Nella notte NBA era in programma Celtics – Lakers, e i biancoverdi hanno strapazzato i gialloviola. Cleveland continua a progredire, Housto e Spurs mettono vittorie importanti, mentre a Toronto inizia a pesare l’ assenza di DeRozan.

TIME WARNER CABLE ARENA, CHARLOTTE: NY KNICKS 102 – CHARLOTTE HORNETS 103
Gli Hornets tornano alla vittoria, ma, come tutte le squadre quando vedono la luce alla fine del tunnel, corrono rischi dettati dalla tensione. Nell’ultimo quarto i Knicks li rimontano quasi fino alla frittata fatta, sorpassano con una tripla di Anthony, ma non riusciranno a difendere il punto di vantaggio nell’ultima azione. Una squadra in crisi offensiva come Charlotte trova una gran partita in termini assoluti e di percentuali di tiro da Gerald Henderson: il figlio di Gerald Henderson (ex Celtics dell’ era Bird) ne infila 22 nel secchio, con 8/10 compreso un 2/3 nelle triple. Bene anche Stephenson e Biyombo, un po’ silente ma positivo BigAl, ancora serie litigate col canestro per Kemba Walker, che però non sbaglia il tiro della vittoria a pochi decimi dalla sirena. Nei Knicks giocano tutti, segnano in 11, ma un terzo della produzione è nella mano di Melo (32-7-4), aiutato soprattutto (ma con brutte percentuali) da Hardaway jr e JR Smith (13 e 14 rispettivamente).

TD GARDEN, BOSTON: LA LAKERS 96 – BOSTON CELTICS 113
29 assistenze su 46 canestri fatti sono il dato che inquadra quello che Tonino Carino da Ascoli avrebbe chiamato il Derby d’America tra due nobili momentaneamente decadute. Il dato racconta di un confronto tra una squadra vs un gruppo di giocatori che vestono la stessa maglia. Il protagonista assoluto è stato Tyler Zeller, che, mettendo il suo career high in una W sui Lakers, si candida a diventare di diritto uno dei beniamini dei tifosi del parquet incrociato: 24+14 e perfect game sfiorato, 10/11 al tiro. Bene anche Rajon Rondo, che ha sempre problemi al tiro (6/17, 0/2 ai liberi) ma sforna 12-16-8, e bella difesa di contenimento e sfinimento di Jeff Green su Kobe: l’uomo con la cicatrice da operazione al cuore ha lasciato a Bryant i tiri più complicati, facendo sì che la stanchezza e l’andamento sfavorevole del punteggio portassero il figlio di JellyBean fuori dal match. Dopo lo 0/10 di Lin contro Washington, il centro canadese di LA, Robert Sacre, ha scritto un bel 1/10: non invidiate Byron Scott.

WELLS FARGO ARENA, PHILADELPHIA: OKC THUNDER 103 – PHILADELPHIA 76ERS 91
Non era razionalmente accettabile l’immagine della vera OKC, con KD e Westbrook, perdente a Philadelphia, ed infatti non è accaduto. I Thunder hanno bisogno di ogni vittoria in una difficile rincorsa ai playoffs, resa ancora più ardua dal fatto che per qualificarsi ad Ovest bisogna mettere insieme un record attorno al 60%: ora sono 6-13. I Thunder, come tutti gi avversari dei Sixers finora, hanno diffuso i minuti tra tutti i loro giocatori, trovando 27-7-5 (ma 6 perse) da Westbrook, 9 rimbalzi e 2 stoppate (ma 0 punti) da Perkins e un 2/2 nelle triple da Serge Ibaka, che ha raffinato un tiro davvero affidabile. Philadelphia ha trovato il solito MCW da quasi tripla doppia a 16-7-14, Noel a 11+10, e confermato Robert Covington nelle vesti di scorer: 21 con 8/13 al tiro e 3 triple.

VERIZON CENTER, WASHINGTON DC: DENVER NUGGETS 89 – WASHINGTON WIZARDS 119
John Wall da tripla doppia sfiorata (9-8-12 in soli 28 minuti) nel trentello che i Wizards rifilano a una versione davvero povera dei Nuggets da trasferta. Washington è una squadra molto solida e lungo la strada sta trovando protagonisti che si aggiungono al nucleo forte della formazione…il tutto in assenza di Hilario, ancora fuori per la fastidiosa fascite. Humphries aveva preso 20 rimbalzi contro i Lakers, stanotte il ventello lo ha messo in punti, e se sommate i 16 che hanno portato sia Butler che Seraphin, sono 52 punti provenienti da rotation-men, un gran segnale per coach Wittman. Coach Shaw invece ha problemi nel dare continuità e la uruguagia garra ai suoi Nuggets, e forse l’ ex Messaggero Roma alcuni problemi se li crea: gioca ancora poco Danilo Gallinari (16 minuti, 7 pti, 2 rimbalzi ma soprattutto 0 assists, davvero strano per un giocatore come lui: che stia iniziando a scocciarsi?). Ty Lawson smazza 10 assists e cerca di tenersi in scia a Rajon Rondo nella relativa classifica..ma sarà durissima Ty, sei avvisato.

