Le statistiche di alcuni giocatori lasciano a bocca aperta, eppure l’approccio numerico non è tutto: James Harden è un esempio tipico.

Cito il mio amico di penna Colin Cowherd, dal commento sulla uscita dei Rockets dagli scorsi NBA Playoffs: The Regular Season, ok…but the PO are different, and the NBA stated that eventually the Rockets could NOT freethrowing their way to the Finals. Ossia: ve lo lasciano fare durante la RS, ma la NBA ha deciso che non avrebbe concesso a HOU di costruire sui tiri liberi la strada verso le Finals. La squadra di D’Antoni, infatti, col procedere della stagione e poi nei PO, era diventata semplicemente inguardabile ed ingiustificabile: flopping e proteste continue erano la regola, e questo non potrà mai, MAI, portare ad un titolo NBA.

Quest’anno la strategia non è molto cambiata, il passaggio da Chris Paul a Russell Westbrook ha tolto qualcosa (meno difesa e molte più palle perse) e aggiunto altro (fisicità, velocità, proteste più simpatiche). Paul era diventato insopportabile e in estate è arrivato l’upgrade più evidente per i Rockets: Russ floppa un decimo delle volte di Paul e protesta in modo meno snervante per i refs. Che fosse la parte diplomatica quella su cui Daryl Morey voleva agire durante la off-season è stato evidente anche per la enorme pubblicità, verso luglio, con cui era stato pompato il “nuovo movimento di Harden”. Una vera minaccia per il Gioco: una specie di tarantella five-steps che rischiava di far diventare ingiocabili le gare dei Rockets, perché si doveva decidere se fischiare passi sempre o mai. Era solo una strategia: il vero fine era minacciare 5 passi per poter continuare a fare la solita camminata con ancora più libertà. Le stats di Harden e dei Rockets sono in ogni caso, qualunque filtro si voglia usare, impressionanti. Sia il filtro malizioso, sia quello più puramente statistico non possono evitare di ammirare un giocatore che, contemporaneamente allo sforzo di adattarsi in qualche modo all’arrivo di Westbrook, sta addirittura aumentando la propria importanza all’interno della squadra.

I minuti di Harden sono più o meno identici, i punti sono 2.2 in più (38.3), le % dal campo leggermente inferiori (- 0.8 rispetto lo scorso anno) ma risentono di un inizio in cui era sotto al 25% da 3, le palle perse sono al secondo posto in carriera dopo il 2016/17: 5.4; di solito peggiorano con l’andare della stagione, quindi potrebbe essere questo l’Harden più pasticcione di sempre. Arrivando al nodo principale del futuro dei Rockets dobbiamo osservare che Harden tira 14.5 liberi a gara, mettendone 12.5, e ammettere che la strategia dei Razzi sta funzionando. Per ora, RS, la strada è lastricata di liberi. Le lunette però sono quasi tutte di Harden: tira il 58.5% dei liberi della squadra, e imbuca il 63% di quelli che vanno dentro, segno che i suoi compagni non sono dei geni della specialità, anche perché il secondo tiratore per quantità è Westbrook che da 3 e da 1 ha più dimestichezza coi ferri che con la retina. Il divario che separa La Barba dal secondo maggior tiratore di liberi della NBA è in proporzione molto superiore a quello che separa i Rockets dalla seconda squadra NBA: 29.3 contro 26.3 di Bucks e Jazz; 3 tiri che però van divisi per almeno 5 o 6, ossia i giocatori che mediamente vanno più alla carità per ogni squadra. I punti da tiro libero costituiscono il 32.7% della produzione hardeniana: un’enormità come enorme è il numero di volte che viene mandato in lunetta. Che un giocatore si regga così tanto su un fattore che, pur esistendo un regolamento, è ampiamente discrezionale come il poter godere di molti falli sanzionati a favore è indice, quantomeno, di incertezza. Incertezza sotto ogni aspetto: sulla reale dimensione del giocatore (grandissimo, ma quanto grande davvero, quanto aiutato dai refs o eventualmente danneggiato?), e sulle chances concrete di poter progredire durante la stagione e poi nei Playoffs (per vincere nei PO, genericamente ma giustamente, si dice che “serve di più”…più di quasi 15 liberi/gara?). Il mio pensiero nei confronti di James Harden è di ammirazione per l’individualità del giocatore, mista a perplessità sulle reali capacità/possibilità di arrivare fino in fondo, e tutto questo con il sottofondo di una indicibile noia perché poche squadre giocano un basket più brutto di HOU. A proposito dei Rockets è davvero paradigma l’evolversi dell’ultima sconfitta, venerdì vs ClipperTown: un momento di dominio totale in cui mollano un parziale di + 15 che li porta a +11 all’intervallo; le stats di metà gara mostrano che HOU ha tirato 21 liberi, LAC 2. Arriva, con lieve vantaggio texano, l’ultimo quarto: i Rockets bruciano il bonus subito, in 65 secs; alla fine il conto dei liberi dice 38 (Harden 18, Russ 7, gli altri 7 giocatori 13) contro 24 (16 da Kawhi+George), e gara persa dai Rockets perché nel secondo half e nell’ultimo quarto in particolare non sono riusciti ad andare più volte dell’avversario in lunetta (17 contro le 22 dei Clippers). Come si vede non è solo un vezzo statistico o una presa di posizione a priori su come Harden viene arbitrato: è una situazione che ha dirette, concretissime conseguenze sulle W e le L, e sulle speranze di Anello dei nipotini di Hakeem.