Insieme alle news, ai rumors, alle trades dell’estate NBA vi offriremo un outlook sui collegiali appena scelti dalla NBA.

Terremo le luci accese soprattuto su quelli meno noti o la cui chiamata ha suscitato più rumore o perplessità. Tra i fans meno allegri dopo la Draft Night si contano di certo quelli dei Celtics: ecco perchè questo focus su Jaylen Brown, terza scelta assoluta da California U.

Jaylen Brown è 201 cm, e supera comodamente i 100kg, con diverse misurazioni, ma diciamo che oscilla tra 102 e 106 kg. Essendo una chiamata dei Celtics, tranquillizziamo subito i fans bianco verdi: non è e non sarà un altro Sully. I problemi di peso non fanno parte del bagaglio della 3’ Scelta Assoluta. Pur solo 19enne, infatti, il ragazzo ha più o meno l’attuale complessione fisica fin dai suoi tardi 16, e dunque è del tutto e davvero quel che appare: una bestia. Inoltre significa che è ben in confidenza col proprio fisico. Non riserverà sorprese gradite come quella fatta da Antetokounmpo ai Bucks, che scelsero un 6.9 scarsi per ritrovarselo 5 cm in più da giugno a gennaio, ma nemmeno richiederà tempo per “imparare a camminare” come si può vedere confrontando i piedi di Olynyk rookie con quelli di adesso.
Gli strumenti non sono solo fisici, tuttavia. Serve tecnica e serve testa.
Testa. Jaylen poteva andare a Kentucky e ad Indiana, ha scelto Cal anche per motivi accademici. Si tratta infatti di una università in cui, se lo si desidera, è possibile ottenere un degree di prestigio, molto più che a Wilmington o a Bloomington. Ad inizio anno, Jaylen era considerato un sicuro 1+done e un sicuro top 5 prospect. Alcuni elementi lo hanno portato a retrocedere durante l’anno, ma li esamineremo nella parte riservata alla tecnica. Qui vogliamo sottolineare che uno dei difetti più temuti persino da parte di coloro che lo collocavano come top5 era proprio l’intelligenza, per due motivi. Corre il rischio che gli piaccia troppo studiare rispetto al giocare; è superbo (ma non superbo=arrogante, bensì superbo=saccentello). Ora, non vogliamo trasferire al TD Garden una puntata di The BigBang Theory, ma un soggetto del genere riteniamo possa accoppiarsi bene a Coach Stevens, che non è secondo a nessuno in fatto di nerditudine e di…chiamamola “coscienza della propria intelligenza”. Non è necessario essere dei caproni per essere grandi giocatori, e se è vero, come pare, che il motivo principale della finora mancata rincorsa dei Celtics a DMC sia il preventivo “o io o lui” di Stevens, crediamo che Jaylen will fit.
Tecnica. Solo un anno a Cal. Cal che aveva un quintetto prospettato per passare in blocco e con successo nei pro, ad inizio della stagione NCAA. Oltre a Brown c’erano Tyron Wallace (elencato per tantissimo tra le prime 20 pg della nazione), Jabari Bird e Ivan Rabb (che hanno annunciato e poi ritirato la loro partecipazione al passato Draft) e Jordan Mathews. Per ragioni che vanno dalla scarsa armonia interna, al fatto che Cal aveva due 7 piedi e un 6.11 a roster, ma poco tiro da fuori e un attacco che viveva di isolation e di recuperi da trasformare in canestri, la stagione è stata poco positiva, e un po’ tutti i ragazzi si sono visti retrocedere nei rankings nazionali e anche sui taccuini degli scouts. Il deludente Torneo Finale ha fatto il resto. Brown ha avuto in stagione poco più del 43% globale al tiro. La statistica totale è pesantemente penalizzata dal 29% da 3. Un commentatore ESPN ha sottolineato che Brown ha una scarsa percentuale, ma che ciò deriva in gran parte dal fatto che non è possibile trovare due suoi tiri in sospensione (o anche piazzati) uguali. Il che implica un gran lavoro necessario in palestra, ma la stoffa c’è. Guardando i video (è un lavoro un po’ noioso eliminare quelli che sono pieni di sole schiacciate e stoppate) si nota che è un appunto esatto, ma anche che una costante il ragazzo la ha: sale dritto. Quel che cambia è la posizione della palla (alta, bassa, a metà) e della mano dopo il rilascio, ma, per fare un esempio noto a tutti, non ha la tendenza che aveva Belinelli a saltare da A e atterrare in C (spesso K o anche P) stando col corpo tutto