Ci ha lasciato nella notte fra venerdì e sabato Michele Cagnazzo,

esponente della gloriosa e numerosa scuola arbitrale romana ma con un suo proprio stile, estroverso ma sempre nei limiti della misura e della corretta applicazione del regolamento, non era il suo un protagonismo mendace  e conosceva profondamente il gioco, rispettava i giocatori e il ruolo dell’arbitro in senso oggettivo.

Nato nel 1941, collezionò 447 presenze nel Campionato di Serie A maschile dal 1970/71 al 1990/91, dirigendo quattro finali scudetto.

Esordì il 21 febbraio 1971 (Splugen Venezia-Cecchi Biella, con Aldo Albanesi di Busto Arsizio) e fece la sua ultima apparizione, in coppia con il concittadino Luigi Bianchi, il 5 maggio 1991 in occasione di Telemarket Brescia-Fernet Branca Pavia, valida per il girone verde dei play-out.Dirigeva abitualmente in coppia col romano Carlo Filippone”.

Fu nominato arbitro internazionale nel 1974 a Spa.

“Un uomo tutto d’un pezzo, sia come arbitro, nel suo ruolo di funzionario della Federgolf, nell vita privata, poteva essere amato o odiato, ma bravo, onesto, rispettoso dei diritti e dei doveri. Dopo Maurizio Martolini se ne va un altro pezzo della mia storia, ho avuto la fortuna di aver diretto con Michele quando mi sono affacciato alla serie A, e di aver fatto parte di un gruppo coeso”, così lo ricorda Francesco Grotti neo vicecommissario del CIA che  si propone appena insediato di recuperare i valori e lo stile di una generazione senza pari, quando gli arbitri come Cagnazzo erano considerati dei garantisti e avevano il rispetto di tutti, incondizionamente al di là del risultato, anche di fronte alla sconfitta.
Alla famiglia le condoglianze di Baskettiamo.