Aprile 1983, Aprile 2023. Quaranta anni scivolati in fretta quasi senza accorgersene, quattro decenni intensi in cui il Mondo è totalmente cambiato, tra crolli di muri e regimi e un’invasione tecnologica smisurata e ormai fuori controllo, con il Dio Internet ad annullare le distanze, almeno quelle virtuali. Sono cambiate le mode, la musica si è trasformata progressivamente in rumore e la pandemia, seguita dalle scintille del conflitto tra Russia e Ucraina, ha creato nuovo dolore, povertà e divisioni, minando le certezze di un domani che arriva, ma che sembra in apnea, come cantava qualche anno fa Luciano Ligabue.

In ognuno di noi, però, c’è una ricchezza che nessuna tempesta riuscirà mai a scalfire, quella dei ricordi. Dammi solo un minuto, Banco, un soffio di fiato, un attimo ancora, perché sembra di sentirlo tuttora quel boato, espressione di gioia mista a lacrime, colonna sonora di un abbraccio profuso da 14.348 anime (record di pubblico mai infranto) in rappresentanza di una città intera, che tributava il giusto riconoscimento ad un gruppo d’acciaio plasmato da Valerio Bianchini per superare la Milano da bere di Mike D’Antoni e Dino Meneghin, guidata da un altro santone della panchina come Dan Peterson. 

Quel tempo è finito, l’abbiamo capito, ma dirselo è dura. La società capitolina, giovane e ambiziosa, seppe programmare accuratamente la propria crescita, trovando la quadratura del cerchio a poco più di 10 anni di distanza da quel 31 agosto del 1972, il giorno in cui era nato il binomio vincente fra la Pallacanestro Virtus ed il Banco di Roma… continua a pag. 18 di Basket Story #26 

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