Come vi trovate, cari aficionados, con le frasi idiomatiche/proverbiali?

Per esaminare i primi effetti della nuova “severissima” regola NBA anti-riposini ne faremo largo uso. Fatta la legge, trovato l’inganno: i riposini sono già arrivati, eccome. Donovan Mitchell, Darius Garland, Bradley Beal, Devin Booker, Jimmy Butler hanno già saltato partite, Embiid ci è andato vicinissimo ma alla fine ha giocato anche perché sui 76ers pesa già l’assenza di Harden: sono tutti nella lista dei 49 All-Star o All-NBA per cui varrebbe la nuova normativa. Il punto è che, come in una nazione che conosciamo bene, il testo è scritto così-così, e l’ultimo punto, Chapter 5, lascia aperta ogni situazione a un “previo colloquio” con la NBA. Tra le imperfezioni e le porte semichiuse si sono appunto mosse le franchigie. Alla NBA interessa in modo inderogabile che quei 49 siano presenti alle gare in TV nazionale e a quelle del nuovo In-Season Tournament. Sta per arrivare il nuovo accordo televisivo (di portata monetaria senza precedenti), il prodotto deve essere assolutamente perfetto quindi: Passata la festa, gabbato lo santo. Se giochi QUELLE gare, altre le puoi bigiare. Anche le franchigie sanno quanto sia importante il nuovo fiume di denaro in arrivo, ubbidiscono ma con slalom tra i paletti. Jimmy-B, per esempio, è stato fuori dopo aver giocato una gara National-tv, MIA ha previamente colloquiato con la NBA e il gioco è stato fatto con tanti saluti ai tifosi “live” di Minnesota (ne riparleremo tre poco). Ha contato molto il fatto che il giocatore sia un habitué dei riposini: per assurdo (o forse no, impossibile da dire) il fatto che non abbia giocato più di 65 partite dal 2019 è stato prova della reale necessità di non cambiarsi per gestire il proprio fisico (Butler ha avuto un serissimo infortunio in carriera e altri due non da poco). Nonostante studi condotti dalla NBA dicano il contrario, la politica medica delle franchigie segue la tendenza opposta: sono necessari riposi periodici, sono mediamente sconsigliabili stagioni da 82 gare a 25 mins di media (o più) in campo. Ecco perché, calendario alla mano, alla fine la periodicità del riposo sarà sacrificata rispetto alla somma del riposo totale e verranno, ce ne accorgeremo, piogge di riposini nei periodi meno densi di partite “obbligatorie”. Come l’inizio di stagione, le settimane prima/dopo lo ASG. Tornando a Minnesota: Cherchez la femme. Butler non ha più giocato a Minneapolis dopo il suo addio turbolento. Il motivo che sancì la fine di una convivenza da subito difficile e destinata a sciogliersi fu che a Jimmy non ne sfugge una, nemmeno l’allora fidanzata di Towns. Non essendo tra i pilastri storici/economici/tecnici della NBA, i T’Wolves e i suoi fans sono spesso penalizzati, la nuova resting policy è nata anche da sue episodi consecutivi capitati a Minnie: in fila per vedere in back-to-back prima GoldenState poi i Bucks, i tifosi videro 0 All-Star nel totale delle due partite. Era fine RS, Steph Giannis Klay JRue eccecc riposarono tutti. Per chiudere con un’altra frase proverbiale, arriva BJ Bickerstaff coach dei Cavs che hanno tenuto a sedere sia Mitchell che Garland, e non per una gara soltanto. A domanda sull’argomento, ha risposto: Beh, abbiamo un sacco di medici nel nostro staff e sapete, mio padre (altro celebre NBA coach) diceva sempre “Più medici hai, più malattie ti trovano”.