7 partite nella notte NBA, che offre la curiosità dei 53 di Mo Williams mentre in un’altra gara tutti gli Heat ne fanno 78.

BANKERSLIFE FIELDHOUSE, INDIANAPOLIS: MINNESOTA T’WOLVES 110 – INDIANA PACERS 101
32 anni, 52 punti: Mo Williams è il più anziano cinquantellista dalla stagione ’85-’86 a regalare anche 7 assists, e offre un certo contributo alla prima W di Minnesota dopo 15 KO consecutivi. Il tabellino dice 19/33 dal campo, e CJ Watson, uno dei Pacers di cui il vecchio Mo ha disposto a piacimento, alla fine ha detto: “Davvero? State scherzando? Non mi è sembrato proprio che abbia sbagliato 14 tiri”. La gara ha avuto una svolta chiara a 5:47 dalla fine del 3’ quarto, quando Roy Hibbert, in un attimo di follia, ha tirato a terra per la maglia insieme a lui Gorgui Dieng, che lo aveva mandato su con una finta sulla quale Hib era saltato e ritornato sul parquet sdraiandosi: flagrant di tipo 2 ed espulsione diretta. Mo, che era comunque già molto avanti nel suo score, da quel momento ne mette altri 25, e il pubblico esce dal Target Center contento. Andrew Wiggins appoggia il sesto ventello nelle ultime sette, Dieng scrive 10+10. Indiana trova i suoi due CJ a 39pti combinati, ma Miles tira 2/10 da 3. Hibbert al momento dell’espulsione, con quasi 18’ ancora da giocare, era a 10+8.

WELLS FARGO CENTER, PHILADELPHIA: ATLANTA HAWKS 105 – PHILADELPHIA 76ERS 87
Questa gita a Philadelphia gratifica Al Horford con la prima tripla-doppia in carriera: 21-10-10 per il figlio di Tito. Che fosse una gita lo testimonia il fatto che Budenholzer, in pieno stile-Pop, tiene a totale riposo Teague-Millsap-Carroll-Antic, così da regalare a Mike Muscala (secondo anno da Bucknell) il primo quintetto della sua carriera, ricompensato con 6+9 e nessuna timidezza (10 tiri in 26 minuti); 5 minuti in campo (3+1) anche per Adreian Payne, altro pf, rookie da Michigan State, richiamato l’altro ieri dalla D-League. I lunghi dei Sixers si sono mostrati troppo teneri contro il solido Horford, ma la buona notizia è che si è visto tra i convocati il rookie più atteso, ancora mai sceso in campo, dei 76ers: la terza scelta assoluta Joel Embiid, centrone camerunense destinato secondo molti a essere dominante nei prossimi anni. Per ora lo è stato su Twitter, mostrando carica irriverente soprattutto nei confronti di LBJ: se capiterà al lungodegente Embiid di scendere in campo contro i Cavs in questa stagione, ci sarà da divertirsi. Kyle Korver ancora sopra al 50% da tre e dal campo (4/7, 5/8, 15-4-4); 20-7-9 per MCW.

VERIZON CENTER, WASHINGTON: SA SPURS 93 – WASHINGTON WIZARDS 101
John Wall (25-1-8) dimentica la partitaccia contro Atlanta e si distingue nella W dei Wizards sui Campioni. Oltre a lui, costante per tutta la gara e fisicamente incontenibile per le pg di SA, giochi importanti sono stati messi in opera da Bradley Beal (una stoppata su Parker per evitare il -3 a 4 minuti alla fine, e poi un’incursione a centro area per il +6; 13-5-3 in totale) e Kevin Seraphin (rimbalzo offensivo e canestro più fallo per pareggio e sorpasso, 86-85 a metà ultimo periodo; alla fine 17+8) terzo Francese in campo, il meno atteso ma alla fine senza dubbio il più efficace. Spurs ricevuti da Obama (competente e tifoso di Chicago), che nel discorso molto friendly e poco cerimoniale ha fatto un gran complimento a Marco Belinelli (“ci manca molto ai Bulls”), senza però che il Beli vedesse il campo per un piccolo risentimento all’inguine. La partita è stata equilibrata, e stanotte più che mai a San Antonio ha fatto difetto la mira, perché la qualità della pallacanestro espressa è stata elevata, come dimostrano le 26 assistenze su 38 canestri, e la costanza (24-24-24-21) dei parziali per quarto. Duncan 11+12, Parker 14pti ma solo 2 assists e tanta fatica in difesa.

