Tanti confronti importanti, e un finale di stagione infuocato nella NBA, ecco il Recap dettagliato della nottata.

AIR CANADA CENTER, TORONTO. INDIANA PACERS 100 – TORONTO RAPTORS 111

Cominciamo dagli sconfitti, che si ritrovano ottavi nella Eastern Conference, condannati dai confronti diretti ad essere dietro ai Miami Heat che pur hanno lo stesso record, e solo mezza gara di vantaggio sui quasi resuscitati Bulls. Se a roster hai uno dei primi 10 giocatori della NBA (George), una delle prime 10 pg (Teague), una delle prime 10 comboforward (Thad Young), e due altri giocatori di grande rendimento, che possono correre per il MIP (Myles Turner) e per il 6th Man Award (CJ Miles), oltrre ad un valido veterano come Monta Ellis..beh, non puoi ritrovarti ad avere quella posizione di classifica con 39 sconfitte quando mancano 6 gare alla fine della regular season. La nostra diagnosi di un bel buco al posto di coach, effettuata a stagione appena iniziata, è confermata: il manico non va. Diagnosi opposta sulla panchina dei Raptors: dopo qualche esitazione iniziale (e le ormai croniche incertezze riguardo chi debba giocare sf) grande merito va dato a coach Casey per il modo in cui i Dinos stanno sopravvivendo all’infortunio di Lowry, la cui assenza è coincisa con l’esplosione dei Wizards che aveva privato Toronto non solo della seconda piazza dell’Est (a favore di Boston) ma anche della terza; ora Toronto è tornata terza ed ha vinto 8 delle ultime 10. Quella di stanotte ha avuto due protagonisti: DMDR (40-9-4), che ha raggiunto Vincredible Carter nella storia della franchigia per numero di gare con 30+ pts in singola stagione (sono 30, and counting), e Jonas Valanciunas (16+17 con 2 stoppate), che ha dominato il terzo periodo, quello decisivo in una gara fino a quel momento di stretto punteggio. Il solito PG13 (28-9-3) non basta ai Pacers, che hanno il quarto peggior record in trasferta della Eastern (11-27).

 

THE SPECTRUM, CHARLOTTE. DENVER NUGGETS 114 – CHARLOTTE HORNETS 122

In dieci giorni i Nuggets hanno sperperato quel che avevano costruito in una stagione: sono piombati (complice anche lo scontro diretto perso), a due gare di distanza dai Blazers e dai PO. Mancano 7 gare sia a loro che a Portland, e sarà difficile che la squadra del Gallo riesca a salvare la post-season, anche perché nelle ultime 10 solo 5 volte le Pepite han vinto, mentre i compagni di Lillard hanno al momento il secondo record ad Ovest dopo GS (8-2). Considerate che il divario è maturato tutto negli ultimi 5 minuti, perché proprio attorno a quel momento Gallinari (19-5-4, 4/6 da 3, 1/5 da 2) imbucava una tripla per l’ennesima parità tra le due formazioni, a 101. Il derby italiano ha visto una prova totale del Gallo e una molto silenziosa ma a suo modo chirurgica di Belinelli: Marco ha solo tirato (11 con 3/6 da 3, avendo score bianco in ogni altra stat, eccetto una persa). Per gli Hornets, Kemba come spesso protagonista assoluto (31-3-8), ma non sottovalutiamo, pur orrendo al tiro, Batum (13-5-9) e soprattutto BigFrank Kaminsky (22 in 27 mins), la cui prova offensiva ha reso inefficace le tripla-doppia dell’avversario Jokic (26-13-10), che difende solo quando ha confronti che lui reputa degni di impegno (e BigFrank non lo era, evidentemente), ma è un signor giocatore, alle soglie dell’Olimpo.

 