BARCLAY’S CENTER, BROOKLYN NY: ATLANTA HAWKS 98 – BROOKLYN NETS 75
Due vittorie in fila contro squadre più forti I Nets non le riescono a mettere insieme, e dopo aver battuto gli Spurs cedono agli Hawks: per i Falchi della Georgia è la 5 W in fila. Prestazione sloppy per Brooklyn, che ha smesso presto di lottare: nel secondo quarto sono quasi stati triplicati, 36 a 13, e da lì non sono più risaliti. Solito grande Paul Millsap (17+9) che oggi con un solo recupero non ha molto ben difeso la sua leadership nella classifica degli steals, prima pf a guidarla nell’era moderna. Continua il costante progresso di Dennis Schroeder: in 18 minuti, 13 con 5 assists e 4 recuperi. Il meno peggio dei Nets è stato Brooke Lopez, 20+7.

AIR CANADA CENTER, TORONTO: CLEVELAND CAVALIERS 105 – TORONTO RAPTORS 91
Contro i veri più forti dell’ Est i Raptors non possono supplire alla perdurante assenza di DeRozan, e cedono progressivamente a cominciare dalla seconda metà del terzo periodo, fino a lasciare ai Cavs una W con scarto in doppia cifra in questo scontro di élite della Eastern. Forse ispirato dalla presenza courtside di Magic Johnson per una manifestazione benefica e commemorativa legata al nome di Nelson Mandela, LBJ si dà molto da fare coi passaggi, cercando anche la spettacolarità ma non riuscendo ad essere lieve come il magico prodotto di East Lansing, anzi: risultando a volte un po’ irridente vs gli avversari. Ma si sa, l’Androide è fatto così. I Raptors hanno subìto la difesa asfissiante di Kyrie su Lowry, e hanno anche tirato malissimo di squadra, arrivando a malapena al 40%. Lowry si salva più con le cifre (22-4-9) che col rendimento, mentre è buona la gara di Amir Johnson (27-7-4). Detto della serata da passatore di James (24-7-13, ma anche 42 minuti in campo), bisogna sottolineare la solidità della coppia Love-Thompson che combina per 36+27. Molti minuti in campo per Waiters, ma lui continua nel suo struggling, alimentando voci di trade.

BRADLEY CENTER, MILWAUKEE: MIAMI HEAT 85 – MILWAUKEE BUCKS 109
Quale che sia la squadra che si mette in viaggio, questa è una delle sfide con la più cospicua escursione termica della NBA. A vincerla con una certa comodità, risultato impensabile solo fino allo scorso anno, sono i Bucks. Gli Heat durano due quarti, più o meno quelli in cui Wade (alla fine 28-3-8) riesce a caricarseli sulle spalle. Nella prima stagione senza LeBron, il peggior difetto di Miami è quello di cercare troppo di gestirsi, mettendo in soffitta l’impegno a volte con eccessiva fretta. I Bucks sono una squadra sempre più interessante: stanno progressivamente togliendo minuti ad OJ Mayo (che proprio non riesce a tornare quello che era a Memphis) e Sanders (sempre preda della sua poca concentrazione) e aumentando tra gli esterni l’impiego di Middleton e Kendall Marshall, 24 minuti ciascuno, per complessivi 34 punti tirando 13/17 con 6/8 da 3. Per parare i buchi del pitturato invece coach Kidd può contare sulla costanza del veterano Pachulia, che a volte non brilla per le cifre ma per il rendimento sì, e poi si affida a quintetti molto bassi sfruttando la incredibile polivalenza del WonderKid from Greece, Antetokounmpo (14+7).

FEDEX FORUM, MEMPHIS: SA SPURS 107 – MEMPHIS GRIZZLIES 101
La sfida tra Pop e Joerger se la aggiudica il coach degli Spurs: vince senza dominare, ma anche senza rischiare, sventolando sotto il naso dei Grizzlies un distacco mai enorme ma sempre incolmabile. Per Memphis seconda sconfitta in fila, secondo stop in fila contro una contender, seconda L contro squadra texana, dopo quella vs Houston. Altra analogia tra le due sconfitte è l’atteggiamento un po’ timido nell’approccio alla partita, segno che il buon lavoro tecnico e tattico dell’allenatore nel far rendere più del loro reale valore giocatori come Lee (solo 8 pti e fouled out stasera in 38 minuti) deve estendersi anche al lato psicologico, perché nei confronti di avversari carichi di talento e leggenda, alcuni Grizzlies tendono a sparire. Non a caso, a non sparire sono stati i migliori a roster: Marc Gasol (28+12) e Conley (23+10 assists) insieme a quello che ha già vinto degli Anelli, Tayshaun Prince (20-5-2-dal pino). Per gli Spurs 5 in doppia cifra e 2 a quota 9 punti, inchinandoci alla tripla doppia di Timoteo: 14-10-10.