TALKING STICK RESORT ARENA, PHOENIX: CLEVELAND CAVS 100 – PHOENIX SUNS 107
La NBA è IL campionato del mondo. Nessuna altra lega professionistica raggruppa a questo livello di visibilità, interesse e seguito il meglio dei giocatori presenti sul pianeta (la NHL ci va vicina, ma non è proprio la stessa cosa in termini di seguito ed esposizione). Il controllo che la Associazione esercita sulle franchigie ed i giocatori è abbastanza stretto, ci sono regole per qualsiasi cosa, dal Salary cap al merchandising al vestiario personale….ma la NBA resta una lega di giocatori, in cui le star hanno una certa influenza e le superstar ne hanno una ancora maggiore. Per quanto titolati e rispettati, gli allenatori sono una specie di anello debole in questo panorama. David Blatt è un uomo su una seggiola infuocata in questo momento. Non sono solo i risultati che non arrivano (sesta L di fila) ad accendere rametti sotto la sua seduta, ma anche le facce, gli atteggiamenti, di alcuni suoi giocatori, l’incostanza del loro rendimento, e infine alcune decisioni del coach; decisioni talmente strane o appariscenti da accendere sulla porta del suo ufficio il neon “nothing can intimidate me”. Dopo aver detto che Kevin Love non è giocatore da meritare un max contract, e dopo aver non mitigato ma contestualizzato l’affermazione (“parlavo nell’ottica generale del salary cap, Love è un grande giocatore”), ha tenuto il Grande Bianco (9+9, 27 minuti, 3/11) a sedere per 18 minuti durante la rimonta, sfortunata, dei Cavs a Phoenix. Va sempre ricordato che Love in difesa è un casello in sciopero, ma la scelta di Blatt è significativa ad ogni livello. La rimonta è stata propiziata da un terzo quarto irreale di JR Smith (29 con 4 recueri e nessuna persa) che ha segnato 5/5 da 3 punti, e anche dal contemporaneo panchinamento di Love e Mozgov (16 minuti, 2+6 con 4 perse). Blatt è andato costantemente con Tristan Thompson (uno dei migliori rimbalzisti per centimetro d’altezza della NBA) da 5, Smith-James-Irving, e poi Marion o James Jones a fare da collante difensivo. Proprio un paio di distrazioni dell’uomo da Miami U. (ex dei Suns, per i quali ha giocato dal 2005 al 2007) hanno però segnato gli ultimi due minuti dell’incontro, nei quali i Cavs hanno avuto solo 3pti da un and1 magico di LBJ e concesso due rimbalzi offensivi di troppo ai Suns. Nel momento di dominio Suns, coinciso con un +19 ad inizio del terzo quarto, l’uomo della partita era apparso essere Gemello Markieff (35+7), che in quel momento aveva già segnato 24 punti, disponendo a suo piacimento di Love. Nella rimonta di Cleveland entra anche la difesa migliorata sul gemello più forte, che tornerà a segnare solo nel quarto periodo, restando di fatto silente per quasi 10 minuti. Il problema per i Cavs sarà che negli ultimi 8 minuti Markieff ne metterà altri 11, mentre l’attacco di Cleveland si bloccava. Citazione d’onore per il guerriero PJ Tucker (10-4-3), autore di grande difesa su James e di alcuni giochi importantissimi come l’ultimo rimbalzo offensivo con cui si è guadagnato i liberi dei punti 104 e 105 che hanno chiuso la gara.