QUICKEN LOANS ARENA, CLEVELAND. PHILADELPHIA 76ERS 105 – CLEVELAND CAVS 122

Nel linguaggio del giornalismo sportivo, partite come questa han preso il nome di: brodini. Sei fortefortissimo, ma vieni da un periodo in cui stai facendo pena, e finalmente ti arriva una gara facile, in casa, contro una del fondo della classifica. I Cavs non hanno fallito e, indossata la maglia Orange anni ’80 che fu di Mark Price e Brad Daugherty, hanno sorbìto tutta la pappa bene fino in fondo. Prima, esattamente, quanto stavano facendo pena? Esattamente come chi ne ha perse 6 delle ultime 10 e 5 delle ultime 7, dovendo lasciare ai Celtics la vetta della Eastern Conference. Nessun vero sussulto nella gara, se non quello provocato del Bulletto di Periferia, aka Justin Anderson, il Sixer che ha provato ad essere superfisico vs LBJ fin dalla prima azione, e che è stato “punito” da Kyrie (che si è beccato un Flagrant 1) per aver fatto male all’amichetto. Considerate che Irving ha preso in tutta la carriera meno tecnici di quante dita ha in una mano, e forse capirete qualcosa del perché questo gesto (cioè: LeBron io ucciderei per te) potrebbe essere importante rispetto a certe dinamiche del locker dei Cavs. James 34-9-6, e doppia-doppia per il Californiano (18+10). Interessante nei Sixers la gara del rookie francese Luwawu: 19+4 tirando decentemente (7/15), ma soprattutto ben 43 mins di tavole.

 

TD GARDEN, BOSTON. ORLANDO MAGIC 116 – BOSTON CELTICS 117

Di poco, pochissimo: appena mezza gara. Ma i nuovi padroni al momento sono loro, i Celtics, e questo è sufficiente per mettere agitazione alla compagine biancoverde, che spara (dopo la sconfitta casalinga vs i Bucks maturata però anche grazie a un paio di veri letterali miracoli di Malcolm Brogdon) la peggiore dell’anno, spuntandola solo dopo due rincorse. Aggiungete che nelle due precedenti W vs i Magic, tutte ad Orlando, i Celtics avevamo lasciato gli avversari dietro di 29 e poi di 30: ovvio desiderio di vendetta da parte dei ragazzi arrivati dalla Florida incappando in una serata di neve mista a ghiaccio. Aggiungete pure che, contro la squadra che lo avrebbe scelto se Orlando non avesse avuto un numero migliore nell’ordine di chiamata, Aaron Gordon ha mostrato tutto il suo repertorio stellare e non sempre esibito (32-16-1 con 1 rec e 2 stoppate). I Celtics si son salvati anche per la gestione dei 90 secs finali da parte di Vogel, che ha agito da professore vero, preferendo perdere ora che ormai non conta pur di insegnare e costruire qualcosa: ha lasciato giocare i suoi con pochissime indicazioni e aiuti, per vedere, anche, chi e come scremare da un roster che è in piena rifondazione. Detto di Gordon, rimaniamo sui Magic per la partita intensa e saggia di Elfryd Payton, che ha, vero, mancato non solo l’ultimo tiro, ma tutta la gestione dell’ultima azione, però ha ben diretto per il resto della gara, arrivando al career-high in assists e mancando di un soffio la tripla doppia: 12-9-16. Per Boston, nel momento buio, è arrivata la sveglia di IT4 (35-3-7), e dovete pensare, guardando i prossimi numeri, che Horford ha fatto il suo terzo tiro (e primo canestro) all’inizio del terzo periodo: 12-9-6 per lui dunque tra luci ed ombre, come raccontano anche le 5 perse. I Celtics hanno giocato l’ennesima gara (stavolta influenza) senza Avery Bradley.

 

BRADLEY CENTER, MILWAUKEE. DETROIT PISTONS 105 – MILWAUKEE BUCKS 108 (OT)

I Bucks l’hanno dominata, persino troppo. Perché si sono addormentati e l’han quasi persa, recuperando la W ma con 5 mins di fatica in più. Per dire che Jason Kidd è un ottimo coach, che il lavoro paga ma che anche gli infortuni hanno la loro importanza, ecco il dato: dal ritorno di Khris Middleton (25-10-1) i Bucks sono 18-8, e amaramente il giorno del suo attesissimo ritorno ha coinciso con quello dell’identico infortunio (legamenti crociati del ginocchio) toccato a Jabari Parker (fino a quel momento 20+6 di media). Quindi onore a Kidd e ai Bucks, che si sono comodi piazzati sul seggiolino numero cinque della PlayoffPicture della Eastern. Stanotte Middleton ha fallito il tiro della W alla fine dei regolamentari, ma ha imbucato, al secondo tentativo grazie a un reboff, la tripla della vittoria al supplementare. Il solito Pterodattilo che sfiora la tripla-doppia (28-14-9) e un insolito, almeno per ora: noi sul ragazzo scommettiamo con tutti, Thon Maker: 23+2 con 12 tiri. La rimonta dei Pistons ha avuto agevolazioni dal pisolone dei Cerbiatti, ma è stata alimentata da Tobias Harris (23-7-3) e dallo Sloveno Beno Udrih, che panca ne fa tanta, ma quando viene messo in campo è quasi sempre brillante (16-1-8).

