Terzo semiquadro: che non esiste, ma mi sono infilato in questo cul-de-sac del gioco di parole e devo portarlo fino in fondo… Alcuni dei palazzi sono già in vacanza, insieme alle squadre, come uno di quelli di questa nota, per esempio Brindisi, mentre Roma è ancora in corsa e si appresta a fare una cosa giusta: tornare al PalaEur (o Lottomatica). Il primo è la quintessenza dei palazzi adattati ad uso di regolamento e poco di logica.

Nato per una realtà piccola, quando la squadra si è trovata in serie A è stata costretta ad aumentare la capienza mantenendo l’impianto a norma per l’antinfortunistica. Risultato? Un ibrido dove gli spettatori seduti sui nuovi posti raramente riescono a vedere decentemente e quelli del secondo anello spesso non vedono le linee laterali dell’area di gioco perché i camminamenti sono stati allargati a sbalzo verso il campo e questo toglie loro la visuale delle linee. Il discorso vale anche per le telecamere: le principali sono nel secondo anello e non vedono bene il gioco, mentre quelle in campo litigano spesso spazi e visuale con il pubblico messo già a dura prova da posti poco fruibili. Meno male che il pubblico pugliese è caldissimo ma corretto, ma si lavora sempre in condizioni al limite.

Roma invece, a parte il o i nuovi impianti in costruzione, i due tradizionali per la Virtus sono uno la miniatura dell’altro e tutti e due con vincoli architettonici che poco hanno a che fare con la flessibilità, che dovrebbe essere una delle caratteristiche principali di qualsiasi impianto sportivo. Le altre differenze? La capienza: il PalaEur del grande architetto Nervi per l’Olimpiade ’60 e dei pienoni per gli spareggi indimenticabili ignis-Simmenthal e più tardi i trionfi romani del Bancodiroma e l’Europeo ’91 dell’ultima Jugoslavia ; è stato per parecchio tempo l’impianto più capiente d’Italia, poi sono arrivate le nuove regole per l’antiinfortunistica, la sicurezza e la comodità dei luoghi pubblici e sono diminuiti radicalmente i posti.

Il Palasport di piazza Apollodoro è il PalaEur in scala ridotta con poche migliaia di posti, le peggiori luci (per la televisione) del campionato ex-aequo con il PalaBigi di Reggio Emilia, troppo angolate provocano riflessi impossibili per qualsiasi telecamera, oltre alle finestre che sono schermate poco e male e durante le partite diurne provoca ulteriori problemi. Tutti e due offrono immagini, quando si riempiono, molto efficaci. Simili al mitico PalaDozza di Bologna, dove dietro ogni primo piano di giocatore c’erano muri di gente, sono molto differenti nell’utilizzo degli spazi: Il PalaEur non ha problemi, puoi agevolmente mettere telecamere e apparecchiature dove necessario, Vip a parte, mentre l’altro costringe a lavorare discretamente impiccati per il poco spazio a disposizione.

Intanto continua il non basket attorno a storie che di pallacanestro poco hanno a che fare, Mps, Minucci, Lega, rifondazione del movimento, cambi di regole e quant’altro. Il tutto freezzato in attesa di chiarimenti da parte del mondo politico che poco ci azzecca…