ENERGY SOLUTIONS ARENA, SALT LAKE C.: GS WARRIORS 116 – UTAH JAZZ 105
Se si è tifosi degli avversari degli Warriors, si può avere la certezza di vedere almeno un bello spettacolo di pallacanestro, in caso di sconfitta. Esattamente quello che è accaduto a Salt Lake City, dove è andata in scena una gara non particolarmente difensiva, spezzata dal terzo quarto di Golden State che ha piazzato un’accelerata (44-27 il parziale) insostenibile per i Jazz. Steph Curry (25-2-11) forse non sarà la pg più lineare del mondo, e nemmeno la più fisica e nemmeno una macchina da triple doppie, ma guida la miglior squadra della Associazione come un vero nocchiero, e raggiunge col suo basket livelli di “arte fragile” mai visti dai tempi di Pete Pistol Maravich. Per Utah Rudy Gobert (16-11-4 con 3 stoppate) e Derrick Favors (22+11) su tutti, mentre GS ha messo sei in doppia cifra, due uomini a 9 e uno a 8: segnaliamo la confortante prova del delicatissimo Bogut, con 8-9-3.

SLEEPTRAIN ARENA, SACRAMENTO: DALLAS MAVS 108 – SACRAMENTO KINGS 104
99 pari, palla Kings: un flop clamoroso di Tyson Chandler in cerca di fallo offensivo di DMC viene abboccato, amo-esca-filo, dalla lady-ref, ed esclude il centro di Sacramento dall’ultima azione. Carlisle con 21.7 secondi da giocare tiene fuori RR essenzialmente perchè titolare di uno 0/5 ai liberi. I Kings decidono di difendere, e Dallas non attacca, ma fa passare il tempo per chiudere con un pick and roll che porta al tiro Monta Ellis. Supplementari. Punto a punto, con Rondo protagonista di un’importante tripla per il 104-102, poi 103. Di nuovo a meno uno Kings, palla Mavs, 20 secondi da giocare…i Kings lasciano passare il tempo, e poi fanno fallo a poco meno di 9 secondi….PERCHE’? Questo, dicono molti a Sacramento, è quello che succede quando mandi via Malone per promuovere Corbin, e i commentatori di NBAtv non sono stati teneri stavolta con il coach dei Kings. Lo scambio finale di liberi fissa il punteggio, ma tra simulazioni, arbitra che abbocca, gestioni discutibili, gli ultimi 5 minuti e 22 secondi di questa partita non sono stati pregevoli. Carl Landry gioca con un polso praticamente rotto, e faceva fatica a stringere il pallone con la mano destra…ma nel primo tempo Rudy Gay era uscito per non tornare più, con una distorsione al ginocchio, obbligando il marine di Sacramento a stare in campo.

STAPLES CENTER, LA: MIAMI HEAT 78 – LA LAKERS 75
No, non mi sono fermato al punteggio del 3’ quarto. La sfida tra Pana ed Efes…….tra Lakers ed Heat è iniziata con 8 minuti di siccità per LA, interrotta da un jumper di Kobe quando gli Heat erano a 18. Non un esempio da far vedere ai ragazzi delle scuole-basket, ma almeno è stata ricca di pathos per i tifosi, perché la rimonta losangelina non si è compiuta per pochissimo: sotto 78-72, e con gli Heat scoreless per tre azioni di fila, Kobe ha avuto due triple: sarebbe servito un 2/2, ma la seconda, proprio sul buzzer, è finita sul primo ferro. A parte il Mamba Nero, il più efficace per i Lakers si è rivelato di nuovo Ed Davis, che sta guadagnandosi, a meno di decisioni imperniate unicamente sul salary cap, la conferma per il prossimo anno, in cui avrebbe un contratto da circa 1.2 milioni di dollari…very cheap dato il rendimento. Per Miami continua la cavalcata di Hassan Whiteside: 15+9 e 5 stoppate (specialità della casa) per l’uomo di cui abbiamo diffusamente parlato nello scorso recap. Hassan ha rivelato di trovarsi a Miami perché gli Heat son stati i primi a dargli fiducia quest’anno, dopo che molte squadre gli avevano rifiutato un workout di prova: tra queste non i Lakers, ma i Clippers sì, e Whiteside si era ampiamente vendicato due notti orsono…già che erano rimasti a Los Angeles, ha pensato di continuare. Bella prova anche per –Rio Chalmers (19-3-8), mentre dopo i 34 di Domenica, Bosh ha tirato con un misero 4/17.