Due o tre le gare rimaste per ciascuna squadra NBA. Chi ha qualcosa da meritarsi è ancora in corsa o ancora vivo, per quanto sottile sia il filo cui sta appeso.

Esaminiamo le varie situazioni ancora aperte insieme alle gare di maggior interesse degli ultimi due giorni.

CHICAGO. La prima parte dell’unico piano possibile per i Bulls al fine di accedere ai PO è: vincerle tutte. Per ora eseguono, battendo stanotte i Cavs 105-102 a Chicago in un match che i Tori son riusciti a strappare per il contributo offerto, soprattutto nel primo tempo, dalla panchina. 44pti dal pino, e 16 (con 7/7, più 5 rimbalzi e 2 stoppate) del brasiliano Cristiano Felicio, scoperta recente e “forzata” dall’infortunio a Taj Gibson. Nell’ultimo quarto almeno Jimmy Butler e Gasol, tra i titolari, si son rifatti vivi. L’ultimo doppio giro di lancette è indicativo dell’attuale stato delle cose a Cleveland. LBJ non difende, il p’n’roll avversario è sempre mirato a coinvolgere nella questione il dormiente Prescelto, e Dellavedova difende sia sul lungo che sul proprio uomo; in attesa dell’aiuto di Love, decisamente non specialità del Californiano: genera infatti, questo giochino, due and1 consecutivi per i Bulls, uno non sfruttato, ma in ogni caso 5pti facili. Love da 3 e James in entrata riducono il margine a 3, e JR Smith va in lunetta per 2 liberi. Ne sbaglia da copione uno, prende da copione il proprio rimbalzo, palla a Love nell’angolo corto. Love passa il tiro del pareggio oltre l’arco, per vincere. La palla finisce a Dellavedova, che tira subito e non prende il ferro. E’ vero, l’Australiano ha % superiore al 40 da 3 in stagione, ma c’era LBJ libero in punta (ed era in serata: 4/5 da 3), e c’era il tempo di ritrovare JR oltre l’arco. Soprattutto, però, non c’era Kyrie. Ecco come van le cose a Cleveland: regna la banda del Prescelto, coach in testa, mentre i non-allineati languono sul pino, e non compaiono nei momenti decisivi. Cleveland non porta a casa una gara in cui ha tirato 19/40 da 3. La seconda parte del piano dei Bulls prevedeva che Detroit o Indiana si suicidassero perdendole tutte. Indiana ci sta provando. Sconfitta duramente a Toronto in una notte in cui nei Raptors riposavano Lowry-DeRozan-Scola-Carroll; We the North han trovato però una gran prestazione dal rookie Powell (27 con 14/19 ai liberi: 19 visite di carità concesse a una pg al primo anno dicono molto della difesa delle guardie di coach Vogel). Una volta ancora i Pacers han dimostrato di saper reagire assai raramente alle serate storte di Paul George, che ha avuto una nottata terribile anche per un infortunio autoprodotto alla caviglia: lo ha tenuto fuori dall’allenamento di ieri, ma dovrebbe consentirgli la gara contro Brooklyn tra qualche ora. Insomma: Indiana davvero ci sta provando a regalare una gioia ai tifosi di Chicago.

HOUSTON. I Rockets negli ultimi due giorni non han giocato, ma lo han fatto, nella notte di Venerdì, sia i Mavs che i Jazz. Dirkone e i suoi compagni hanno avuto ragione dei resti di Memphis (che poi tanto resti non sono, ne parleremo più avanti) in casa, 103-93. Casalinga, erano in visita i Clippers, anche la sconfitta dei Jazz, giunta al supplementare e all’ultimo secondo di essi, con una tripla di Jamal Crawford (30 totali, e 18 sia per Jeff Green che per un redivivo PP, capace anche di 4/5 da 3). Brutto, questo KO, perché subìto contro una squadra che aveva tenuto a riposo Paul-DAJ-Redick e anche Griffin; Blake ha esaurito, oltre all’infortunio, anche la squalifica comminatagli, però ancora non è tornato sulle tavole. Ora, con due gare rimaste ai Jazz e tre ai Rockets, il miracolo sembra meno impossibile, perché Utah, per ora ottava, è obbligata allo stesso destino di Houston: vincerle tutte, per star tranquilli. L’arrivo in parità darebbe ragione al momento a Houston in virtù di migliori record contro squadre della stessa Division e Conference; il confronto annuale tra Jazz e Razzi dice infatti 2-2, e non vale la differenza canestri negli scontri diretti.