 

AA ARENA, MIAMI. NY KNICKS 98 – MIAMI HEAT 94

Supplementare mancato di poco a Miami, dove l’ultimo lay-up di Dragic (22-3-5) ha girato sul ferro, giratogiratogirato così a lungo da causare la chiamata di interferenza (difficile ma non ingiustificata) ai danni del compagno Whiteside (17+16), condannando gli Heat alla sconfitta nella gara che poteva dar loro il bilancio in parità. Invece che 38-38 sono allora 37-39, ma, come ricordato, sono al settimo posto ad Est avendo record uguale ma confronti diretti favorevoli rispetto ai Pacers. Sconfitta di misura e di stanchezza per gli Heat, W di puro orgoglio frustrato per i Knicks, ancora condotti dall’Unicorno Lettone in una notte senza Melo e D-Rose, alle prese con schiena e ginocchia rispettivamente (ma dovrebbero rientrare per affrontare i Celtics). 22-7-3 per Porzingis e doppia-doppia per Hernangomez (10+12)

 

FEDEX FORUM, MEMPHIS. DALLAS MAVS 90 – MEMPHIS GRIZZLIES 99

Potevano chiamarla la GerontoGara. Non abbiamo fatto molti conti, ma considerando la presenza, tra i due roster, di Nowitzky, Vince Carter, Zach Randolph, Barea, Conley, Allen….beh, non che la gioventù sia loro principale segno distintivo. Ancora a riposo Marc Gasol, protagonista diventa Mike figlio di Mike (28-5-6), unico del quintetto Grizzlies ad andare in doppia cifra, e a lui si aggiungono dal pino Randolph (22-12-3) e il triplista (cestistico, non il padre di Mike…) Daniels, che dice 21 con 7 triple (su 11). Dallas registra l’ennesima doppia-doppia di DirkOne (13+12), ma fa fatica a segnare tanto, se è vero che per la seconda volta in fila perde pur avendo 6 uomini in doppia cifra e altri due a quota 8.

 

GOLDEN1 CENTER, SACRAMENTO. NO PELICANS 117 – SACRAMENTO KINGS 89

Era la notte del ritorno di DMC a Sacramento dopo la trade che lo ha portato a New Orleans. Nessun dramma, né per eccesso né per difetto di accoglienza, tutto normale come normale la W dei Pels. Le TwinTowers procedono nel loro processo di reciproco adattamento: Monociglio 19-12-3 con 2 rec e 5 stoppate, Boogie 37-13-4 con 3 rec e 2 stoppate, e l’ex “cinese” ed ex Celtic Jordan Crawford continua a sparacchiare ma a mettere insieme bottini decenti: 12-2-4 ma 12 tiri. Da parte Kings, continua l’apprendistato dei molti giovani: hanno avuto spazio Skal Labissière (13+8) e il centro greco Papagiannis, che ha qualche talento (11+3 in 25 mins), ma che, quando opposto a DMC, ha dimostrato che forse, per lui, non è nemmeno arrivato, ancora, il momento dell’età scolare.

 

