Alla consueta kermesse per il varo di Azzurrabasket nel tempio di una delle grandi aziende italiane, la Edison, lo sponsor della nazionale non si è parlato di mercato, ma dei rapporti fra la Fip e Legabasket che sembravano improntati a trovare un punto d’incontro o una convergenza parallela, fino a quando in un’intervista post-scudetto al Corriere dello Sport, probabilmente vittima dei fumi del sospiratissimo successo e dallo stress, l’uomo Armani, Proli, ha dettato le sue condizioni. Con toni alla Minucci del settennio.

Uscita infelice e poco rispettosa. Poteva raccontare della sua stagione, di quanto all’azienda Armani sta a cuore la squadra, disegnare un certo progetto sul futuro di Milano, di quanto il suo club potrebbe fare oltre lo scudetto, invece ha toccato argomenti in questo momento delicati o impossibili: arbitri e Convenzione.

Alla faccia delle gentilezza che Petrucci ha riservato al consorzio dei club quando dal caso Mens Sana poteva trarre non uno ma mille spunti per commissariare da un giorno all’altro Legabasket e screditare irreparabilmente la Spaghetti League quando il 21 febbraio gli sono arrivati i verbali dell’assemblea del club senese, preludio di quello che sarebbe successo poco tempo dopo. Sequestro dei beni, arresto, quattro capitoli sotto il titolo “Associazione per delinquere”. Perché, diciamo adesso, la posizione del club era non era legittima e con l’apertura del procedimento fallimentare andava esclusa.

Proli continua a essere un personaggio controverso, sarà pur la mente economica dell’azienda di successo e siamo orgogliosi che l’Italia abbia manager così, ma come dirigente di basket continua a lasciare perplessi. E la sua superbia non collima con lo spirito che va bene forse negli affari ma non nell’ambiente sportivo. Sembra uno che vuole andare allo scontro con tutti. Stavolta non solo ha peccato di stile nei confronti della real casa del basket, ma anche verso i colleghi delle altre società, mentre approveranno coloro che godranno delle sinecure dalla svolta da lui dettata.

Uno scudetto risicato, con un metro arbitrale che cambia stranamente all’improvviso nel finale, non dà la facoltà di coinvolgere i club in una guerra strisciante, e nemmeno il diritto di indebolire la già “debole” figura istituzionale – per il conflitto di interessi, già messo alla prova con le prime uscite – del neo-eletto Marino, il venditore d’auto brindisino. Paradossalmente la maggioranza bulgara organizzata da Milano, supportata da collaborazioni ben pagate, sembra già fragile e potrebbe andare in mille pezzi.

Chi era a Milano ha raccontato che Petrucci dopo gli slanci iniziali sul traguardo di Rio sul quale non ha il minimo dubbio – come non li aveva peraltro quanto abbiamo picchiato la musata – “è stato fra il sibillino e il confuso” quando il discorso è caduto sul tormentone dei rapporti con la Lega, le sue famose tre lettere, dalle quali è uscita purtroppo una Lega belligerante che non ha perso l’occasione per far capire chi comanda veramente.

“Il campionato lo fa la Fip, la Lega farà altre cose”, questa la frase del Petrucci milanese che riaccende il fuoco sotto la cenere. E nei due schieramenti ci sono falchi e colombe. “A questo punto non c’è una soluzione, o la Federazione dà tutto alla Lega o se la prende lei che è anche meglio perché in questo momento in Lega c’è gente senza la dovuta conoscenza”, questa la soluzione proposta da un manager che sa il fatto suo, perché non è più possibile un percorso comune, il “caso Minucci” continua e va interpretato come una sfida e un possibile salto nel buio.

A proposito di salti nel buio, il Kuxta Victoria Laboral dopo la delusione del ritorno di Sergio Scariolo nel campionato italiano, pari a quella delle stagioni milanesi, non replica. Chiuso il rapporto avrebbe firmato un precontratto con Meller, l’agente di Marco Crespi e il coach vice-campione d’Italia andrà in quel club che alcuni anni fa era di pari livello di Barcellona e Real. Potrebbe portarsi il sottovalutato Erik Green e Matt Jannings.

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