittadino italiano iure sanguinis, risulta straniero seppur Bosman-A dunque comunitario. Un bel ginepraio, non c’è che dire, frutto di regole talvolta contorte e che negli ultimi diciotto anni sono cambiate più volte. E se oggi non sono più possibili operazioni come quelle di Cefalù in B o Roseto in B che imbottivano la prima squadra di argentini naturalizzati, occorre specificare che il serbatoio di cestisti di discendenza italiana da reclutare per la causa azzurra si è drasticamente ridotto. Ciò significa anche scelta ristretta tra gli elementi che possano offrire un apporto concreto alla Nazionale, riportando idealmente le lancette temporali indietro di decenni, a quando gli stranieri di passaporto italico erano pochissimi e solo il migliore tra loro poteva ambire a divenire una superstar tale a conquistare una convocazione in azzurro.

Qui affrontiamo una panoramica di oriundi più o meno celebri, tra giocatori che hanno fatto la differenza ed altri che hanno sprecato occasioni, sino agli “impossibili” ossia quelli che per vari motivi non ce l’hanno fatta ad entrare in questo particolare club. continua a pag. 27 di Basket Story #24 


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