Riscosse di Cavs (all’ultimo decimo di secondo), Hawks (combattendo), Warriors (facile), mentre Houston non può più perdere. Ad Est pesano gli infortuni: Love, Gasol, Wall.

EASTERN CONFERENCE

Atlanta Hawks (1) – Washington Wizards (5). Serie impattata dagli Hawks: 2-2 e si torna in Gerogia. L’infortunio a Wall ovviamente pesa moltissimo. Pesa altrettanto il rendimento molto poco eccezionale dell’elemento fin qui più deludente di Washington: Nenè Hilario. Se non avevte visto la partita, vi basterà spendere un paio di minuti guardando, dopo aver letto il nostro recap, gli highlights di ESPN per contare almeno 5 indecenti difese o chiusure del Brasiliano, e riportarle sull’arco della intera gara4. Pur in una gara equilibrata fino agli ultimi secondi, con PP che non infila la tripla del 104-104 con 10 secondi da giocare, il vero solco viene scavato da Atlanta nel primo quarto, quando surclassa 18-2 Washington per punti nel pitturato. Il buco nero creato da Nenè (e parzialmente da Gortat) nel pitturato di Capitol City ha un doppio effetto negativo: crea punti facili per Atlanta e annulla il punto debole degli uomini di Budenholzer, il ruolo di centro. Per essere una gara importante di playoffs le due squadre hanno tirato bene, con gli Wizards attorno al 45% sia da 2 che da 3 e Atlanta oltre il 47% in entrambe le categorie. John Wall è ancora “doubtful” per gara5: chi lo conosce scommette che ci sarà, ma la fasciatura che ha mostrato ancora al polso è di quelle serie. Nell’ultimo gioco della partita, Carroll ha subito un forte colpo all’anca, e potrebbe esserci qualche dubbio sulla sua partecipazione alla prossima partita alla Philips Arena. Atlanta ha ripreso il fattore campo, ma non è ancora esattamente in controllo della serie. Però Wall serve, e subito..

Cleveland Cavs (2) – Chicago Bulls (3). Anche i Cavs si riprendono il fattore campo: 2-2 per tornare alla Quicken Loans Arena con meno angustie. L’infortunio a Gasol pareggia quello di Love a livello numerico, ma non effettivo, perchè l’importanza dello Spagnolo nel gioco dei Bulls è enormemente maggiore di quella del Californiano per i Cavs. La bellissima gara3 è stata seguita da un’altrettanto emozionante, ma molto più povera tecnicamente, gara4. Altra grande prova di D-Rose, che però è vistosamente calato nel finale. A circa metà del terzo periodo, in coincidenza con l’ultimo strappo dei Bulls, aveva 9-12 al tiro, il che significa che negli ultimi 16-18 minuti del match ha tirato 2-11 e i suoi soli due canestri sono specchio delle difficoltà offensive di Chicago, fermatasi a soli 16 pti nel quarto periodo. Quarto periodo che, invece, è stato il regno di JR Smith. E’ vero che LBJ ha infilato lo spettacoalre buzzer-beater, ma ha anche perso un mare di palloni potenzialmente decisivi negli ultimi  3 minuti. JR, invece, è stato il vero man of the match; ha chiuso da solo il gap che separava i Cavs dai Bulls entrando nell’ultimo quarto: 3 triple e 11 pti nei primi 4 minuti del quarto. Nota di merito anche per coach Blatt, che in assenza di Gasol ha deciso di far lavorare i lunghi dei Bulls non solo sugli aiuti, ma anche nella difesa 1vs1: la scelta si rivelava positiva anche perchè il 10-12 di Thompson-Mozgov-Perkins ha in parte arginato il 13-48 di LBJ-Kyrie-Shumpert, con il solo Smith, tra le guardie dei Cavs, a toccare il 50% al tiro. In una notte da 36% al tiro solo Rose si è salvato per Chicago, ma colpisce in ogni caso il 6/19 di Noah-Gibson, e il 2/16 di Mirotic-Dunleavy. Discreto Tony Snell: nell’ultimo break favorvole di Chicago a metà terzo quarto c’è stato anche molto di suo, con difesa, un tripla, 3 rimbalzi. Gasol è dato come improbabile per gara5.

WESTERN CONFERENCE

Golden Stati Warriors (1) – Mempis Grizzlies (4). Warriors con facilità nella seconda gara a Memphis, e serie pareggiata: 2-2. A fine gara Steph Curry ha detto una cosa motlo semplice: siamo stati noi stessi. Verissimo: la partita è stata una giostra in pieno stile Warriors, e non solo per il bottino e l’impronta (tornata quella che tutti conosciamo) degli Splash-Brothers (33 Steph, Klay 15, non ancora al suo meglio ma meno succube di Tony Allen): il ritorno a se stessi è certificato anche da tre minutaggi, Bogut 30, Lee 15, Livingston 16. I tre grandi sacrificati di gara3 si son ripresi campo e ribalta, e non a caso GS ha vinto. Il destino della serie è tornato nelle mani dei Californiani, e rivedere la Oracle Arena potrebbe dar loro un matchball da giocar fuori casa, in una partita che si preannuncia già da adesso come imperdibile.

Houston Rockets (2) – Los Angeles Clippers (3). Houston rivede approssimarsi l’eliminazione. Il fattore campo di cui abbiamo già parlato dovrà essere molto potente per risollevare questa squadra. Rispetto a gara3 Houston si è privata di 4 pti che i Clippers si sono aggiunti, per un sonoro -33. Nelle tre W fin qui registrate, LA ha vinto con 74 pti totali di distacco, media di 24.3 e minor distacco i 16 di gara1. La parola più gentile per spiegare la sconfitta sui media americani è stata: dismantle, Rockets demoliti, smantellati. McHale ha provato nel primo tempo a giocare allo Hack-a-DeAndre, ma non è servito, anzi il 14/34 finale ai liberi del lungo di LA è qualche decimale di punto migliore della media annuale. Liberi a parte, Jordan ha dominato le nuvole attorno all’anello e ha messo a terra Howard: DH è la strana combinazione di un ego enorme e di una fragilissima autostima, si è perso subito in faccete, mossette, litigi, falli sciocchi, finendo espulso per doppio tecnico nel quarto periodo, con 18 minuti di gioco penosi. Anche in panchina brutte notizie: McHale è stato dominato da Rivers. Doc ha trovato il modo di mettere sempre in difficoltà Harden a partire dal pick and roll: l’uomo difeso dalla Barba era sempre quello che guidava il p’n’r, e dato che i Rockets hanno scelto di cambiare sempre, JH si ritrovava in ogni occasione contro Griffin o Jordan, uno scontro fisicamente improponibile che creava facili canestri per LA.