Cinque ore di separazione… Si, lo so, erano gradi di separazione, non ore: ma io sto vivendo questa fine di stagione con lo spirito e il corpo dell’emigrante a tempo determinato, da Rio De Janeiro, da dove cercherò, compatibilmente con il dio calcio (rigorosamente in minuscolo), di seguirne le vicende. Scoprendo quindi se potrò cambiare la sciarpina Stefanel che da 18 anni sta appoggiata alla mia sedia in ufficio, se la prossima stagione il Basket (rigorosamente in maiuscolo), avrà migliori fortune, che normalmente si abbinano a migliori dirigenti e organizzazione, e se riusciremo a fare anche in Europa, quel salto di qualità appena sfiorato quest’anno.

Da lontano si dice che ci sia una prospettiva migliore, anche se si vedono poco i dettagli e da qui in Brasile, da questo grande paese con grandissime contraddizioni, si può veramente vedere quali e quante occasioni questo sport sta sprecando: non ci rendiamo conto delle potenzialità organizzative, sportive e operative dell’Italia fino a quando non si mette il naso fuori di casa propria. Così come si vedono anche le nostre contraddizioni: basterebbe un pò più di continuità e onestà d’intenti e un pò meno di furbizia da cortile e molti problemi si risolverebbero da soli. I magheggi nelle aree di potere, e quindi anche nel nostro sport, dovrebbero essere messi in secondo piano rispetto all’organizzazione.

Di un noto politico del secolo scorso si diceva “…Si, va bè, ha fatto gli affari suoi, ma il paese andava bene…”. Già questo sarebbe un passo avanti, e forse in quest’ottica che le ultime scelte fatte avevano privilegiato certi nomi, senza però portare all’altra metà dell’affermazione. Perché ultimamente quest’atteggiamento nelle aree di potere è diventato una regola, e ora che sembra ci siamo giocati uno dei migliori nomi sulla piazza, quello di Gherardini, bisogna avere il coraggio di fare delle scelte serie, operative e non politiche, qualcuno che scuota il tappeto sotto i piedi di certi pesi morti e apra le finestre per cambiare l’aria che continua ad essere di nicchia. Perché lì dentro sei in ombra, non ti vedono e puoi fare (e non fare) quello che vuoi. Progetti seri, a largo raggio: promozione, diffusione e comunicazione. Dalle famiglie, alle scuole, agli oratori, dovunque c’è aggregazione, le Università, lo sport all’interno delle aziende: ricordiamoci Borletti, Borghi e tantissime micro realtà divenute poi polisportive. Adesso, con i nuovi Media sarebbe ancora più facile: occorrerebbe certo un lavoro più capillare, perché se no rischi di essere una delle tantissime voci e finiresti nel calderone. Il basket ha l’appeal per riemergere e non limitarsi a galleggiare a mò di turacciolo sul pelo dell’acqua, ma venirne fuori alla grande!