inclinato. Dicevamo: fisicamente una bestia, è anche un giocatore che, pur non disponendo di un ball-handling eccezionale, sa il fatto suo nell’avvicinarsi a canestro. Torniamo al 43% globale al tiro: cifra resa “malata” dal 29 da 3 ma anche dalla iso predicata da Cuonzo Martin. Se hai di fronte Jaylen, e sai che: da 3 è così così, da 5 metri idem, che l’attacco di squadra è di mobilità non eccelsa e dunque non aiuta certo le sue penetrazioni, che se penetra significa che tira perché se scarica sulla tripla i compagni trovano ferri….se sai tutte queste cose ti metti tranquillo e difendi in maniera tatticamente semplice, aspettando Jaylen e contrastandolo nella sola cosa che farà. Ora, con tutti questi elementi esplicitati: è davvero così basso quel 43%? O è molto meno 43 di come appaia e magari nasconde un 48? Resta da chiedersi come potrà aiutare il gioco dei Celtics, ossia il vero motivo per cui, oltre alle caratteristiche di cui sopra, è stato scelto lui e non, per esempio, Bender. Rendendo i concetti scarni fino al limite oltre il quale diventano banalità, possiamo dire che il vero problema dei Celtics non è di NON avere un go-to-guy, ma di non averne due, cosa che si rende assolutamente necessaria quando il tuo riferimento principale è lo stesso uomo che dirige l’orchestra. IT4 deve essere affiancato da un altro giocatore di rendimento in attacco. Oppure, in seconda analisi, i Celtics hanno bisogno di un uomo che faciliti ancor più di quanto accada al momento le segnature del nanerottolo. La prima opzione non è stata al momento raggiunta. Piccola parentesi: la necessità di uno scorer è il motivo per il quale non era del tutto peregrina l’idea-Okafor; si tratta di un 5 largamente incompleto in difesa e a rimbalzo, ma in attacco è un grown up man. La necessaria attenzione che ogni difensore, secondo le stime ragionate di Boston, della NBA dovrà tributare alle penetrazioni di Brown è la chiave della scelta col terzo pick. La offense dei Celtics è un meccanismo estremamente dinamico, in cui palla e uomini si muovono con pari ritmo e precisione; è altresì un tipo di attacco in cui hanno largo spazio le triple, e da cui, di fatto, son stati banditi i mid range shots (nella serie di PO vs gli Hawks ne ha tentati in discreto numero solo Evan Turner, cioè l’unico che, essendo deliziosamente old school, poteva ragionevolmente vincere la scommessa quasi sempre perdente del tiro da 5 metri), ossia il tipo di tiro in cui Brown fa maggiormente fatica (non dimentichiamo che la riga delle triple è più lontana nella NBA rispetto alla NCAA e che il 29% da 3 di Jaylen riguarda, tra i pro, il capitolo “long two”). Quindi: i Celtics tirano pochissimo nel raggio in cui Brown fatica, MA Brown può aiutare moltissimo il gioco offensivo di Stevens con le penetrazioni di cui sopra, obbligando il difensore a seguirlo e un altro a raddoppiare, liberando spazio sul perimetro o per altra penetrazione, la quale libera spazio ecceccecc. Certo, si tratta di valutazioni e in parte di speranze/scommesse, ma ricordiamo che, dall’introduzione del 1+done, non sono poi molti i rookies che si sono accomodati nella NBA dominando da subito.
E la difesa? Molte delle schiacciate che nei video dovete sfrondare col machete per osservare il vero gioco di Brown derivano proprio da recuperi, spesso dello stesso Jaylen. La sua attitudine e attenzione difensiva è senza dubbio il maggior regalo che l’anno a Cal gli ha portato. Inoltre, tornando alla struttura fisica, ha un’apertura alare da pterodatillo: la sua wingspan manca di solo un centimetro e mezzo i sette piedi, una misura da pf, non da sf. E’ uno dei motivi per cui nei pari-ruolo+pari-stazza era considerato il miglior stoppatore del Torneo Finale. BUUUUare Ainge? Direi dunque che sia esercizio non da considerare. Una volta esplorate le opzioni di scambio, e dopo averle rigettate, evidentemente i Celtics hanno scelto per loro stessi, trovando se non il miglior talento (io resto uno sfegatato fan di Bender), quello più adatto a migliorare il gioco di Stevens, trovando un ragazzo di estremo upside e di decisamente alta potenziale connessione con il coach.