CHESAPEAKE ENERGY ARENA, OKC. SA SPURS 100 – OKC THUNDER 95

Signore e signori: lo scopo dello sport chiamato basket è vincere partite e Titoli, non accumulare triple-doppie. Quello è lo sport chiamato Russ-Ball. Giocando a Russ-Ball, anche stanotte i fans di OKC hanno avuto la loro soddisfazione, perché ormai i momenti in cui Westbrook (32-15-12) raggiunge la 3Doppia sono segnalati anche in video con apposite icone, e sono salutati dal pubblico come fossero W. Solo che poi torni a vedere le cose secondo i dettami del Basket, e scopri che. CHE Westbrook ha dominato fino a che Tony Parker è stato il suo principale guardiano, e poi, leggere: secondo half, ha avuto vita molto meno semplice. CHE i Thunder non hanno saputo gestire 21 pti di vantaggio, e una squadra che non gioca mai in 5, ma sempre in 1, perde ovviamente bussola, terreno, punti e possessi quando quell’unico che gioca sta in panchina per i meritati riposi. CHE ok le 3Doppie, ma che dire delle quadruple doppie, che sono più comuni e soprattutto molto più spesso sfiorate di quanto si racconti, e si tratta di 4Doppie alle palle perse (8 stanotte per RW). CHE alla fine, dopo tanto rumore, agli Spurs è stato sufficiente stare in vantaggio per 37 secondi, stanotte, per portarla a casa. MVP, senza dubbio. O magari, qualche dubbio….? Dubbi che iniziano ad aleggiare anche su Tony Parker: la pg leggendaria degli Spurs sta avendo la sua peggiore stagione in ogni comparto, e non pare sia pronta a riprendersi in vista dei PO, come quasi ogni anno ha fatto. Sembra un calo umano ancora prima che fisico, un serbatoio motivazionale vuoto che l’orgoglio non riesce a riempire. Molto diverso il caso di Manu, che stanotte è stato fantastico, anche al di là dei numeri pur notevoli: 8-4-8 e tuffi, difesa, altri tuffi, altra difesa. Alla fine, il suo plus/minus è +26, mentre + 21 quello di Patty Mills, il cambio di Parker ma ormai vero titolare occulto dello spot negli Spurs. Kawhi, The Hidden MVP, 28-8-2 con 3 rec, 2 stoppate e nessuna persa, e doppia-doppia (con stoppata decisiva sull’ultima azione a Westbrook) per LMA: 14+10.

 

VIVINT SMART HOME ARENA, SALT LAKE CITY. WASHINGTON WIZARDS 88 – UTAH JAZZ 95

Stili a confronto nello Stato dei Mormoni. Spensierati e smallball i Wizards, decisamente controllati anche se non refrattari allo smallball i Jazz. Vincono i Jazz, anche perché la equazione che vi ho fornito da queste pagine per misurare i Wizards si rivela una volta ancora esatta. Rispetto a 18, ogni minuto in più che viene giocato da Gortat significa un punto in più sulla povera groppa della sua squadra, e in generale se il Polacco gioca più di 24 i suoi faticano a vincere. Stanotte 27 minuti, e sconfitta di 7. Grande gara di Gobert (16+10 con 3 stoppate) e, dal pino, di Shelvin Mack (15-5-1) che ha segnato i 4 pti che hanno messo a tacere le speranze di Capitol City. Buon tiro ma poco altro da Beal (27 con 20 tiri), 16-4-5 per John Wall.

 

ORACLE ARENA, OAKLAND. HOUSTON ROCKETS 98 – GS WARRIORS 107

Scontro tra i due attacchi più fiammeggianti della NBA, risolto dalla difesa più stritolante della NBA. In cima a tutte le categorie con cui si determina il gioco offensivo, e a quasi tutte quelle del gioco difensivo ci sono gli Warriors, che hanno rimandato a casa il tentativo dei Rockets di misurarsi col livello cui stanno bussando: Title Contender. Da ammettere che a Mike D’Antoni non manca molto. Difesa, innanzitutto, e vorremmo aggiungere: da parte di Harden. Un passo avanti difensivo della Stella dei Rockets sarebbe un boost incredibile anche per i compagni e per la credibilità delle aspirazioni della franchigia texana. Stanotte GS ha comandato all’inizio e alla fine: nel mezzo, tanta Houston. Purtroppo per loro l’aria sulla riga dei tre punti era asfittica, resa tale dall’aggressività perimetrale della difesa di coach Kerr, e il 37% finale con cui i Rockets han tirato (32% da 3) dice quasi tutto. Houston ha avuto 3 tiri in meno e un differenziale perse/recuperi di -7, mentre gli Warriors sono andati pari 10/10, e hanno tirato un po’ di più e molto meglio (46% finale, 35 da 3). Per rendere la difesa dura da subito, Kerr aveva schierato in quintetto Matt Barnes, che non si è quasi rivisto fino all’ultimo quarto, e ha avuto un grande aiuto anche dal pazzoide Javale McGee, che ha donato alla causa ben 5 stoppate: in pratica, ogni volta che Harden, Gordon o Ariza han provato a penetrare invece che tripleggiare, han trovato la manona di Javale, Iggy (3) o Dray-G (3), e il dato delle stoppate è ancora più impressionante se così recitato: 3 HOU, 14 GS. In ogni caso i Rockets sono un’ottima squadra e saranno un vero pericolo nei PO: solo 8 uomini (rotazione modello playoff, appunto) impiegati da D’Antoni, 6 in doppia cifra e due a quota 8. Per gli Warriors 24-7-5 di Steph, 20-8-6 per Klay.