MEMPHIS+THE QUEST FOR 73. Come prevedibile, questa squadra decimata ha perso sia contro Dallas che contro Golden State stanotte. Ma non crediate che non lottino: gli Warriors l’han scampata solo nel finale, e grazie a un parziale di 20-9 negli ultimi 6 minuti, perché i Grizzlies, condotti magistralmente da coach Joerger, erano 90-80 mentre si entrava nell’ultima metà del quarto periodo. Eroici Grizzlies son stati Matt Barnes (24-15-3), Vincredible Carter ad un’ennesima grande recita prima dell’addio (15-7-4) e anche la pg Xavier Munford (8-7-4 con 3rec), un “chi è costui?” che i Grizzlies hanno pescato tra gli All-Stars della D-League, firmandolo poi con un decadale e infine offrendogli 5 giorni fa un contratto pluriennale, di cui ancora non son stati resi pubblici i termini. In altre parole, non dovrebbe esser lui a far la valigia al ritorno della pg titolare Mike Conley la prossima stagione. Il fatto che la corsa al record di miglior Regular Season di ogni tempo sia ancora aperta, per i GS Warriors, è insomma una conquista quotidiana: come dei Bulls qualsiasi, anche loro sono obbligati a vincere sempre. Stanotte, di nuovo e come spesso nelle ultime 10 partite, il tiro a Steph non è proprio entrato (a Klay nemmeno: combinano per 14/38, di cui 5/24 da 3, e Curry non è mai andato in lunetta, fatto da prendere in seria considerazione da parte dello staff tecnico); il pugnale del sorpasso, sempre una tripla, l’ha infilato un triplista insolito: Iguodala. Oltre al tiro degli Splash Bros, anche la panchina ultimamente non rende come d’abitudine per GS: solo 17pti (9 nel quarto periodo, e questo è un bel segnale) e solo 3 uomini a segno dei 7 messi in campo (Livingston-Iggy-Speights).

THE GENTLE FIGHT. Venerdì sera Charlotte ha agevolmente vinto vs i Nets (113-99). Miami ha sorprendentemente perso il derby della Florida vs Orlando (112-109) nonostante un Hassan Whiteside da 13+16+4 (e ormai sapete che per lui l’ultima cifra indica le stoppate). I Magic avevano fuori Aaron Gordon per commozione cerebrale (leggera, ma potrebbe riposare per le ultime gare) e hanno raddoppiato con la botta presa da Oladipo dopo un contatto con HW: 14 punti all’arcata sopraccigliare sinistra e forse ultime gare da saltare anche per lui. Vucevic e Fournier (29 e 28) hanno comunque guidato i compagni alla rimonta e alla W, sfruttando il fatto che, dopo un buon inizio, le guardie titolari degli Heat hanno combinato per portare a casa 13/37 al tiro e 7 perse, cui aggiungere il 4/11 di Josh Richardson e il poco brillante 1/4 da 3 di JJ. Quasi contemporaneamente i Celtics battevano i Bucks in una gara in cui inatteso miglior Celtic era Tyler Zeller (26-3-2 con 4 stoppate in 25’ dal pino, sfruttando il fatto che Greg Monroe, tra attacco e difesa, cambia i propri piedi passando da Alato Mercurio a Immobile Paracarro); il protagonista assoluto era però il nostro Pterodattilo (27-7-7, limitato da problemi di falli – 3 in attacco). Antetokounmpo per i primi 16’ (cioè fino a quando Kidd non gli ha dato il primo meritato riposo) ha sbagliato solo una volta, facendosi strippare un pallone da Marcus Smart: tutte, sottolineo: TUTTE, le altre volte che ha mosso mani braccia piedi ha compiuto qualcosa con successo, non sbagliando nessuno dei suoi primi 6 tiri dal campo, mancando la prima tripla a metà terzo periodo dopo un eloquente 4/4, prendendo rimbalzi, guidando il contropiede, subendo and1 a ripetizione e portando piatti golosi ai compagni (tra i quali segnaliamo Plumlee, che ha sviluppato una partnership particolarmente fruttuosa con il Greco). La sola delle 4 in lotta per il fattore campo nella Eastern Conference a riposare Venerdì era Atlanta, che però ha giocato bene la sua carta stanotte battendo i Celtics in una gara che ha visto il consueto “blocco dell’ultimo periodo” affondare Boston. I Celtics possono solo festeggiare la fine del periodo “cannot buy a basket” di Smart (19 con 7/12). Protagonista della gara…strano… Paul Millsap (31-16-3 con 5 stoppate e 2rec), ma il colpo definitvo alle ambizioni biancoverdi lo ha inflitto Teague con rubata(ad IT4) – contropiede – and1 per un +8 profondo nella seconda metà dall’ultimo periodo. Gli Hawks erano a 14 W sulle ultime 18, e hanno continuato la bella serie. Ora sono quasi certi del terzo posto nella Eastern, mentre Charlotte-Boston-Miami dovranno ancora lottare per non finire seste. Una parità a 4 è di fatto impossibile, ma è curioso notare che favorirebbe gli Hornets, ad ora la migliore nei confronti inter-conference.

Buona domenica cari lettori. Mi congedo ricordandovi due cose. La prima: Marco Belinelli non è ancora rientrato dal problema al piede che lo tiene fuori dal 25 Marzo, ed è possibile che si debba ritenere chiusa la sua stagione NBA. La seconda è che stanotte avremo Golden State vs San Antonio (ad un orario non impossibile, l’una di notte in Italia): si sta ad Alamo, e Pop ha simpaticamente fatto notare che la striscia casalinga positiva degli Spurs, ormai tendente ad infinito, “è una cosa del tutto priva di qualsiasi valore”….riposini in vista?