TARGET CENTER, MINNEAPOLIS: HOUSTON ROCKETS 114 – MINNESOTA TIMBERWOLVES 112
Applicandoci, sapendo di venire sconfitti, al disvelamento dei misteri dello sport ci domandiamo come sia possibile farsi sculacciare dai 76ers e poi giocare meglio dei Rockets, pur venendo sconfitti. Minnesota era priva di Rubio e Mo Williams, e ha tenuto Pekovic sempre sul pino. Ha sfornato una gara splendida, con 7 in doppia cifra, e ha avuto la capacità di rispondere a due spallate nel primo e terzo periodo di Houston, arrivando anche ad avere la palla per mettere due possessi di vantaggio nel finale. Il supplementare è stato quasi logico, e a vincerlo con l’ultimo decisivo canestro è stato uno del cui dna cestistico vi avevo parlato proprio due giorni fa: Nick Johnson, nipote di Dennis. Nick era in campo anche per l’uscita per falli di Harden nell’ultimo minuto dei regolamentari: le cifre del Barba sono, come sempre in questa prima parte di stagione, abbacinanti: 38-4-6, con percentuali ottime e il solo neo di 8 palloni persi. Gli Wolves meriterebbero tutti una menzione, ma noi scegliamo i 17-6-4 del selvaggio LaVine e i 15-7-6 di Brewer, autore di una sontuosa stoppata nel finale su Harden e ricettore del fallo in attacco, due azioni dopo, che avrebbe tirato via dal match la guardia di coach McHale.

AA CENTER, DALLAS: PHOENIX SUNS 118 – DALLAS MAVS 106
Brutta sconfitta interna per Dallas contro una diretta concorrente nella lotta per accedere alla postseason. I Suns hanno seppellito di triple (13/26, 4/19 per i Texani..) i Mavs, cui non sono bastati i 33 dell’immenso Monta Ellis di queste settimane. Era una gara importante, e lo si evince anche dal notevole peso che i due allenatori hanno riservato ai loro quintetti titolari: la vittoria dei Suns si spiega, oltre che con il tiro da 3, con la prestazione, non pareggiata dalle riserve di Dallas, fornita da due panchinari in particolare: Marcus Morris e Gerald Green scrivono insieme 26+7. MVP dei Suns e di serata il MIP della scorsa stagione Goran Dragic: 28+13 assists.

ENERGY SOLUTIONS ARENA, SALT LAKE CITY: ORLANDO MAGIC 98 – UTAH JAZZ 93
Questa partita vedeva opporsi due tra le squadre più futuribili della NBA, simili anche per lo stato di avanzamento (non eccessivo…) dei loro lavori in corso. Notevole però il fatto che i Magic l’abbiano spuntata pur privi del centro titolare Vucevic. In un match dal punteggio stretto, è abbastanza normale che la differenza l’abbia fatta la percentuale di tiro (50 vs 45, e anche deleterio il 62% di Utah ai liberi, con Orlando all’ 85%). Per i Magic grande prova di Tobias Harris a 22+7, mentre dei Jazz segnaliamo i 21+ 13 di Derrick Favors. Venti minuti di nulla per il rookie australiano Dante Exum, possibile candidato al flop of the draft…ma forse può stare tranquillo, ce ne vuole prima di superare Noah Vonleh..

SLEEP TRAIN ARENA, SACRAMENTO: INDIANA PACERS 101 – SACRAMENTO KINGS 102
Rochester è una città vicino al lago Ontario, stato di New York. Negli anni ’50 era una cittadina ed aveva una squadra di basket, una delle fondatrici della NBA, che si chiamava Royals. Attraverso Kansas City e un cambio di nome in Kings (perché Royals era il nome del baseball a KC) i Rochester Royals sono gli antenati dei Sacramento Kings, la cui uniforme vintage della partita contro Indiana celebra il titolo NBA vinto nel ’50-’51. La celebrazione è piena e sudata, perché si compie attraverso un supplementare e una gara sempre combattuta. DeMarcus Cousins è ancora fuori, ma nè Hibbert (9+7) nè Mahinmi (2+4) ne approfittano. Nessuno di Indiana fa miracoli, ma alla fine sono in 6 in doppia cifra, mentre a Sacramento la bella prova offensiva di Rudy Gay (27-5-5) e Darren Collison (20-6-6) sarebbe stata inutile se il marine Carl Landry (14+7) non avesse preso, con i Kings sotto di 1, un bel rimbalzone offensivo trasformandolo nel canestro della vittoria. Il MVP è tutto suo.